Questa riportata è una intricata vicenda – rivelata e ben documentata da Fanpage – in cui si intrecciano più temi: da quello finanziario a quello giudiziario, passando per i social, il business e il network marketing. Fino a quello più umano, legato alle fragilità e all’ingenuità di chi si è indebitato convinto che sarebbe diventato ricco senza tanti sforzi. Chi, colto in un momento di incertezza, si è licenziato per seguire una strada che, però, pare non portasse da nessuna parte. L’8 giugno 2023 la Corte di Giustizia Europea ha spiegato che i promoter di questa società sono dei consumatori a tutti gli effetti e hanno, per questo, diritto al rimborso, che invece l’azienda nega loro considerandoli degli imprenditori indipendenti. Di cosa si sta parlando? Proviamo a fare chiarezza. Lyconet è una società di marketing fondata in Austria nel 2003, con 15 milioni di membri. O meglio. Lyoness ha due aree commerciali: la shopping community di myWorld e l’investment company, appunto Lyconet, settore nato nel 2014, quando tutte le attività di network marketing di Lyoness – ovvero l’attività di pubblicizzare e attrarre nuovi clienti mediante la figura del marketer – sono state raggruppate sotto il nuovo marchio, Lyoness Community Network. Il funzionamento? Tutto basato sul “cashback”, cioè il vantaggio di ricevere un rimborso tramite acquisti. Ciò avviene su una piattaforma (myWorld) che – come dichiarato a Fanpage dal consulente e divulgatore Antonio Russo – è perfettamente legale. Per riuscire ad attirare sempre più persone, Lyconet ha fatto sì che ogni cliente del servizio cashback, acquistando un pacchetto di buoni sconto, potesse trasformarsi in un promoter che guadagna portando nuovi affiliati. Per farlo è necessario anticipare dei soldi (una ex marketer ha parlato di circa 2.500 euro). L’obiettivo? Riuscire a scalare il più velocemente possibile la piramide della società. E già qui, afferma l’avvocata Simona Fell che sta seguendo il caso, qualcosa non torna. “Inizialmente venivano configurati come marketer ma in realtà nei fatti erano dei consumatori attraverso questi meccanismi di vendita piramidale si ingenera nel soggetto la possibilità di poter guadagnare, nel breve periodo, tanti soldi. Cosa che invece non può avvenire e che comunque è ritenuta scorretta a livello di pratica commerciale in quanto illecità”, ha detto la legale.
Tornando al racconto. Le stesse persone cominciano a capire che salire di livello non è semplice e allora Lyconet per agevolare i suoi affiliati vende loro nuovi pacchetti di buoni sconto per avere punti aggiuntivi. Un sistema ben studiato che porta gli affiliati a trovare sempre nuove persone. Anche attraverso l’utilizzo di micro influencer che agiscono attraverso un sistema di “Cashflow Setup”. Con un breve video spammato su tutti i social cercano di convincerti a cliccare su un link presente nella loro biografia per entrare in questo mondo di “guadagni facili” e “non tradizionali”, si potrebbe dire così. “È un modello di business, il nostro, win win win, perché vincono tutti: i clienti, i marketer, le aziende – spiega Mihail Mirzac, leader del gruppo Cashflow Setup, a una giornalista che, sotto mentite spoglie, si è finta interessata al progetto -. Le persone ti chiederanno di passare alla parte business, per poter fare quello che fai tu, e allora tu guadagnerai il 5% sui loro guadagni”. Peccato che di quei guadagni non ci sia neanche l’ombra. Tante, circa 500, le persone che di recente si sono rivolte allo studio legale Leone-Fell: “Stiamo richiedendo più di un milione di euro di rimborsi. Ci sono persone che hanno versato anche più di 50mila euro attraverso questo sistema ingannevole di promozioni e di facili guadagni e si sono trovati a coinvolgere anche i propri familiari”, ha detto la legale.
Alcune testimonianze: “Ho investito 10mila euro in tutto”; “Proponevano delle entrate mensili senza fare assolutamente niente. Mi vedevano più come il portafogli della situazione”; “Veniva mostrato tutto come un giardino dell’Eden, una vita di guadagni senza troppi sforzi eccessivi. Ci sono caduto con tutte le scarpe”. Non solo. Ai marketer viene anche suggerito di allontanarsi dalla famiglia e dagli affetti più cari. Negli ultimi anni, inoltre, sono stati spinti anche a investire nelle azioni, annunciando che presto sarebbe iniziata la quotazione in borsa: “Nei 99 euro del pacchetto mensile sono comprese anche delle azioni che frutteranno quando l’azienda debutterà in borsa il prossimo luglio”, spiega alla giornalista infiltrata di Fanpage un giovane marketer. Ma la quotazione in borsa non è mai avvenuta. Inoltre, il 24 ottobre 2023 Lyoness Italia s.r.l. comunica che è stata aperta la procedura di fallimento per Lyoness International AG e Lyoness Europe AG, entrambe con sede a Buchs, in Svizzera. Lyoness Italia che gestisce la comunità d’acquisto nel nostro Paese e che è controllata al 100% proprio da Lyoness Europe AG, rimane attiva, ma cambia i suoi vertici.
Edoardo Moretti, dopo 12 anni alla guida del ramo italiano della multilevel agency, cede il posto al manager austriaco Richard Meixner. Sul suo conto si sa poco o niente, solo che era uno dei tanti a gravitare nel vasto universo di Lyconet. Lo stesso Moretti spiega di non conoscerlo molto: “Mi è stato presentato come persona che già collaborava. Mi sono stati presentati decine, centinaia di manager di altre nazioni. Io ho sempre visto passare di tutto, non è che mi domando chi è chi”. Cosa ne pensa, invece, delle”vittime”? “È chiaro che delle cose non hanno funzionato, ma non è morto nessuno. Avranno le spiegazioni da chi è in grado di fornirle, io ho sempre fatto quello che andava fatto”, ha affermato Moretti. In Italia Lyoness è stata oggetto di una procedura da parte dell’Agenzia della concorrenza e del mercato. Nel 2018, l’Agcm ha accertato la scorrettezza del sistema di promozione utilizzato dalla società Lyoness Italia S.r.l. per diffondere fra i consumatori una formula di acquisto di beni con cashback, proprio perché integra un sistema dalle caratteristiche piramidali, fattispecie annoverata dal Codice del consumo tra le pratiche commerciali in ogni caso ingannevoli. Per questo l’Antitrust ha imposto alla società il pagamento di una sanzione di 3,2 milioni di euro.