Il 24 marzo l’Argentina si ferma per ricordare la dittatura civico-militare che insanguinò il Paese, dal 1976, perpetrando un genocidio che colpì per lo più giovani tra i 16 e i 28 anni rei di essere attivisti e attiviste in movimenti politici di sinistra. L’azione di sparizione forzata, tortura, e omicidio coinvolse fette ben più ampie di popolazione, anche famiglie legate alle strutture militari che ordirono e gestirono la dittatura. A Buenos Aires saranno tre le convocazioni di piazza, una di seguito all’altra. Dopo lo straripante, e unitaria, manifestazione dell’8 marzo che ha nuovamente mostrato come il movimento femminista sia la forma più avanzata di opposizione a Javier Milei, i partiti di minoranza, i sindacati, i movimenti sociali e per i diritti umani hanno provato a trovare una sintesi per una nuovo momento di piazza che unisse le differenze nel ricordo. Ma le divisioni politiche e gli antichi rancori non hanno portato alla convocazione unica e così alla storica riunificazione delle due ali in cui le Madri di Plaza de Mayo si sono divise a partire dal 1985. Nel resto del Paese ci saranno ovunque iniziative, da Nord a Sud, tra manifestazioni, convegni o concerti di musica come a Ushuaia, la città più australe del mondo. Ogni capitale di provincia avrà un momento che unirà il ricordo alla protesta contro i tagli del nuovo governo.
Il tutto mentre Milei ed il suo partito cercano in sostanza di riscrivere la storia della dittatura prima di tutto mettendo in discussione il numero dei desaparecidos così come il ruolo della dittatura. E’ notizia di queste ore la decisione del governo di pubblicare uno spot di carattere negazionista. Nel video con cui il governo punta a “esporre la sua visione dei fatti“, appaiono testimonianze di familiari di vittime del terrorismo di sinistra così come l’analisi di due protagonisti controversi dell’epoca: l’ex guerrigliero “pentito” Luis Labraña e l’ex direttore dell’intelligence argentina Juan Bautista Yofre. A questo si accompagna le reazioni sprezzanti dello stesso Milei sui social riguardo la violenta aggressione a una militante dell’organizzazione dei figli di desaparecidos della dittatura, Hijos. La ragazza ha denunciato di essere stata abusata e percossa nel suo domicilio da due sconosciuti armati e a volto coperto che hanno lasciato scritto sulla parete il motto di Milei, VLLC (“Viva la libertad carajo”, viva la libertà, accidenti). Il presidente Milei sui social ha dato vari like a post di suoi militanti che hanno messo in dubbio la veridicità della denuncia.
Già in campagna elettorale Milei e i suoi avevano minacciato di voler chiudere la ex Escuela Mecanica de la Armada: l’attuale vicepresidente Victoria Villaruel, già avvocata di ex militari complici della dittatura, la definì come “17 ettari di cui gli argentini potrebbero approfittare: era un’area destinata alla costruzione di scuole e quello di cui più abbiamo bisogno sono le scuole”. Un riferimento inquietante perché “l’Esma era una scuola della Marina militare e gli alunni di quella scuola venivano utilizzati per custodire il centro clandestino di sterminio che funzionava lì dentro” ha ricordato Miriam Lewin, ex detenuta dell’Esma e autrice insieme al fotografo italiano Giancarlo Ceraudo dell’inchiesta sui voli della morte, Destino Final. Per ora l’ex Esma e gli altri luoghi del ricordo restano aperti ma i dipendenti licenziati e non sostituiti sono già saliti a 7: tra loro anche i componenti dell’area comunicazione.
Contro i licenziamenti e i tagli economici per le istituzioni della memoria ed in difesa dei diritti umani alcuni giorni fa si è tenuta una delle tante manifestazioni contro il governo di Milei. La paura è che si voglia “svuotare la memoria” mettendola all’angolo e facendola uscire pian piano dal cosiddetto “ingranaggio collettivo” che ha smascherato negli anni cosa accadde tra il 1976 ed il 1983 in Argentina. Nelle ultime ore assieme alle sempre più pubblicizzate distanze tra Milei e Villaruel, sono usciti articoli di giornale che denunciavano il possibile indulto e liberazione dei militari condannati per le violenze dalla dittatura che hanno però ricevuto la secca presa di distanza dello stesso presidente che ha parlato di “menzogne”. È inequivocabile che un mese fa il governo argentino ha deciso di cancellare dalla programmazione della tv di Stato il programma settimanale dell’Associazione delle Madri di Plaza de Mayo. Un 24 marzo diverso dagli altri. Un 24 marzo che vive della spaccatura politica e sociale su cui Milei ha costruito la sua vittoria.