Quando si dice “gli astensionisti” si pensa ai delusi, ma si trascura spesso una categoria fondamentale: i lontani. Coloro che al momento del voto si trovano lontani, anche molto lontani, dal seggio in cui possono votare sono sempre di più.
L’emigrazione è in aumento. Ormai un decimo degli italiani sono residenti all’estero. Per le elezioni europee sono tutti aventi diritto al voto, ma solo una minoranza (e cioè i residenti nei paesi della Unione Europea) può votare all’estero e solo nelle ambasciate o consolati. Gli oltre 600mila residenti in Svizzera, i 500mila residenti nel Regno Unito, per non parlare dei 900mila italiani d’Argentina, eccetera, possono votare solo se tornano in Italia. In tal caso votano nell’ultimo comune in cui sono stati residenti.
Per capire le dimensioni del fenomeno lo si può vedere anche attraverso le percentuali di affluenza. Alle Politiche in Italia ha votato il 64% (ma si tratta del 64% dei residenti in Italia), alle Regionali e alle Europee vota poco più del 50%, ma si tratta di una platea che comprende anche i residenti all’estero. Chi sarà capace di far tornare molti elettori avrà un vantaggio importante. L’impresa è quasi impossibile dalle Americhe, ma potrebbe essere più a portata di mano dal Regno Unito. Le liste progressiste dovrebbero lavorarci particolarmente.
Alle ultime Politiche, nella circoscrizione Estero/Europa, la destra ha presentato una lista unica (Lega Forza Italia Fratelli d’Italia) e ha preso il 28,4, tutto il resto è andato alle forze progressiste con uno sbalorditivo 9,3% ad Alleanza Verdi Sinistra. Anche l’italiano che si trova provvisoriamente in un paese Ue, pur non essendo residente, può votare se segnala per tempo (ahimè, ho appena visto: entro il 21 marzo!) la richiesta all’ambasciata del paese in cui si troverà il 9 giugno. Basta una autocertificazione via mail.
Stiamo parlando di tre tipologie diverse: il residente in Italia che si trova temporaneamente in un paese Ue, il residente in un paese Ue (che può votare in ambasciata/consolato), il residente in un paese non Ue (che può votare solo venendo in Italia). A questi milioni di potenziali voti si aggiungono, in Italia, i fuorisede. Il governo ha autorizzato il voto fuori Regione solo agli studenti, che comunque devono occuparsene, fare domanda. Ci sono milioni di lavoratori e pensionati fuorisede che se vogliono votare devono tornare nei Comuni di residenza.
Quando si dice “mobilitare l’elettorato” bisognerebbe innanzitutto pensare a come aiutare, spronare a muoversi quelli che saprebbero chi votare, ma devono organizzare lo spostamento per tempo.