Qualche anno or sono fece molto scalpore l’affermazione del cantante Morgan che raccontava che il suo rapporto di consumo con la cocaina ebbe origini da un tentativo di autocura per una profonda depressione di cui l’artista soffriva. Nulla di nuovo, si dirà: Freud esplorò a lungo le proprietà di tale sostanza prescrivendola ai suoi pazienti e incorrendo in non pochi infortuni professionali. E per tornare a tempi più recenti, numerosi furono i tentativi di somministrare a pazienti in psicoterapia sostanze psicostimolanti per aumentare il livello empatico nella relazione terapeutica.

La differenza tra il povero Morgan, massacrato da giornali e ostracizzato dalla Rai che revocò l’invito al Festival di Sanremo, e i due esempi sopraccitati di utilizzo di sostanze psicostimolanti risiede proprio in quella locuzione magica che sottende l’assumere sostanze sotto rigido protocollo terapeutico.

Di fatto sono moltissime le molecole che formano sostanze pericolose, se assunte fuori da ogni protocollo terapeutico, il cui solo nome evoca terrore tra le masse e le classi dirigenti. Non deve sorprendere, ad esempio, se l’acido lisergico, spauracchio da almeno 60 anni del pensiero conservatore occidentale, inizia a godere di numerosi studi pubblicati su prestigiose riviste per una sua possibile applicazione (in dosaggi chiaramente bel studiati e calibrati) per ridurre gli stati ansiosi. O se analoghi studi si stanno avviando, rispetto al disturbo post traumatico, ad approfondire l’apporto del famigerato Mdma (volgarmente Ecstasy) o la psilocibina per il trattamento di depressioni resistenti ai farmaci tradizionali. O, udite udite, se un paese evoluto come l’Australia ha introdotto i principi attivi di queste sostanze nei prontuari farmaceutici sdoganandone il loro uso per la cura di alcuni disturbi.

Va inquadrata in questa logica la confessione di Elon Musk in merito alla cura che il suo medico gli ha prescritto, anche se il farmaco assunto è un farmaco tanto chiacchierato quanto diffuso all’interno del mercato illegale delle sostanze vietate. Anche la ketamina fa parte di quella famiglia di farmaci a cui la ricerca sta dedicando non pochi sforzi al fine di curare disturbi del comportamento in persone che presentano una resistenza a farmaci più rodati e conosciuti.

Nulla di nuovo, mi verrebbe da dire, se non il fatto che Musk, e non il ragioniere Rossi, afferma di assumerlo per curare la sua depressione. E che il peso delle sue affermazioni inibisce le reazioni che, al contrario, sommergerebbero in termini di vituperi qualsiasi ragionier Rossi. Ben venga la sua dichiarazione se serve a ricondurre e a ridurre su un piano più razionale e scientifico la demonizzazione che molte sostanze hanno subito nel corso del secolo scorso e di questi primi anni del nuovo millennio.

A margine annoto solo che la mia poca simpatia per Musk viene rinfocolata da una sua seconda affermazione legata a queste assunzioni: più che alla sua salute pare dare molto più importanza alle performance manageriali e di borsa a cui pare legare la terapia, tanto da fargli ribadire che lo fa negli interessi degli investitori. In questo caso, credo, si rientra in un meccanismo poco sano, terra di confine con i tanti che sulla falsa credenza delle sostanze performanti si sono – in seguito – amaramente ricreduti.

Nei tanti anni di lavoro sulle dipendenze ho imparato a spostare il mio sguardo, più che sulla sostanza, sul significato che l’assuntore conferisce alla sostanza. Un significato che può essere determinante nel prendere una direzione (uso ricreativo che rimane tale) o un’altra (abuso e consumo iperproblematico). Una possibile concausa che può spiegare perché in alcuni si sviluppa una dipendenza e in altri, a parità di assunzioni saltuarie, ciò non accade.

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