Miriam Margolyes, una delle attrici dei film di Harry Potter, è preoccupata per i fan della saga che non riescono a superare il feticismo per il libro della loro infanzia. Forse ha ragione lei, ed è ora di crescere
La nostalgia è il sentimento di questi tempi e nessuno lo indossa meglio (o peggio) dei millennial. Ascoltano le stesse vecchie canzoni e guardano gli stessi film con rassicurante gioia. Aspettano ancora la lettera da Hogwarts. Chiedete qual è il libro che ha cambiato loro la vita: molti vi risponderanno Harry Potter, considerato il romanzo di formazione di un’intera generazione. È a dir poco ironico, quindi, che l’ultimo attacco alla già fragile autostima dei trentenni arrivi proprio dal fuoco amico: l’attrice Miriam Margolyes (per tutti la professoressa Sprout nei film di Harry Potter), ha detto di essere preoccupata per i fan adulti della saga in due recenti interviste. Primo affondo: “Dovrebbero averla superata ormai”. Coltello che gira nella piaga: “Penso sia roba per bambini”. Colpo di grazia: “Sono passati 25 anni, crescete!”
La creatura letteraria di JK Rowling ha dato il via a una mania collettiva senza precedenti: i ragazzi facevano la fila fuori dalle librerie, prendevano d’assalto i cinema (sì, erano quei tempi lì) e andavano in pellegrinaggio alla stazione di King’s Cross a Londra per provare ad attraversare il binario 9 e 3/4. Ma ora che quei ragazzi sono ormai adulti, come si spiega la pervicace resistenza di Harry Potter nelle loro vite? I bambini in estasi al cinema dei primi anni Duemila sono gli stessi trentenni che lo scorso anno a Milano hanno felicemente pagato più di 50 euro per partecipare a una simulazione Ballo del Ceppo. Siamo seri: è ora di crescere?
Un universo che continua a espandersi (e a fare cassa) – Il successo commerciale del franchise è indiscutibile: 600 milioni di libri venduti, 8 miliardi di dollari incassati al botteghino, più un rigoglioso ecosistema di parchi a tema, merchandising, eventi, ostelli, bar e negozi ispirati al mondo magico, come il celebre MinaLima, lo studio di graphic design che ha plasmato l’identità visiva dei film della saga. Ma c’è molto di più: Harry Potter, per molti, è una questione identitaria. Nessuno – specialmente sotto i 40 anni – può dire di non aver mai sentito parlare del mago con la cicatrice: c’è chi lo odiava (e lo odia tuttora) chi è purista dei libri, chi dei film, chi era fan e poi semplicemente è passato oltre. Ma lo zoccolo duro dei fan di Harry Potter ama questa storia oggi come allora. E non parliamo solo della serata “comfort movie” con copertina e rewatch dei film: parliamo di un universo narrativo che continua a espandersi, a pulsare, a suggerire nuovi contenuti e a generare profitto.
Non paghi delle maratone tv, per esempio, ventenni e trentenni affollano i teatri per vedere una proiezione di Harry Potter e l’Ordine della Fenice in Concerto accompagnata dall’orchestra dal vivo. Nel 2023 è uscito il videogioco Hogwarts Legacy, capace di incassare oltre un miliardo di dollari in tre mesi. La prossima tappa è una serie tv firmata HBO Max – e già sento i fan strapparsi i capelli sulle scelte del cast. Non apriamo il capitolo gadget: niente fa felice i ‘Potterhead’ come il castello fatto di Lego o una bacchetta domotica che accenda le luci di casa.
Se a Hogwarts avessero avuto TikTok – Dopo la nascita del sito Pottermore.com, nel 2011, il mondo magico ha continuato a crescere su Internet tra fan fiction, blog, e account social. Uno su tutti, direttamente dal lockdown: “Tu sei in quarantena, Harry”, su Instagram. Scrollando, poi, si trova di tutto: oltre ai miliardi di reel che mostrano serate a tema, feste di matrimonio e perfino gender reveal a tema (di fronte ai quali Minerva McGranitt alzerebbe un sopracciglio con disappunto) esiste un filone aesthetic che immagina le stories pubblicate degli studenti di Hogwarts. E, in questo universo parallelo, Hermione fa coppia fissa con Draco: if you know, you know.
