Ci troviamo con ogni evidenza in un momento decisivo della storia umana. A un bivio decisivo da cui si diramano due possibili strade che portano in direzioni opposte. Una conduce alla fine della civiltà, l’altra a una nuova fase della società internazionale nella quale potranno trovare finalmente realizzazione le più sacrosante e fondamentali esigenze degli esseri umani.

I motivi di preoccupazione per il nostro futuro sono vari. Innanzitutto i conflitti, a partire da quelli in Ucraina e in Palestina. Il primo minaccia di degenerare in scontro aperto tra Nato e Russia, dato che la situazione sul campo è sempre più sfavorevole all’Ucraina e che alcuni leader occidentali agitano in modo irresponsabile lo spauracchio dell’intervento diretto. In questi ultimi tempi la palma del peggiore da questo punto di vista spetta indubbiamente al micronapoleone Macron che ci fa tutti slittare verso il conflitto atomico per soddisfare il suo ego smisurato e spera in tal modo a torto di far breccia sul suo elettorato e recuperare posizioni sul piano internazionale nel momento in cui la Francia viene cacciata da vari Paesi africani.

In Palestina, e in particolare a Gaza ma anche in Cisgiordania, il progetto genocida delle autorità israeliane assume tratti sempre più netti. Netanyahu non abbandona il suo intento di massacrare buona parte della popolazione palestinese per imporre ai superstiti di traferirsi altrove. La distruzione di ogni sentimento di umanità in Palestina prepara al futuro conflitto mondiale. Siamo costretti al ruolo di passivi spettatori di un crimine inaudito e ciò comporta pesanti conseguenze anche in termini di stato psicologico di ciascuno di noi. Per combattere questa malattia psichica che ci colpisce tutti occorre anzitutto situare i conflitti nell’attuale contesto problematico determinato dalla fine irreversibile di cinque e più secoli di colonialismo.

L’inaccettabile dominazione israeliana sui Palestinesi costituisce uno degli ultimi strascichi di questo fenomeno storico che ha prodotto danni enormi all’umanità. Così come il rifiuto di una soluzione pacifica del conflitto ucraino esprime a sua volta l’ostinazione dell’Occidente a salvaguardare la sua posizione dominante. Il legame tra le due situazioni è reso evidente dal fatto che le Potenze occidentali concordano nei fatti sul sostegno a Zelensky e a Netanyahu, entrambi subissati di armi e munizioni, anche a beneficio del complesso militare-industriale.

Un altro scacchiere fondamentale è quello latinoamericano, da sempre ritenuto dal governo statunitense il proprio cortile di casa, ma che a partire dalla Rivoluzione cubana del 1959 ha avviato un processo di emancipazione nei confronti della Potenza imperiale, che si è accelerato alla fine degli Anni Novanta colla rivoluzione bolivariana in Venezuela e l’arrivo al governo di forze progressiste in Brasile e altrove. La forza esemplare della Rivoluzione cubana, che dette vita già 65 anni fa al primo territorio libero di America, è ben chiara al governo statunitense. Di conseguenza esso fomenta in continuazione il malcontento contro il governo cubano, approfittando senza vergogna di situazioni come la pandemia Covid e inasprendo in ogni occasione il bloqueo contro Cuba, nonché finanziando gruppi controrivoluzionari che non hanno esitato a ricorrere più volte al terrorismo aperto.

Difendere Cuba costituisce in questo momento un compito prioritario proprio per le caratteristiche che la situazione internazionale sta assumendo. Infatti Cuba costituisce una delle forze che con maggiore coerenza si sono battute, nel corso della sua sessantacinquennale esistenza, per la pace e per i diritti dei popoli, due elementi tra loro indissolubili e che si accompagnano all’urgenza di un nuovo ordine mondiale basato sulle persone e non sui poteri imperiali e quelli, ad essi strettamente collegati, dei monopoli privati che operano nei settori chiave dell’economia capitalistica, dalla finanza al complesso militare-industriale, dall’industria chimico-farmaceutica alle lobby energetiche a varie altre.

L’esistenza stessa di Cuba costituisce una spina nel fianco di questi poteri, attenti solo ai loro interessi egoistici e che non conoscono neanche il significato della parola “umanità”. I vaccini prodotti a Cuba costituiscono un’efficace alternativa a quelli delle multinazionali chimico-farmaceutiche. La parola d’ordine lanciata da Fidel Castro “medici e non bombe” rappresenta una sfida senza precedenti a coloro che mediante le bombe vogliono imporre il loro dominio ingiusto e arbitrario. L’esempio della Rivoluzione cubana è tuttora estremamente stimolante per i popoli che vogliono liberarsi dal dominio imperiale e neocoloniale, in America Latina come altrove.

Come affermato dal presidente cubano Miguel Diaz-Canel, occorre lavorare per una via d’uscita pacifica e condivisa alla situazione di difficoltà che attualmente Cuba sta vivendo per effetto del bloqueo e degli sforzi di destabilizzazione da parte degli Stati Uniti. Tutti coloro che comprendono il significato della parola “umanità” devono essere solidali col governo e col popolo cubano affinché tale via d’uscita sia trovata al più presto.

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