Non solo il Crocus City Hall di Mosca. L’attentato nel cuore della capitale della Russia, con decine di vittime, riporta alla memoria la lunga scia di attentati che hanno sconvolto il Paese negli ultimi 25 anni. I principali episodi di terrorismo sono stati in particolare di matrice cecena. E in molti casi si è arrivati proprio nella capitale del Paese. Nel 1999 per esempio furono due, a distanza di soli 5 giorni: l’8 settembre una bomba distrusse un edificio di 9 piani, nel quartiere Piciatniki, in periferia e morirono in 92, mentre il 13 un altro ordigno fece saltare un edificio di sette piani lungo viale Kashirskoe, provocando la morte di 118 persone, tra cui 13 bambini. I due attentati non furono rivendicati ma saranno tra le cause dell’intervento russo in Cecenia. Gli autori dei due attentati si scoprirà, erano stati addestrati nei campi della guerriglia cecena.
Passa quasi un anno e l’8 agosto 2000 una bomba viene piazzata nei sottopassaggi di piazza Pushkin, a poca distanza dal Cremlino: i morti sono 13. Due anni dopo uno dei casi più noti, quello del sequestro collettivo al teatro Dubrovka. Vengono uccisi i 41 guerriglieri del commando ceceno, ma tra le decine di vittime ci sono anche 130 ostaggi, la quasi totalità avvelenati dai gas usati dalle forze speciali della polizia.
La metropolitana di Mosca è l’obiettivo dell’attentato del 6 febbraio 2004: una bomba, forse trasportata da kamikaze, esplode su un convoglio tra le stazioni Paveletskaia e Avtozavodskaia, a ridosso del centro della capitale. I morti sono 41. L’attentato mai rivendicato viene attribuito ai fondamentalisti ceceni. Ma nel 2004 gli attacchi terroristici saranno almeno altri 3. Il 24 agosto due donne kamikaze si fanno esplodere a bordo di due Tupolev decollati a poca distanza l’uno dall’altro da Mosca: uno si schianta nella regione di Tula causando 43 morti, l’altro non lontano da Rostov sul Don (46 morti). L’attentato sarà rivendicato dall’allora leader della guerriglia cecena Shamil Basaev. Pochi giorni più tardi, il 31, una terza donna kamikaze si fa esplodere all’esterno della stazione Riskaia, causando la morte di 10 passanti. L’attentato non sarà rivendicato, anche questo attentato viene attribuito alla guerriglia cecena.
Ed ecco Beslan, in Ossezia del Nord, dove avvenne la presa in ostaggio collettiva più nota nell’immaginario collettivo. Un commando inguscio-ceceno sequestrò quasi 1.200 persone tra bambini, genitori e insegnanti in un asilo nel primo giorno di scuola. L’assalto delle forze russe porterà alla liberazione degli ostaggi, ma avrà un bilancio pesantissimo: 335 morti, tra cui 186 bambini e 31 sequestratori, più 400 feriti.
Gli attentati negli ultimi anni sono diventati meno frequenti. Il 29 marzo 2009 due esplosioni, ad opera di kamikaze, si verificano nella stazioni Lubianka, dove si trova la sede storica dei servizi di sicurezza, l’Fsb, e di Park Kulturi, vicino al leggendario Gorki Park: il bilancio è di 38 morti e una trentina di feriti. L’attentato è rivendicato dal ceceno Doku Umarov, capo della guerriglia del Caucaso del nord.
Nel 2011, il 24 gennaio, toccò all’aeroporto Domodedovo, uno dei tre scali aerei di Mosca. Un kamikaze si fece saltare in aria e persero la vita in 37. Anche in questo caso la rivendicazione fu firmata da Umarov.
L’ultimo attacco particolarmente sanguinoso è del 2 aprile 2017, ancora in una metropolitana, quella di San Pietroburgo. L’esplosione di un ordigno all’interno di un vagone causa 14 morti e 47 feriti. Secondo i sospetti l’attentatore è Akbarzhon Jalilov, un cittadino russo di etnia uzbeka nato in Kirghizistan.