“Un sì per la Nature Restoration Law è un sì anche per la sicurezza di tutti i cittadini europei”. È la scritta apparsa su un manifesto portato da un dirigibile davanti Palazzo Chigi, ma è anche l’appello che il Wwf rivolge al governo Meloni, chiedendo che riveda la sua posizione sull’approvazione del regolamento sul Ripristino della Natura, contro cui l’Italia si è sempre schierata. Ma se finora, l’iter era comunque andato sempre avanti, questa volta, proprio a pochi passi dall’approvazione definitiva, l’accordo tra gli Stati sembra sfumato. Anche l’Ungheria si è tirata indietro, aggiungendosi proprio all’Italia e a Svezia, Paesi Bassi e Polonia. E con Austria, Belgio e Finlandia astenuti, non c’è una maggioranza qualificata tra i ministri dell’Ambiente Ue, che il 25 marzo avrebbero invece dovuto adottare il testo. Una pura formalità che si è trasformata in un dietrofront clamoroso per una delle misure simbolo del Green Deal. La Nature Restoration Law si propone di ripristinare ecosistemi e habitat, prevedendo di riportare alla naturalità almeno il 20% delle terre e delle acque dell’Unione europea e di liberare dalle infrastrutture almeno 25mila chilometri di fiumi europei entro il 2030, con l’obiettivo finale al 2050 di ripristinare tutti gli ecosistemi degradati. Il Wwf chiede al governo di manifestare, attraverso un voto favorevole in sede di Consiglio dell’Unione Europea “la convinta adesione dell’Italia a questa fondamentale legge per tutelare la biodiversità dell’Europa e dell’intero Pianeta”. L’appello del Wwf è stato firmato da 147 scienziati e naturalisti “a dimostrazione del valore e dell’importanza di questa legge” e “ora richiede anche la firma dei cittadini per non poter passare inosservato”.
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