La Curva Nord dell’Inter è “una miniera d’oro”: parola di Nazzareno Calajò detto Nazza, il boss della Barona, oggi indagato per mafia, che su quel business imponente voleva metterci le mani. Affari, dunque, altro che tifo e mentalità ultras. Due soggetti, che oggi condividono l’attuale direttivo della Nord con Marco Ferdico, ne parlano chiaramente intercettati dalla Digos. Sono Andrea Beretta, detto Berro e Renato Bosetti, animatore degli Old Fans e figura di riferimento dell’estrema destra milanese. Lo vedremo. E però in questo gioco a incastri il mondo criminale ha avuto e ha tutt’ora un peso rilevante. Il quadro è in divenire e sta oggi sul tavolo della Procura di Milano e su quello della Commissione antimafia di palazzo Marino. Due indagini e un solo copione: il controllo della curva nerazzurra. Da un lato quella della Digos che fotografa l’ingresso nella gestione dell’indotto del secondo anello verde di Vittorio Boiocchi, detto lo Zio, poi ucciso il 29 ottobre 2022 un’ora prima di Inter-Sampdoria. Dall’altro il Ros dei carabinieri, che seguendo le imprese criminale della banda Calajò arriva a monitorare in diretta fatti e contatti antecedenti e successivi all’omicidio Boiocchi. Ora, va detto, l’indagine sul fatto del 29 ottobre è ancora aperta e al momento i Calajò non risultano indagati. Chiarito questo, un dato esclusivo balza agli occhi dalla lettura di nuovi atti depositati nel fascicolo per droga a carico dei Calajò coordinato dai pm Gianluca Prisco e Francesco De Tommasi. E cioè che a fine luglio del 2022, a soli tre mesi dall’omicidio, qualcuno a margine dell’ennesimo summit criminale disse esplicitamente: “Ha detto che ci vuole il morto!”. Chi parla è Nazzareno Calajò, il quale attribuisce quella frase a Carlo Zacco, narcos legato a Cosa nostra, e il cui padre, Nino Zacco, fu uno dei registi della raffineria di Alcamo in Sicilia. Annota letteralmente il Ros: “Calajò e il figlio Andrea commentavano le informazioni che erano giunte loro circa le diatribe per la gestione delle curve ultras dello stadio San Siro: si comprendeva che Carlo Zacco aveva fatto sapere che nel corso di una delle riunioni a cui aveva presenziato e che si erano tenute per la gestione degli affari attinenti alle curve, si era discusso anche della commissione di un omicidio”.
Del resto di questi equilibri se ne era già parlato il 26 giugno precedente durante l’ennesimo summit in viale Montenero al quale, oltre ai Calajò e allo stesso Zacco avevano partecipato figure di rilievo della curva Sud rossonera. Della riunione di fine giugno pochi giorni dopo ne parlano in auto Nazza e la moglie. L’argomento riguarda la figura di Vittorio Boiocchi. Dice Calajò: “Vittorio mi deve dare una risposta chi lo sa”. Ribatte la moglie: “Se li sarà fatti due calcoli (…) non è che vuole morire (…). Tu gli dici: la curva va bene, mi passate un tanto al mese a me che io mi mantengo la mia puttana, mi faccio i cazzi miei”. Calajò: “Ok allora sì” anche perché “se non gli danno un cazzo quello dice: morire per morire li ammazzo”. Ancora la donna: “Lui (Boiocchi, ndr) avrebbe dovuto dire: ascolta a me della curva non frega, però ho un certa età, riconoscetemi un’indennità”. Insomma il discorso è di pensionare lo Zio. Al tavolo di queste discussioni, emerge dagli atti del Ros, c’è sempre Zacco che risulta amico e per certi versi protettore dello stesso Calajò. Il dato emerge chiarissimo quando il 22 maggio 2022 i Calajò vengono cacciati a male parole dalla festa scudetto del Milan che si tiene nella sede rossonera di via Aldo Rossi. Qui, oltre ai dirigenti, sono presenti i pretoriani della Sud, tra cui Francesco Lucci che in quel periodo gestisce la curva per conto del fratello Luca colpito da una condanna per traffico di droga. Il giorno dopo alla Barona Carlo Zacco e un uomo del clan Sergi collegato alla cosca di ‘ndrangheta dei Papalia incontrano Nazza. Scrivono i carabinieri: “Dalle conversazioni (…) emergeva chiaramente che sia Zacco che Sergi si erano recati da Calajò già sapendo il motivo della convocazione ed avevano confermato allo stesso Nazzareno che la scena fuori alla sede della A.C. Milan aveva creato un certo scompiglio negli ambienti criminali”. Inoltre “Calajò appariva molto soddisfatto dell’incontro perché a suo avviso le cose erano state messe in chiaro e tutte le parti interessate ora erano a conoscenza del loro interessamento nel sottrarre la curva Sud a Luca Lucci”.
