Un corso d’acqua bisognerebbe sentirlo come un corpo, un corpo vivente. Se davvero fossimo connessi con la Natura (cosa che a tutta evidenza non siamo) sentiremmo che quel flusso d’acqua è così, e così deve rimanere. Soprattutto oggi che di corsi d’acqua in condizioni naturali ne esistono ormai pochi e la stragrande maggioranza è amputata, inquinata, soffocata.
Si consideri che nel 1992 la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi affermava che meno del 90% dei corsi d’acqua alpini versava in condizioni di naturalità. C’è qualcosa di più bello di vedere l’acqua zampillare, e poi saltellare, e poi diventare un’arteria, e poi ingrossarsi ricevendo altre vene? Qualcosa di più bello di vedere le trote stare ferme nella corrente o scoprire i portasassi nei pressi della riva?
Lo so, tutto questo suonerà indifferente al lettore, o magari anche ridicolo, confermando lo scollamento dall’ambiente che ci circonda, che poi magari vogliamo anche tutelare, ma di testa e non di pancia. E questo ci rende sconfitti in partenza. Ci sono poche persone che “sentono” l’acqua. Una di queste nel nostro paese così immaturo è sicuramente Elisa Cozzarini, giornalista, scrittrice e documentarista, appassionata di acque. Elisa sono anni che conosce le acque di montagna e si batte per la loro tutela. E quando dico “acque di montagna” non mi riferisco solo a quelle delle Alpi, dove lei è nata, ma anche altrove, dove vi siano situazioni di pericolo, oppure esempi virtuosi.
È così che è nato un prezioso libretto, appena uscito per Ediciclo Editore: Gli intrecci del fiume. Piccole trame in equilibrio variabile. Così scopriamo la bellezza del Tagliamento, ma anche la situazione drammatica della regione balcanica: 1003 dighe esistenti, 188 dighe in fase di costruzione, 2798 dighe proposte… Numeri da brividi snocciolati da Save the Blue Earth of Europe, associazione sostenuta tra gli altri da Leonardo di Caprio e da Patagonia.
Ma vi sono anche esempi virtuosi, come l’obiettivo della strategia dell’Unione europea per la biodiversità volto a liberare 25.000 km di fiumi entro il 2030. E a questo proposito, vediamo Elisa in Spagna ad incontrare gli artefici della rinaturalizzazione di alcuni fiumi. Esemplare quella del Rio Besos nell’area metropolitana di Barcellona, un tempo una discarica a cielo aperto e oggi frequentato dalla lontra. Con i cittadini che si sono riappropriati di un prezioso bene comune.
Come ricordano Marco Paolini e i Mercanti di Liquore in un famoso spettacolo, dell’acqua non si dovrebbe abusare, l’acqua non si dovrebbe sbarrare, deviare, prosciugare né chiudere in bottiglia, perché l’acqua che non è vagabonda diventa morta.