La Gran Bretagna alza le barriere informatiche per scongiurare le incursioni della Cina. Il premier Rishi Sunak definisce Pechino la più grande sfida alla sicurezza nazionale britannica a livello di Stato”. La presa di posizione segue gli esiti delle indagini svolte da Londra in relazione ad un attacco informatico realizzato a suo tempo contro il database della Commissione elettorale nazionale britannica. “La Cina – ha rincarato Sunak – rappresenta una minaccia economica alla nostra sicurezza e una sfida epocale”. “Quindi noi abbiamo il diritto di prendere misure per proteggerci”, ha avvertito.

Londra ha individuato le responsabilità di Pechino nell’intrusione all’interno dei sistemi della Commissione elettorale grazie al sostegno d’intelligence garantito dal gruppo dei Five Eyes, formato, oltre alla Gran Bretagna, da Australia, Canada, Nuova Zelanda e Usa che dispone di un sofisticato e potente apparato di sorveglianza internet globale, Secondo il vice premier Dowden comunque i “tentativi di interferire nella democrazia del Regno Unito non hanno avuto successo“. Una importante rassicurazione la sua, come emerso dal dibattito alla Camera dei Comuni, in vista delle elezioni politiche in calendario entro la fine dell’anno. In particolare le accuse sono rivolte contro il gruppo hacker APT31 ritenuto legato allo Stato cinese e contro due cittadini cinesi. Dal canto suo la Cina respinge con decisione le accuse della Gran Bretagna ritenendole “completamente inventate e calunnie dannose”. In una nota diffusa nella notte, l’ambasciata cinese a Londra ha esortato “le parti interessate nel Regno Unito a smettere di diffondere false informazioni e a fermare la loro farsa politica anticinese auto-organizzata”.

Il vice premier Dowden ha promesso “un’azione rapida e vigorosa” qualora Pechino minacciasse il Paese ma ha affermato l’intenzione di convocare l’ambasciatore cinese per chiedere spiegazioni rispetto a quanto accaduto. Soprattutto perché, come si legge nella nota diffusa dal Foreign Office, “questo è l’ultimo di un chiaro modello di attività informatica dannosa da parte di organizzazioni e individui affiliati allo Stato cinese che prendono di mira istituzioni democratiche e parlamentari nel Regno Unito e altrove”. Nel comunicato Cameron ha definito l’intrusione “inaccettabile” e affermato di aver sollevato la questione direttamente col suo omologo cinese Wang Yi. Mentre il ministro Cleverly ha garantito che “le nostre prossime elezioni, a livello locale e nazionale, sono al sicuro”, anche grazie al rafforzamento delle difese informatiche per prevenire ulteriori cyber-attacchi.

Accuse simili contro Pechino giungono anche dalla Nuova Zelanda. Il governo di Wellington ha affermato che un gruppo cinese sostenuto dallo stato ha violato il suo sistema parlamentare in un attacco informatico avvenuto nel 2021 (I processi di attribuzione di un attacco informatico di alto livello sono sempre molto complessi e lunghi, ndr). L’agenzia di sicurezza informatica della Nuova Zelanda ha collegato un gruppo “sponsorizzato dallo Stato” cinese ad “attività informatiche dannose contro entità parlamentari”, ha detto in una nota il ministro della Sicurezza e Intelligence Judith Collins. L’attacco è stato contenuto, ha aggiunto. Pure gli Stati Uniti accusano sette persone di nazionalità cinese di aver portato avanti cyberattacchi che hanno avuto nel mirino membri del Congresso, funzionari della Casa Bianca, candidati e società americane. Attacchi vasti e spalmati su 15 anni in cui milioni di account online di americani sono rimasti intrappolati mentre il piano cinese prendeva di mira funzionari americani, affermano il Dipartimento di Giustizia e l’Fbi.

La Cina ha quindi riferito di aver presentato “forti proteste” contro Usa, Gran Bretagna e Nuova Zelanda per le accuse di cyberattacchi avanzate a vario titolo dai tre Paesi nei confronti di gruppi sostenuti da Pechino che hanno preso di mira parlamentari e istituzioni democratiche. Accusando gli Stati Uniti di lavorare per “esaltare i cosiddetti attacchi informatici cinesi”, il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian ha affermato che Pechino ha “fatto tutti i forti passi necessari con gli Stati Uniti e le parti interessate” sulla vicenda.

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