Dilaga la contestazione nelle Università italiane riguardo gli accordi con il governo israeliano in ambito scientifico e tecnologico. Alla lettera firmata da oltre duemila docenti si uniscono le contestazioni di Cambiare Rotta e di altre sigle universitarie. Oggetto della contestazione lo sviluppo di tecnologie “dual use”, utilizzabili in ambito civile come in quello militare. Ieri a Genova il tentativo di dialogo tra alcuni studenti e il rettore Federico Delfino è naufragato in un muro contro muro, con rifiuto da parte del responsabile di inserire il tema all’ordine del giorno del senato accademico e un incontro improvvisato e liquidato in pochi minuti nel Rettorato tra Delfino e alcuni studenti. “Con Cambiare Rotta c’è un dialogo civile e abbiamo accolto le loro osservazioni, sebbene restiamo sulla nostra posizione di mantenere gli accordi – ha spiegato il rettore al termine della mattinata di contestazioni – c’è però un’altra componente di studenti che mi hanno insultato e spintonato”.
A ben vedere, di spintoni non ce ne sono stati, ma l’incontro tra rettore e studenti, guardati a vista da operatori di polizia, è effettivamente presto degenerato in una contrapposizione priva di possibili sviluppi. “Lei non si rende conto della responsabilità che ha, non vogliamo essere complici di genocidi e guerre” è l’attacco degli studenti. “È proprio perché me ne rendo conto che tengo la mia posizione”, la provocatoria risposta del rettore al quale sono seguiti insulti e cori dei contestatori. Con diverse modalità e toni, alle proteste degli studenti si uniscono quelle di diversi docenti: “Non dimentichiamo che a Gaza è stato deliberatamente distrutto il sistema educativo, non solo ospedali ma anche tutte le scuole e le università – spiega Luca Queirolo Palmas, tra i docenti firmatari dell’appello a fermare gli accordi con Israele – Stiamo parlando di una crisi umanitaria, con la Russia nel 2022 la commissione Ue ha sospeso la cooperazione scientifica, chiediamo semplicemente venga presa una posizione analoga, in linea con la risoluzione Onu sul cessate il fuoco”.
Tra le accuse rivolte al rettore nel breve tentativo di dialogo con gli studenti più accalorati, naufragato dopo pochi minuti, anche quella di avere usato fondi del Pnrr sul diritto allo studio per finanziare un corso di “strategia militare”. Il corso in questione è quello di “Studi strategici”, al termine del quale gli studenti dovranno “essere in grado di comprendere la dimensione militare delle relazioni internazionali; a distinguere tra i diversi livelli di impiego della forza militare (tattico e strategico); a padroneggiare i concetti della deterrenza, a individuare le dimensioni salienti della guerra (logistica, tecnologica operativa, sociale), a mettere a fuoco l’interazione tra le diverse arene geo-strategiche della guerra (terra, mare, aria, cyberspazio) e a cogliere inoltre le specificità della guerra regolare, irregolare e ibrida”.