Gruppo Tim nel mirino delle vendite allo scoperto, cioè speculazioni che scommettono sul calo del valore del titolo. Lo scrive il Financial Times secondo cui “i venditori allo scoperto hanno accumulato una scommessa record di quasi 1 miliardo sulle azioni Telecom, mentre l’amministratore delegato Pietro Labriola cerca il sostegno degli investitori per una vendita di asset per tagliare il debito“. I dati di S&P Global, sottolinea il quotidiano finanziario, indicano che un quinto delle azioni della società – per un totale di 930 milioni di euro – è preso di mira da venditori allo scoperto, che in genere prendono in prestito azioni per venderle, riacquistandole successivamente per trarre profitto da un ribasso. Il 19,33% delle azioni Telecom Italia in prestito a partire da mercoledì è la percentuale più alta dal 2005.
Tra i venditori allo scoperto ci sono il Canada Pension Plan investment board e l’hedge fund con sede a Londra Qube Research Technologies, che scommettono rispettivamente, secondo quanto scrive il quotidiano nella versione online, sullo 0,5% e lo 0,72% delle azioni di Telecom Italia, secondo i documenti depositati mercoledì.
La percentuale delle azioni della società in prestito è di gran lunga superiore all’11% della britannica BT e allo 0,5% circa della tedesca Deutsche Telekom. Le scommesse contro il titolo sono quasi raddoppiate da quando gli investitori si sono opposti al piano di risanamento triennale di Labriola, presentato lo scorso 7 marzo. Le proposte di Labriola includono la vendita della rete fissa del gruppo al gruppo di private equity statunitense Kkr e una riduzione del debito netto da 20 miliardi di euro a circa 7 miliardi di euro entro il 2026. Gli analisti si aspettavano che il debito scendesse più velocemente. Dopo la presentazione del piano il titolo è crollato del 24%. Il maggiore azionista di Telecom Italia, la media company francese Vivendi, si oppone alla vendita.
Ieri il fondo Merlyn ha presentato il proprio nuovo progetto alternativo che, contrariamente al piano iniziale, spinge per la cessione della rete quanto prima, ipotizzando poi la cessione di TIM Brazil e di ConsumerCo. Nel documento che sarà la base della lista a dieci che il fondo punta a presentare all’assemblea del 23 aprile in alternativa alla lista del cda si definisce la finalizzazione dell’accordo per la cessione della NetCo a Kkr “la priorità immediata” . Per ripianare il debito questo però non basta, quindi si propone di cedere quello che è considerato l’asset più redditizio di Tim, Tim Brasil e Tim Consumer. Ai sindacati l’ipotesi “spezzatino” non piace: venerdì 22 marzo le lavoratrici e i lavoratori saranno in presidio sotto il ministero delle Imprese e del Made in Italy per chiedere al governo di convocare il tavolo di confronto perché !è chiaro il rischio che la vicenda possa diventare una mera questione finanziaria, con evidenti risvolti negativi sul futuro delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Dal governo nessun commento alla nuova discesa in campo. Il Mef fa parte della cordata guidata da Kkr per NetCo e ha fatto una propria offerta per Sparkle, la rete dei cavi sottomarini, che lo scorso 7 febbraio il cda di Tim ha esaminato ritenendola però non soddisfacente e dando mandato all’ad Labriola di continuare la trattativa. La proposta del Mef, che sarebbe stata di circa 750 milioni (compreso l’earn out), in una futura riformulazione potrebbe contemplare la permanenza di Tim nella società con una quota, almeno in una fase iniziale.