Insomma gli affari prima di tutto. Come detto, ne parlano già nel 2020 Beretta e Bosetti nel fascicolo della Digos. I due risultano nel direttivo comandato da Boiocchi fino all’ottobre del 2022 e in quello attuale diretto da Ferdico e nel quale risulta presente anche Antonio Bellocco, già condannato per mafia, figlio di una dinastia di ‘ndrangheta tra le più potenti della Calabria, arrivato a Milano all’inizio del 2023. È il maggio 2020, Beretta e Bosetti sono al telefono. Dice Beretta: “Te l’ho già detto l’altra volta, a me di tutte ste baggianate qua non me ne frega un cazzo”. Bosetti: “Questo è lavoro! È marketing”. Beretta: “Parliamoci chiaramente: a me non è che mi piace star a buttar qua (…) se io lo faccio ci deve essere un rientro economico (…) a me tutte ste cose qua: la mentalità non mene frega un cazzo, la mia vita gira intorno al guadagno”. Bosetti concorda: “Siamo in due, io la penso come te!”. Ancora Beretta: “Lo sai benissimo io non faccio le cose per lo striscione a me non me ne frega un emerito cazzo! Volete andare in curva a cantare Bella ciao? A me non interessa”. Bosetti chiosa: “Nessuno lavora per il popolo”.
Il guadagno e la leadership, dunque. E se questo apre attriti con il gruppo degli Irriducibili legati agli Hammerskin, portando a confronti serrati con i “calabresi” legati alla ‘ndrangheta dei Pompeo di Affori, c’è sempre Nazza Calajò e l’amico Zacco da chiamare. Ecco l’ennesimo intreccio tra le due indagini. E così nel 2020 annota la Digos: “Bosetti dice di comprendere il fatto che Beretta sia molto arrabbiato, facendo riferimento (…) alla visita ricevuta da Beretta da parte dei calabresi dopo la lite con gli Irriducibili”, il cui capo Mimmo Bosa è collegato alla famiglia Pompeo di Affori. Di questo fatto due anni dopo ne parla lo stesso Nazza Calajò: “Noi abbiamo appoggiato i pezzi della curva. La gente sapete perché non ha reagito? Perché sapeva che dietro c’eravamo noi per questo non hanno reagito quelli di Affori, gli facevano un culo così a quelli di Affori (…). Beretta mi aveva chiamato a me quella volta (…) a Carlo (Zacco, ndr)”. Scrive il Ros: “Dalle parole di Calajò emergeva chiaramente che in quella circostanza lui e Zacco si erano schierati in favore di Andrea Beretta affinché la leadership di quest’ultimo non venisse messa in discussione da una frangia di tifosi dissidenti”.
Sempre durante il regno Boiocchi emerge, come già rilevato dal Fatto, la gestione della onlus We are Milano, definita dalla Digos solo “una facciata legale utile a nascondere i reali scopi di lucro derivanti dal merchandising e da altre attività di vario genere”. La onlus sarà utilizzata per eventi di beneficenza o per far lavorare chi ha scontato una pena. Il focus però restano gli affari. Sempre nel maggio 2020 ne parlano in modo chiaro lo stesso Beretta e Simone De Piano detto Pongo, titolare di una società attiva nel settore di eventi e spettacoli. De Piano che risulta incensurato, scrive la Digos, proprio per la sua attività “gode di una discreta rete di conoscenze nel mondo dello spettacolo e nelle amministrazioni locali (…). Con l’avvento del nuovo direttivo (quello di Boiocchi e non di Ferdico, ndr), pur senza avere poteri decisionali, si è sempre più affermato nel ruolo di consulente”. Intercettato con Beretta, rispetto alla onlus, spiega: “Ci serve adesso un delinquente, e questo non abbiamo problemi ad averlo, uno che ha avuto problemi penali che ha finito, da mettere nell’associazione, e un disabile (…). Da quel momento non solo possiamo fare cose di beneficenza ma prendiamo pure piccioli, perché diventiamo associazione sportiva sociale”. Esclama Beretta: “E cosa stai aspettando a farlo?”.
