È stato un ottimo weekend di corse per l’Italia a Melbourne, con la doppietta Ferrari in Formula 1 ma anche il podio per Leonardo Fornaroli e Gabriele Mini. Sedimentato l’entusiasmo, la domanda è solamente una: in Australia ha avuto inizio una nuova alba rossa o è stato solo un bagliore notturno in una stagione destinata a ripetere il copione già visto nei due anni precedenti? Le prime due gare avevano spaventato tutti. Il problema riguardava l’appetibilità della competizione stessa, annichilita da uno strapotere Red Bull (frutto di idee, intuizioni, organizzazione e capacità enormi, va detto e ribadito) che risultava ancora più temibile a causa della lunghezza del calendario, mai così fitto di appuntamenti. Il successo di Carlos Sainz, già di per sé una storia nella storia per le condizioni fisiche con le quali il pilota spagnolo si è presentato all’appuntamento, ha cambiato le carte in tavola mettendo in un cassetto, almeno per una decina di giorni, tutti i discorsi sulla Formula Noia.

Il Gp d’Australia non ha permesso il confronto – Un punto è certo. La Ferrari è più competitiva dello scorso anno. La questione è quanto lo sia nei confronti della Red Bull: sotto questo profilo il GP di Melbourne ha regalato qualche indizio ma poche verità. Perché entrambe le auto del team di Milton Keynes hanno avuto problemi, rendendo difficile un confronto con le Rosse. Il freno di Verstappen andato a fuoco, al netto della comprensibile euforia generata dal campione straccia record a cui, una volta ogni tanto, gira tutto storto, ha impedito di ottenere dalla pista indicazioni chiare sui rapporti di forza Red Bull-Ferrari, finendo con il rovinare una potenziale corsa di sorpassi e contro-sorpassi per la prima posizione che la Formula 1 aspetta da tanto, troppo tempo. Invece rimangono solo dubbi: la Red Bull di Verstappen, già sofferente al secondo giro quando è stata infilata dalla Ferrari di Sainz, sarebbe comunque stata attaccabile in condizioni ottimali? Non è d’aiuto nemmeno la prestazione di Sergio Perez, fin qui due volte secondo nei GP, sfruttando una macchina irraggiungibile. Nel post gara Oscar Piastri si è dichiarato sorpreso dalla scarsa velocità del messicano, ma Perez c’entra poco. Il declino delle sue prestazioni con il passare dei giri è stato causato da una visiera a strappo che si è infilata in una parte del sottoscocca causando una perdita di carico aerodinamico che, a detta di Chris Horner, gli costava due decimi al giro.

Gli indizi di una Ferrari migliorata – Pur tuttavia non potendo ignorare le due Red Bull “azzoppate”, in casa Ferrari ci sono elementi che inducono all’ottimismo. Già nelle prove libere erano emersi dei dettagli da non sottovalutare, con una Rossa che per la prima volta aveva dimostrato in pista di avere sia il tempo che il passo gara. Nei GP precedenti, dove comunque le prestazioni della Rossa nelle libere erano state positive, la Red Bull aveva messo subito in chiaro, o con il passo o con il tempo sul giro, l’esistenza di un divario. A Melbourne no. E anche passando dalle prove alla gara non sono emersi elementi in grado di evidenziare questa differenza. Soprattutto sul graining, i riccioli di gomma che pregiudicano la prestazione del pneumatico. Le Ferrari sono state le monoposto che ne hanno sofferto di meno. Nelle ultime stagioni la Red Bull è stata eccezionale nel controllare il degrado termico sulle gomme, ma sul circuito australiano, riasfaltato nel 2022 e quindi più lento a gommarsi (anche perché non è una pista dove si corre tutto l’anno), non era quello il problema che causava l’usura dei pneumatici. La Ferrari è stato il team capace di risolvere al meglio l’impegnativa equazione del graining sia anteriore che posteriore, e non è la prima volta, visto che anche nel 2023 le prestazioni delle Rosse erano state sia veloci sia costanti su un circuito, quello di Las Vegas, asfaltato di fresco e con temperatura fredda, che limitava la vita della gomma nello stesso modo. Gli indizi che Sainz avrebbe potuto comunque lottare alla pari, o quasi, con Verstappen quindi ci sono.

La Ferrari è l’unica ad aver mostrato un progressivo miglioramento rispetto alla vettura precedente, anche in relazione alle scuderie avversarie. La McLaren è cresciuta ma non nella maniera che ci si poteva aspettare, conservando alcuni limiti che continueranno a zavorrare la macchina almeno fino al 2025. La crisi Mercedes è sotto gli occhi di tutti. A Maranello invece sono riusciti a ripensare completamente la vettura senza sacrificare il suo punto di forza, il tempo sul giro, a favore del ritmo gara, come ribadito con ancora più forza in Australia dopo le già buone prestazione in Bahrein e Arabia Saudita. Senza dimenticare una ritrovata capacità strategica che nell’era pre-Vasseur latitava completamente, tanto da aver trasformato la Ferrari in una sorta di barzelletta ambulante del paddock (e sul web). A Melbourne non è stato sbagliato niente, soprattutto nel delicato momento in cui Leclerc era chiuso tra le due McLaren.

Il divario resta notevole – Questo non significa che la Ferrari sia improvvisamente diventata una candidata per il titolo. Il divario accumulato dalla Red Bull è troppo significativo per essere cancellato in così poco tempo, specialmente considerando che a Milton Keynes non hanno certo sbagliato la progettazione della macchina. Come ha scritto Mario Donnini su Autosprint: “Adrian Newey è avanti anni luce su tutti […]. Non solo ha trovato la via giusta, ma lo ha fatto di netto e in modo sostanzialmente incopiabile. Perché le sue RBR non stanno davanti come le Mercedes dell’era Mercedes di motore turboibrido, né per fattori di aerodinamica palese, esterna perciò comprensibile e copiabilissima, ma lo sono di fluidodinamica interna, nascosta e, proprio per questo, di fatto incopiabile”. Arriveranno altri circuiti, con peculiarità diverse da Melbourne, ci sarà tempo e modo per valutare se la Red Bull sia semplicemente incappata in un weekend no. Difficile abbattere di colpo un monopolio, più facile infastidirlo. Attualmente la Ferrari appare l’unica preparata per farlo.

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