a cura di Brenda Ferretti, campaigns manager di Essere Animali
KFC si vanta da sempre dell’originalità della sua ricetta del pollo fritto, ma le immagini che diffondiamo oggi mostrano un ingrediente che per troppo tempo è rimasto segreto. Animali lanciati dagli operatori, incastrati nelle mangiatoie o con ferite aperte e sanguinanti. Bruciature a petto e zampe, disturbi neurologici e decine di carcasse abbandonate a decomporsi. Ecco che cosa è stato documentato in quattro allevamenti di polli di un fornitore del marchio KFC Italia.
Negli allevamenti investigati — situati nella provincia di Verona — le mangiatoie non sono idonee, tanto che moltissimi polli ogni giorno rimangono incastrati e muoiono al loro interno, oppure riportano gravi lesioni. Altri animali presentano ferite aperte dovute probabilmente allo sfregamento con recinzioni o altre strutture appuntite. I polli vivono costantemente a contatto con la lettiera carica di ammoniaca, una sostanza che irrita la loro pelle e causa bruciature alle zampe e la caduta delle piume nell’area ano-genitale e del petto. Altri ancora mantengono una posizione del collo e della testa che è innaturale, sintomo di un disturbo neurologico denominato “torcicollo” (wry neck).
I filmati mostrano inoltre decine e decine di animali agonizzanti abbandonati a loro stessi, alcuni in evidente stato di decomposizione con rischi per la biosicurezza. Non solo: gli operatori non hanno nessuna cura nel maneggiarli, li lanciano per terra col rischio di ferirli oppure li prendono addirittura a calci. In un caso, durante le operazioni di carico, un operatore schiaccia i polli con i piedi per liberare il nastro trasportatore, con il rischio di ferirli e aggravando il loro stato di stress.
La nostra campagna nei confronti della catena di fast food KFC Italia non si ferma.
KFC Italia è infatti tra le aziende a non avere ancora sottoscritto lo European Chicken Commitment (ECC), una serie di requisiti che possono ridurre la sofferenza dei polli negli allevamenti intensivi. Attualmente KFC Italia dichiara di allevare polli a densità altissime, che possono arrivare anche fino a 19 polli per metro quadrato. Generalmente queste densità si accompagnano ad allevamenti grandissimi che possono ospitare fino a 30mila animali in un solo capannone. Una concentrazione di questo tipo comporta minore spazio per muoversi, l’impossibilità di esprimere tutta una serie di comportamenti tipici della specie, come razzolare e stirarsi e maggiori difficoltà a dissipare il calore corporeo, un problema sempre più all’ordine del giorno con l’innalzamento delle temperature.
Ecco perché tra le richieste dell’ECC c’è la riduzione della densità di allevamento, così come l’utilizzo di razze a più lento accrescimento, che garantirebbe agli animali una maggiore capacità di movimento e di espressione di comportamenti naturali, anche grazie a una minore incidenza di problemi muscolari, scheletrici, respiratori e cardiovascolari. Con questa transizione sarebbero anche le persone a beneficiarne, perché questi sistemi richiedono un uso molto più limitato di antibiotici.
Come abbiamo raccontato anche in un articolo precedente, tra il 2022 e il 2023 KFC è addirittura peggiorata su diversi parametri importanti che sarebbero in linea con l’ECC, compresa la densità di allevamento e la presenza di lesioni alle zampe. KFC è stata contattata più volte da aprile a novembre 2023, e abbiamo scritto anche due volte alla loro sede europea, senza ricevere alcuna risposta. In una sola occasione, quando li abbiamo informati in anticipo della nostra campagna informativa, hanno inviato dichiarazioni generiche, affermando di essere molto sensibili al tema del benessere animale, ma senza far riferimento a impegni concreti – passati o futuri – per il nostro Paese. È ora che KFC faccia di più e si unisca alle oltre 300 aziende in tutta Europa ad aver già aderito all’ECC, come ha già fatto in diversi Paesi tra cui Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svezia, Regno Unito e Irlanda.
Aiutaci a far arrivare la nostra voce a KFC Italia. Firma la nostra petizione.