Ora che parte del vecchio direttivo rientri in quello nuovo non implica affatto collegamenti con la vicenda dell’omicidio Boiocchi. Per inciso nel fascicolo non risultano indagati membri della Curva Nord. Di certo, però, da marzo a ottobre 2022 molti sono i fatti che incrociano il destino di Boiocchi, quello dei Calajò e quello della Nord. Il tutto si comprende dall’analisi del telefono di Matteo Ardolino, ultras nerazzurro e soggetto legato a CasaPound. I movimenti di Ardolino, secondo la Procura, sono la cartina di tornasole per comprendere gli intrecci criminali attorno alla Nord ma anche alla Sud milanista. Intrecci che hanno scandito la cronologia dei fatti fino a dopo l’omicidio Boiocchi. A metà marzo Ardolino incontra Boiocchi. Subito dopo si vede con Calajò per riferire. E ancora: dopo aver lasciato la Barona contatta Loris Grancini, capo dei Viking della Juve (recentemente assolto in via definitiva dal reato di tentata estorsione), che in quel periodo, secondo il Ros, sta tessendo una trama per riportare in curva Sud l’amico Giancarlo Lombardi detto Sandokan estromesso da Luca Lucci. Al puzzle, dunque, si aggiungono tessere. Grancini e Lombardi non risultano indagati. Lo stesso Grancini avrà un ruolo di pacere tra Boiocchi e Calajò i cui screzi, iniziati a marzo fuori da una discoteca milanese, portano Nazza a progettare “le modalità esecutive di un agguato” contro Boiocchi ponderando “la possibilità di colpire il capo ultras presso il club nerazzurro Old Fans di Bosetti”.
Lo stesso giorno, è il 4 aprile, al quartier generale della Barona il Ros fotografa l’arrivo di Carlo Zacco. Il 7 aprile, si legge in una nota della polizia giudiziaria, intercettato “Calajò affermava che Boiocchi presto avrebbe fatto la stessa fine di un altro soggetto che, poco prima di morire, aveva dato fastidio alle persone sbagliate”. I carabinieri identificano la vittima nel narcos Paolo Salvaggio ucciso a Buccinasco l’11 ottobre 2021 e per il cui caso è stato arrestato un soggetto per nulla collegato ai Calajò. Nel frattempo Ardolino secondo il Ros “puntava a sfruttare gli attriti all’interno della curva interista in modo da contrapporre la figura criminale di Calajò a quella di Boiocchi e al gruppo politico di destra Lealtà & Azione, il quale aveva preso potere all’interno della curva a discapito di CasaPound”. Per questo il 14 aprile in un messaggio inviato a un amico di curva e politica, scimmiottando Gomorra, scrive: “Ci riprendiamo tutto quello che è nostro”.
A metà maggio Calajò incontra Grancini per parlare “della gestione di alcuni parcheggi”. A inizio giugno, a pochi giorni dell’incontro in viale Montenero in cui si discute di “pensionare” Boiocchi, Giorgio Cavioni, titolare di un locale sui Navigli e amico fraterno di Ardolino, svelava ai Calajò, si legge negli atti depositati, “che Boiocchi aveva avuto un incontro con Luca Lucci (capo della curva rossonera, ndr) e a sua avviso stava nascendo tra loro una alleanza finalizzata a contrastare le ingerenze dei Calajò”. Tanto che lo stesso dirà subito dopo: “Se ti serve manovalanza (…) io e Teo ci siamo comunque se vi servono guerrieri”. E arriviamo a luglio, dopo il vertice di viale Montenero, e quel “ci vuole il morto” riferito da Zacco a Calajò. A inizio settembre poi Loris Grancini in modo enigmatico chiede ad Ardolino di andare da Boiocchi e chiedere se è arrivato un certo “foglio”. Di cosa si tratti al momento non è dato sapere. Nel frattempo, a metà luglio, Nazza Calajò viene arrestato per della droga trovata in casa durante una perquisizione nell’ambito dell’indagine della Dda sulla famiglia Aquilano legato alla ‘ndrangheta dei Mancuso. E arriviamo alla sera del 29 ottobre 2022. Quando Francesco Polacchi (non indagato), titolare dei negozi Pivert, esponente di CasaPound e già proprietario della casa editrice di destra Altaforte scrive ad Ardolino. “Pare che sia vero, ho il cervello che mi frulla”. A sua volta Ardolino scrive a Grancini. “Porca troia hai sentito di Vittorio? Ho i brividi”. Dietro a tutto sempre leadership e affari.