È vero che Harry Potter è un pilastro della millennial culture, ma ha fatto breccia anche tra GenZ e GenAlpha (che hanno ora la stessa età di Harry nei primi libri). Solo che i più giovani possono già sperimentare una galassia di contenuti – dai videogiochi alle experience – in cui i libri sono solo un tassello, seppur fondamentale. Gli adolescenti si divertono col lato oscuro: su TikTok si può trovare Voldemort che balla sui tacchi e Draco che canta le canzoni di Taylor Swift. Se volete ancora disperatamente essere gli eroi di Gridofondoro, forse è semplicemente perché siete vecchi.
Il romanzo di formazione di una generazione – I libri scritti da JK Rowling sono stati pubblicati tra il 1997 e il 2007: significa che i millennial hanno avuto l’opportunità di crescere, letteralmente e metaforicamente, con Harry Potter. Hanno guadato le paludi dell’adolescenza insieme a lui, vivendo le stesse tappe: compiti, professori cattivi, cotte. Ma attraverso le pagine dei libri hanno anche fatto esperienza di temi complessi come la solitudine, la perdita e il lutto. Rispetto al romanzo di formazione canonico, Harry Potter ha il pregio di svilupparsi in sette libri – vergati a tinte sempre più cupe – e di evolvere man mano che il protagonista diventa uomo.
Harry Potter non parla ai ragazzini ‘fighi’, ma a quelli diversi, agli outsider: alle secchione del primo banco, a quelli coi vestiti ereditati dai fratelli maggiori, a chi fatica a farsi degli amici. Offre a tutti, oggi come allora, un posto dove sentirsi accolti. Anche quando i protagonisti dei libri crescono, poi, non indulge mai nella romance: le storie d’amore esistono, ma ai margini. È fondamentalmente una storia di amici che si salvano la vita a vicenda: un sentimento democratico, saldo e gentile, di cui abbiamo bisogno a 13 anni come a 31. La saga ha anche il grande merito di aver generato un senso di comunità e di appartenenza: le quattro casate di Hogwarts sono diventate l’equivalente del segno zodiacale per i millennial, qualcosa in cui riconoscersi e su cui basare la propria personalità.
Harry Potter parla di magia, è vero, ma non ha la complessità favolosa del Signore degli Anelli: è un mondo ordinato che somiglia moltissimo al nostro, in cui tutto ha un senso. C’è l’eterna lotta tra il bene e il male, ma con tutta la scala di grigi che sta in mezzo. C’è un governo corrotto, una stampa capricciosa, un carcere terribile, ci sono perfino i tifosi allo stadio. Definirlo, come ha fatto Miriam Margolyes, “roba per bambini” è quantomeno riduttivo: si parla di dittatura e di resistenza, di depressione, di inclusione, di razzismo e di tolleranza. Paradossalmente, i libri sono riusciti a resistere alla prova del tempo non grazie all’autrice, ma nonostante JK Rowling: le affermazioni transfobiche della scrittrice non hanno scalfito la reputazione di Harry Potter. Il marchio, ormai, vive di vita propria: al massimo è lei che ha tradito i valori della sua opera.
Chi vi scrive ha letto per la prima volta La Pietra Filosofale alle elementari e ha divorato il capitolo conclusivo della saga al liceo. Non mi sognerei mai di tatuarmi i Doni della Morte sul braccio, è vero, ma tra i pochi quadri che ho in casa c’è un poster col manifesto da ricercata di Bellatrix Lestrange. L’ho comprato a King’s Cross, ovviamente, 14 anni fa. Questo che cosa dice di me? Ha ragione Miriam Margolyes, appartengo a una generazione che è cresciuta senza mai diventare adulta?
Ci trasciniamo dietro ciò che amavamo durante l’infanzia come un vecchio peluche che ci aiuti a dormire. Lo stringiamo per non pensare, almeno per qualche ora, ai nostri contratti precari, ai mutui da pagare, agli affitti alle stelle, al tempo che passa, all’incertezza continua che incasina le nostre vite. E così torniamo sotto alla tenda fatta di coperte dove ci rintanavamo a leggere da bambini, nell’ultima età veramente spensierata della vita: non solo perché non avevamo alcuna responsabilità, ma perché il mondo aveva ancora fiducia nel futuro, prima che l’incubo del terrorismo, due crisi economiche, le guerre e la catastrofe climatica ci dimostrassero il contrario. Di tanto in tanto riapriamo i libri e torniamo a Hogwarts perché abbiamo ancora bisogno di sentirci a casa. E speriamo che il professor Silente ci dica, guardandoci da sopra i suoi occhiali a mezzaluna, che la felicità può essere trovata anche nei momenti più bui, se solo ci si ricordiamo di accendere la luce.
@lizzyyancey The dancing Lord #voldemort ♬ original sound – Lizzy Yancey