Dalla scoperta della malattia nel 2020 fino alla clinica “La Maddalena”, dove Matteo Messina Denaro verrà arrestato il 16 gennaio del 2023. È questo il lungo percorso medico dell’ultimo boss delle stragi che la procura di Palermo, guidata da Maurizio De Lucia, sta pian piano ricostruendo. Dalle carte dell’operazione di oggi – coordinata dall’aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Pierangelo Padova – emergono elementi nuovi che ricostruiscono l’iter sanitario seguito dal boss di Castelvetrano dalle strutture pubbliche fino alla clinica privata molto rinomata in Sicilia. Si comincia dal 3 novembre del 2020, quando a Marsala il boss si sottopone a colonscopia, esame che rivela il tumore in fase avanzata. Le condizioni sono critiche, c’è un blocco, Messina Denaro deve procedere velocemente e così sarà. Il medico di base, Alfonso Tumbarello (arrestato il 7 febbraio del 2023, meno di un mese dopo il boss) prescrive le successive visite mediche.


La prima visita – Il 6 novembre del 2020 Messina Denaro, sotto le mentite spoglie di Andrea Bonafede, sarà visitato all’ospedale di Mazara del Vallo dal chirurgo Giacomo Urso, mentre il 9 novembre successivo l’ultimo degli stragisti a essere rimasto in libertà viene ricoverato nella struttura pubblica. Un momento delicato dal punto di vista sanitario, ma delicata era anche la condizione di latitanza, come scrivono i pm nella richiesta: “La degenza in reparto costringeva il capo mafia a restare nello stesso posto (o meglio, letto) per diversi giorni con il rischio altissimo di essere scoperto o venduto”. Ma bisogna fare un piccolo passo indietro al 4 novembre 2020, il giorno dopo la scoperta del tumore. Andrea Bonafede junior – cugino omonimo del geometra che aveva prestato l’identità al boss -, attiva a proprio nome, in un negozio di Campobello di Mazara, una nuova utenza telefonica. Inserisce la scheda in un suo telefono che consegna poi a Messina Denaro. Il giorno dopo, il 5 novembre, è sempre Bonafede junior ad accompagnare il latitante in ospedale a Mazara del Vallo. Quel giorno non c’è nessuna documentazione che attesti una visita, per questo gli inquirenti presumono che fosse l’occasione per prendere contatto con qualcuno all’interno della struttura. Lì lavora come tecnico radiologo Cosimo Leone, cognato di Massimo Gentile, antico frequentatore dei Bonafede che aveva offerto la sua identità a Messina Denaro negli anni precedenti. Nel 1998 quando Bonafede junior si sposa, il tecnico radiologo è infatti ospite alla cerimonia. Anche Leone è nato a Campobello di Mazara, un comune di appena 10 mila abitanti, nel quale risiede sin dalla nascita. A quel matrimonio tra gli invitati figura anche Andrea Bonafede senior. Sarà proprio Cosimo Leone ad assistere mentre Messina Denaro farà la Tac all’addome, perfino spostando il suo turno di lavoro, in modo da risultare presente quel giorno. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, dunque, Leone non può non conoscere il vero Bonafede, e quindi, quando Messina Denaro si presenta all’ospedale per il ricovero, per la Tac e poi per l’intervento, sotto le mentite spoglie di Andrea Bonafede senior, il tecnico radiologo sa bene che non può trattarsi di lui.

Le visite anomale – Dall’esame delle cellule telefoniche, poi, risulta che Bonafede junior sente spesso Leone, in momenti significativi. Prima e dopo la Tac, ma anche quando, dopo l’operazione, darà a Leone un nuovo telefono da consegnare al latitante. È il 14 novembre del 2020, nel pieno delle restrizioni Covid, nessuno può avere accesso alle strutture sanitarie. Bonafede però va a Mazara del Vallo e consegna il nuovo telefono a Leone – questa è l’ipotesi dell’accusa – che a sua volta lo consegna al latitante. Un boss che ha a disposizione sodali, telefoni, ma che gode anche di un’accelerazione per gli esami diagnostici: tre giorni prima dell’operazione del 13 novembre, Messina Denaro aveva fatto la Tac all’addome, un esame che però era stato inizialmente fissato al 20 di novembre, poi anticipato al 17 e poi infine ancora al 10. Le cure per il latitante dovevano correre veloci e così fu. Dopo la prima operazione d’urgenza a Mazara del Vallo le condizioni di Messina Denaro appaiono serie e le cure, dunque, devono proseguire in centri di eccellenza. Ma prima bisogna fare un altro piccolo passo indietro per segnare un’anomalia, come la definiscono i magistrati: il 5 novembre, il medico Tumbarello prescriveva proprio il ricovero in chirurgia del latitante (come sempre a nome Andrea Bonafede), anche se ufficialmente solo il giorno dopo il chirurgo Urso avrebbe visitato il capomafia e sollecitato quel tipo di prescrizione.
 “Altra anomalia sulla quale sono in corso accertamenti”, scrivono i pm nella richiesta di arresto.

