“In passato mi sono rotta delle ossa ma mai ho subito una frattura complicata come quella avuta il 5 febbraio. Mi sono spaccata la tibia in più parti, l’osso era molto frammentato”. Così la sciatrice azzurra Sofia Goggia in un incontro online con i media online racconta l’infortunio di 45 giorni fa, rimediato durante un allenamento di slalom gigante a Temù in provincia di Brescia, dove si stava preparando per la Coppa del Mondo. La 31enne campionessa bergamasca ha riportato la frattura articolare scomposta pluriframmentaria del pilone tibiale destro. E parlando alla stampa ripercorre proprio quei momenti: “I primi 20 giorni ero emotivamente e profondamente disperata. So che nel mondo ci sono drammi ben peggiori ma per un atleta non c’è nulla di più difficile che dover affrontare un infortunio, per me non è il primo ma è stata la mia settima operazione“, ricorda Goggia. Che poi, con un paragone azzardato, aggiunge: “Per farmi forza in elicottero ho pensato che nel mondo c’erano drammi ben peggiori del mio e mi sono detta ‘non sono sotto le bombe di Gaza‘. Ho cercato di buttare lo sguardo oltre”.
“L’intervento è riuscito perfettamente e questo è un buon punto di partenza. I primi 20 giorni sono stati malissimo, emotivamente ma anche a livello di dolore fisico”, prosegue Goggia. “Nel momento in cui stavo ancora ‘strisciando’ sulla pista e non mi ero ancora fermata dalla caduta, non sono quasi riuscita a pensare a nulla, pervasa ad un senso di sgomento e dispiacere enorme. E’ è stato difficile per me una volta accorsi allenatori e preparatori dirgli che mi ero rotta la tibia“. La sciatrice torna più volte su “quei primi 20 giorni” dopo l’infortunio: “Sono stati per me probanti, davanti a me un pannello tutto nero. Avevo dei dolori lancinanti. Mi alzavo la mattina e speravo che arrivasse la sera presto”.
Goggia parla anche dei suoi pensieri più intimi: “Quando ho visto le parole nel comunicato dopo l’infortunio ‘tornerò anche questa volta‘, ho pensato che erano parole che questa volta non sentivo mie. Poi ho iniziato a lavorare, il piede migliorava, poi palestra, piscina e ho trovato la mia indipendenza. I miei programmi adesso guardano molto il quotidiano ma voglio guarire e tornare sugli sci per preparare con calma la prossima stagione”. Il motivo del suo intervento oggi lo spiega la stessa sciatrice: “Ho voluto aspettare una volta fatti gli esami diagnostici di controllo, altrimenti non aveva senso parlare. Abbiamo fatto questi esami la settimana scorsa. Mi sono rotta il pilone tibiale trasversalmente in più parti, un trauma da compressione e torsione fortissimo e si è frantumata la tibia in più parti. Le premesse dell’intervento erano estremamente complicate, perchè la Tac era molto brutta e riuscire a costruirlo era una impresa per gli ortopedici. Ho una piastra a forma di ‘L’ che mi tiene la tibia ma essendo la frattura così bassa mi hanno fatto un taglio molto lungo per infilare la placca”, spiegato la campionessa azzurra.
Sui tempi di recupero non vuole mettersi fretta: “I tempi sono di sei mesi, quelli standard, una volta saldato l’osso e se ho un fisico idoneo per sciare posso anche andare prima, spesso sono tornata prima, accorciando i tempi, cosa che non voglio fare ora ma non è detto che debba aspettare i canonici sei mesi”. “Una volta che si salda l’osso ti senti in grado di poter progredire con i carichi. Non è facile però sono disposta a farlo. Voglio guarire e tornare sugli sci”, ribadisce Goggia. Che racconta anche come sta impiegando il suo tempo: “In parallelo ho sempre avuto un percorso universitario, ho già dato due esami e ne ho altri 4-5 nella prossima sessione”.
“La cosa che mi ha fatto più male, rispetto ai tanti infortuni del passato, è essersi fatta male mel corso di un allenamento tranquillo, questo è stato più difficile da accettare, proprio perché non è un infortunio banale. Se ti fai male in gara a 140 km/h e sei al limite lo accetti di più”, continua Goggia. “Quando invece va tutto bene, decidi di riposare tre giorni e poi farne due sciando in allenamento è dura da accettare. Il fatto di ritrovarmi ancora lì in ospedale nonostante i miei sforzi affinché tutto andasse nel verso desiderato. Allora ti chiedi, ‘più di così cosa potevo fare””, spiega la 31enne bergamasca. Che conclude: “Sono rimasta scioccata domenica quando ho visto il volo di Bassino, dinamica simile alla mia. Sono stata male, lei si è rialzata. Se avessi fatto quel volo con quella torsione del ginocchio mi sarei rotta sia tibia che ginocchio. Ci sono certe cose che accadano a certi atleti, alcuni che accusano di più determinanti movimenti, altri meno, sarà conformazione fisica?”.