Per gentile concessione, pubblichiamo un intervento esclusivo per i lettori de Ilfattoquotidiano.it
Forte di approfonditi studi di psicologia e sociologia, felicemente provocatorio e mai superficiale, esce in Italia “Cenerentola è una stronza” di Shannon Heth e Beau Nelson (Libreria Pienogiorno, pp. 224, € 17,50), esperti internazionali di comunicazione e responsabili delle campagne di brand iconici come Chanel e Dior. Il bestseller, che ha per sottotitolo: “Liberati dalla trappola delle favole interiori e diventa l’eroina della tua storia felice”, ha conquistato la vetta delle classifiche Usa, attivando un vorticoso fenomeno di passaparola da donna a donna. “Traccia con leggerezza la strada di una nuova rivoluzione al femminile” ha scritto Vanity Fair. Per gentile concessione, pubblichiamo un intervento esclusivo per i lettori di Ilfattoquotidiano.it
L’ESTRATTO IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA
di Shannon Heth e Beau Nelson
Cenerentola – ovvero la storia di una ragazza di una passività assoluta, che in sostanza vive come una prigioniera (per quanto ordinatissima, nulla da dire) finché un tizio semisconosciuto non corre a salvarla – è una fiaba piuttosto pericolosa. Come mai, direte? Lasciateci rispondere con una piccola storiella personale.
C’era una volta, in un paese non molto lontano, una donna forte, intelligente e di successo. Al lavoro era una #CapaMegaGalattica e fuori dall’ufficio era attorniata da una cerchia di amici solidali, con le sue stesse idee. Ora penserete: una tipa così doveva essere davvero felice. Giusto?
Sbagliato.
Perché, quando la nostra eroina si guardava allo specchio, non vedeva la donna sicura e indipendente che vedevano tutti gli altri; vedeva per lo più una single sfigata, o una donna male accompagnata. Fissava il suo riflesso e pensava: Perché non trovo il vero amore? Qualcuno che mi travolga con la sua passione e diventi il mio tutto? Allora sì che la mia vita sarebbe completa.
Come possiamo fargliene una colpa? Con tutta evidenza soffriva di quella che in psicoterapia viene definita ormai Sindrome di Cenerentola.
E non era certo l’unica. Nella cultura occidentale i sintomi di questa patologia dilagano e, in una certa misura, colpiscono tutte quante.
Di base, è un effetto collaterale delle fantasie da fiaba più tossiche che sono riuscite a insinuarsi nella cultura collettiva spacciandosi per “verità”. Parliamo dell’idea che la chiave della felicità si trovi nell’amore romantico e che nel mondo esista un’unica persona fatta apposta per noi, che dobbiamo trovare a tutti i costi.
Ma aspettate un attimo, non è finita qui!
Parliamo anche della fantasia per cui questo vero-amore-che-capita-una-sola-volta-nella-vita sarà così innamorato della nostra perfezione da essere pronto a morire per noi, che non ci deluderà mai e poi mai, che sarà la panacea per quasi tutti i nostri mali e quasi tutti i nostri affanni.
Fantasie da bambine, dirà qualcuno: ormai siamo cresciute da un pezzo! Ma il fatto è che i semi che quelle favole hanno lasciato sono cresciuti con noi, anche a nostra insaputa.
Il nostro scopo non è mettere in discussione la bellezza, la magia e la gioia che possono derivare dalle storie di per sé; tuttavia, siamo qui per dire che certe favole ci hanno sempre fatto del male.
Quelle che assimiliamo da bambini hanno un impatto profondo sulla nostra percezione del mondo e del posto che abbiamo in esso. Perché? Perché le storie sono potenti e hanno in sé un che di primitivo, un seme, una piccola lezione morale che si radica nella mente del lettore e che, alla fine, sboccia in una credenza. L’arte della narrazione ha una storia antica quanto quella della civiltà umana. Secondo gli studiosi, la capacità di raccontare storie è stata cruciale per la nostra evoluzione, più ancora del disporre di pollici opponibili.
In altre parole, noi Homo Sapiens non solo apprezziamo le storie, ne abbiamo proprio bisogno. Perché ci aiutano a dare un senso al mondo, a ricavare un ordine dal caos e a sentirci al sicuro, uniti e padroni di noi stessi. Senza contare che ci insegnano lezioni di vita, anche se non tutte preziose. Un argomento forte, questo, che sottolinea la necessità di una disamina critica delle storie comunemente rivolte ai bambini negli anni formativi del loro sviluppo.
Cominciate a guardarvi veramente attorno e vi accorgerete che le fantasie da fiaba hanno affondato i loro dentoni affilati in ogni minuscolo angolino della narrazione collettiva. Sui media, in tv, al cinema (e non parliamo solo delle commedie romantiche!).
Tutti questi racconti sono solo fantasie. E oggigiorno sono più alla moda che mai.
Siamo immersi nelle storie tutto il giorno, tutti i giorni. Accidenti, non facciamo altro che vedere “storie” persino sui social media. Se avete mai postato una foto col filtro per rendere la vostra vita più bella e accattivante di quanto non sia in realtà, allora sapete già come le storie possono essere usate per manipolare la verità. Il problema è che le storie tossiche sull’amore, l’accettazione e la felicità sono così onnipresenti e ossessive che ormai non le notiamo neanche più. Le assimiliamo.
Ma dobbiamo aprire gli occhi. È il primo passo per liberarci dalle favole interiori che stanno rovinando un gran pezzo della nostra esistenza.
Il grande lupo cattivo sono i nostri pensieri. Avete presente quel chiacchiericcio costante che abbiamo nella testa, quelle vocine interiori che vi dicono di sbrigarvi a vestirvi o di smetterla di essere così schifosamente pigre e di andare in palestra? La maggior parte dei nostri pensieri sono piccole, inutili canzonature di questo tipo, che girano per la mente tutto il giorno. Per definirle, i buddisti usano l’espressone “mente scimmia”. Questo cicaleccio continuo è come un rumore di fondo nel cervello, non molto utile ma nemmeno particolarmente dannoso.
Poi ci sono i pensieri davvero negativi. Pensieri come: Non troverò mai nessuno. Oppure: quand’è che mio marito si è trasformato in un semplice coinquilino? Questi sono nocivi perché ci bloccano, nella vita come nelle relazioni. E, a quanto pare, di questi pensieri negativi ne abbiamo a pacchi.
Ciò che pensiamo, le storie che ci raccontiamo, alla fine sono spesso ciò che otteniamo. Ma noi non siamo i nostri pensieri, non lo siamo affatto. Ogni volta che riusciamo a fare un passo indietro rispetto ai nostri pensieri e a osservarli, diventiamo consapevoli che essi sono altro da noi. E, prese le dovute distanze, possiamo scegliere con cognizione di causa i pensieri che ci giovano di più.
Dovete essere pronte a frantumare la scarpetta di cristallo e a prendere il controllo della vostra vita. Se sarà così, la vostra versione personale di e vissero per sempre felici e contenti potrà davvero essere scritta, e – spoiler – alla fine scoprirete che l’eroina della vostra nuova storia felice questa volta la conoscete benissimo: siete proprio voi.