Dopo l’operazione a Mazara del Vallo, continua l’iter sanitario e il boss si rivolge a medici di nota fama in campo oncologico. Così il 9 dicembre, Bonafede junior accompagna il latitante a Trapani per la visita oncologica presso l’ospedale S. Antonio Abate. Alle 9 del mattino, come risulta dalla certificazione, viene visitato dal dottor Filippo G. Zerilli. Al termine della visita Zerilli chiede il cd della Tac dell’ospedale di Mazara oltre ad alcuni approfondimenti diagnostici. Ricevuto tutto il medico di Trapani prescrive ulteriori esami clinici per la prosecuzione “dell’iter diagnostico/terapeutico, poi continuato dal Messina Denaro, come noto, nella città di Palermo nella clinica La Maddalena“, sotto le cure del primario di oncologia, Vittorio Gebbia (che ha lasciato la clinica palermitana nell’aprile del 2023, ovvero pochi mesi dopo l’arresto del boss, trasferendosi alla Casa di cura Torina, sempre a Palermo).

L’inizio delle indagini – Un lungo iter clinico, sotto mentite spoglie, in piena latitanza e sotto misure Covid, quello seguito da Messina Denaro/Andrea Bonafede. E se molti non potevano conoscere la sua vera identità, secondo quanto ricostruito dalle indagini, non poteva ignorarla il tecnico radiologo di Mazara del Vallo, Cosimo Leone, vecchio amico dei Bonafede. Proseguono, tuttavia, le indagini della procura per accertare quali altre connivenze abbiano permesso al latitante di seguire indisturbato le cure mediche a carico del servizio sanitario nazionale. Cure che non avevano messo a rischio la latitanza del boss, fino almeno al 6 dicembre del 2022, quando i militari del Ros entrano a casa della sorella, Rosalia, e mentre provano a piazzare una cimice nel tubolare della sedia della cucina, proprio lì trovano un pizzino che darà la svolta alle indagini: scritta a mano dalla sorella di Matteo c’è una vera e propria cartella clinica che permetterà agli inquirenti di risalire alle cure mediche e di arrestare il latitante il 16 gennaio successivo nella clinica palermitana.

Latitanza a tappe – Quel giorno il boss era accompagnato da Giovanni Luppino, da poco condannato in primo grado per averne favorito la latitanza (non per associazione mafiosa, come aveva chiesto la procura). Ma quella di Messina Denaro è una latitanza segnata da staffette. Si passano il testimone Massimo Gentile e Andrea Bonafede senior fornendo la propria identità al capomafia. E si passano il testimone anche Andrea Bonafede junior e Giovanni Luppino come autisti del boss. Fino alle cure a La Maddalena, è sempre Bonafede ad accompagnare Messina Denaro: prima solo per prendere contatti all’interno dell’ospedale di Mazara del Vallo, poi per andare alla visita con Urso, quindi ancora per il ricovero, alle visite di controllo successive all’operazione, fino ad arrivare da Zerilli a Trapani. Un ruolo ben più importante di quello che era emerso fino ad ora. Arrestato assieme a Tumbarello il 7 febbraio del 2023, Bonafede junior risultava dipendente comunale di Campobello di Mazara con la qualifica di geometra. Era stato lui a recarsi nello studio medico di Tumbarello per ritirare le prescrizioni mediche per il boss. La difesa di Bonafede sostenne in un primo momento che il geometra non fosse a conoscenza della vera destinazione di quelle ricette. Una telecamera aveva però inquadrato la sua auto incrociare quella guidata da Messina Denaro e i due fermarsi per qualche istante a parlare. Durante il processo di primo grado in abbreviato il pm Gianluca De Leo aveva chiesto anche l’acquisizione di due note: si trattava di messaggi di Bonafede junior, scambiati col cugino omonimo, dai quali si evinceva che fosse andato ad accompagnare il boss a Mazara del Vallo e che fosse di rientro a Campobello. Il gup Rosario Di Gioia, ha però rigettato l’acquisizione, alla quale aveva fatto opposizione il difensore, l’avvocato Tommaso Di Lisi, condannando Bonafede junior al massimo della pena in abbreviato, a 6 anni e 8 mesi, ma non riconoscendo l’associazione mafiosa contestata dalla procura. Il gup ha riconosciuto che il geometra fosse a conoscenza della vera identità di Matteo Messina Denaro e che lo avesse aiutato nelle cure. Ora invece i magistrati lo descrivono come un “fedele soldato che lo ha di fatto “gestito” perlomeno dal 4 novembre 2020 sino alla fase “palermitana” della clinica “La Maddalena”, allorquando le sue funzioni di autista/segretario passavano ad altro associato mafioso, Luppino Giovanni Salvatore”.

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