“Ho risposto coprendomi ironicamente il volto per non destare ansietà al collega (il leader dei Verdi Angelo Bonelli, ndr). Non so cosa intendesse con ‘sguardo inquietante’, ma mi scuso con il collega e con chiunque altro possa eventualmente sentirsi intimorito”, così Giorgia Meloni il 21 marzo pomeriggio, quando le foto di lei che in Aula nasconde la testa nella giacca hanno già fatto il giro del mondo, spiega dai suoi profili social le motivazioni del gesto.

Il testo è di scuse, il tono è, ancora una volta, ironico, esattamente come le immagini che lei stessa rilancia, rivendicando il gesto che gli oppositori, a partire da Bonelli, vedono come una gaffe internazionale. “Non è un problema solo suo – ha dichiarato il deputato di Avs – ma dell’Italia. Rischiamo di fare la figura delle macchiette”.

Perché Meloni invece di smorzare la polemica e andare oltre, rilancia quelle foto? Perché continua a provocare l’opposizione? Per capirlo, dobbiamo analizzare la vicenda dal punto di vista della comunicazione.

Partiamo dal Wall Street Journal. La foto della presidente del Consiglio con la testa nella giacca, apparsa sulla prima pagina dell’importante quotidiano americano, non ha un titolo contro Meloni. Il titolo riporta la frase che Angelo Bonelli le aveva appena rivolto: “Don’t Look at Me With Your Disturbing Eyes”, non mi guardi con quegli occhi inquietanti. La didascalia pure è neutrale: Il primo Ministro italiano Giorgia Meloni ha nascosto il suo volto mercoledì in Parlamento dopo che Angelo Bonelli del Partito dei Verdi le ha detto, “Non mi guardi con quegli occhi inquietanti,” durante uno scambio sul conflitto a Gaza.

A livello visivo, una foto del genere è troppo ghiotta per non essere pubblicata. La premier stessa, come detto, l’ha rilanciata. La lettura che ne viene offerta dal WSJ però non è di parte, non è la solita accusa rivolta ai leader italiani di essere dei pagliacci. Il lettore può vederci una critica all’offesa che Bonelli ha rivolto alla premier e, contemporaneamente, una critica alla postura poco istituzionale del primo ministro.

La stessa doppia lettura emerge dalle reazioni sui social. Il post di “scuse” della Meloni è fra quelli con più engagement sui suoi profili. I suoi fans la difendono, contestando i metodi dell’opposizione. Allo stesso tempo, il video in cui Giuseppe Conte mostra la scena della giacca, in senso dunque negativo, è andato virale.

Giorgia Meloni è consapevole dei limiti entro i quali può spingersi. Infatti i gesti teatrali, le espressioni facciali e l’ironia con cui provoca l’opposizione sono da sempre parte del suo stile comunicativo.

È interessante osservare un altro momento del dibattito di mercoledì alla Camera, a conferma di questo. Durante la sua replica, Giorgia Meloni, ha scatenato le proteste dell’opposizione con la frase: “Ragazzi, vi vedo nervosi”. Il termine “ragazzi” è stato subito contestato rumorosamente dai deputati dell’opposizione. Meloni ha intravisto un’altra occasione per ridicolizzare le polemiche dei suoi avversari e, a beneficio degli spettatori e della stampa, ha riferito al microfono quale fosse il problema: “Vi ho chiamato ragazzi? Chiedo scusa. Non vi chiamerò ragazzi ma giovani onorevoli… anzi solo onorevoli”.

Alcuni deputati cadono nella provocazione e portano avanti la surreale polemica. Lei ci sguazza e continua a stuzzicarli: “È evidente che non vi sono particolarmente simpatica, ma noi romani ogni tanto lo diciamo ‘ragazzi’, vi chiedo scusa comunque”. Si scusa, come nel post sulla foto della giacca, con ironia, per mostrarsi calma, mentre gli altri si agitano per questioni di poco conto. E infatti, a quel gruppo di deputati non sta bene neanche il riferimento ai romani. Protestano. Giorgia Meloni, ancora una volta, riferisce al microfono la motivazione delle proteste, citando i deputati: “I romani sono meglio di questo…”. “E allora mi scuso anche con i romani”, aggiunge.

La strategia è chiara: amplificare, anziché smorzare, le polemiche dell’opposizione per ridicolizzarle. E così far passare gli avversari, non se stessa, come poco seri, come i disturbatori di qualcuno che invece vorrebbe solo lavorare.

In realtà non è solo Giorgia Meloni a usare spesso ironia ed autoironia. Tutti i leader sovranisti, più dei progressisti e dei moderati in generale, lo fanno. Lo vediamo nei selfie di Salvini con gli animali o a petto nudo. A livello internazionale lo vediamo nei balletti e nelle gag di Donald Trump.

Perché lo fanno? Semplicemente per non spaventare. È la stessa Meloni a spiegarlo nel suo post menzionato all’inizio: non volevo “destare ansietà… mi scuso con chiunque possa eventualmente sentirsi intimorito”.

Il pericolo più grande per un leader di destra è quello di incutere paura, essendo percepito come autoritario, come fascista. Il popolo, in democrazia, non vota un politico di cui ha paura. Per questo le sinistre di tutto il mondo usano come messaggio principale quello del pericolo di una deriva autoritaria in caso di vittoria delle destre.

I leader di destra radicale devono dunque bilanciare messaggi verbali forti, di intolleranza e patriottismo, con messaggi – soprattutto non verbali – distensivi, fatti con ironia e soprattutto autoironia. Nella mente del pubblico un leader fascista è serio, severo, cupo, permaloso. Se fai le foto con i fiori e gli animali, se canti e balli, fai espressioni facciali ironiche, se fai battute e ridi a quelle degli altri, se ti prendi in giro da solo, non puoi essere un fascista. Questo è il ragionamento automatico nella mente del pubblico.

I leader di sinistra si pongono in modo più istituzionale, riflessivo, composto, perché sono già rassicuranti di loro. Non hanno bisogno di smorzare alcuna tensione. Personaggi come Conte, Schlein, Prodi, Bersani per citarne alcuni, non incutono timore. Loro, piuttosto, sono costretti alla compostezza per contrastare la narrazione degli avversari, che dipinge quelli di sinistra come degli hippy sotto copertura, strambi e senza voglia di lavorare.

L’autoironia, quando le cose si mettono male, può essere un espediente utile ad abbassare la tensione anche per i leader moderati. Per esempio Joe Biden, le cui condizioni cognitive legate all’età preoccupano gli americani, ha pubblicato una gag sui suoi canali social dove, al termine di uno spot elettorale dove dice che che essendo anziano ha esperienza per governare l’America, mostra un fuori onda dove – al contrario – si definisce giovane, energico e bello.

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