Al ‘Parco Verde’ intere famiglie vivono da circa un mese con l’ansia di perdere la casa. Qui, negli androni dei palazzi di cemento e amianto la promessa di legalità si è trasformata in un incubo al punto che ora non si parla più di modello Caivano, inteso come la speranza di vedere un cambiamento, ma di ‘metodo’ Caivano, dove la legalità, in un territorio abbandonato per mezzo secolo dalle istituzioni, va ripristinata a tutti i costi, anche a rischio di accanirsi sulla miseria. L’8 febbraio scorso la Procura della Repubblica di Napoli nord ha notificato il sequestro di 254 case e lo sgombero di 419 persone. Gli abitanti di oggi pagano le inadempienze degli amministratori di ieri. Cinquant’anni di mal gestione delle case popolari hanno generato situazioni così incancrenite che probabilmente si è ritenuto di voler estirpare interamente senza fare prima una valutazione delle varie situazioni umane all’interno di quelle abitazioni.
Così la mattina dell’8 febbraio, 250 famiglie – tra cui nuclei con minori e figli disabili – si sono viste notificare il sequestro della casa dai carabinieri. Quando il Governo Meloni nell’agosto dello scorso anno, in seguito alla notizia dello stupro di due minorenni, si è fatto carico di risolvere i problemi di questo comune a nord di Napoli uno dei primi interventi è stato proprio sulla questione occupazioni. Tra settembre e ottobre 2023 è stato fatto un censimento della popolazione del Parco verde e pochi mesi dopo è stato notificato lo sfratto. Duecentocinquanta famiglie risultano abusive, sono accusate di non aver pagato l’affitto, le tasse e di conseguenza le utenze. Ma le cose non stanno proprio così perché molti di questi nuclei familiari per più di 20 anni hanno pagato regolarmente l’affitto al comune e hanno stipulato regolari contratti per le forniture di luce e gas. Residenti secondo l’amministrazione locale, ma non assegnatari, non ufficialmente almeno, anche se praticamente considerati tali.
“Io ho occupato questo alloggio nel 2004 – racconta al ilfattoquotidiano.it Pasquale, uno degli abitanti a cui è stato notificato lo sfratto – ma la casa non l’ho tolta a nessuno, era un rudere abbandonato a se stesso, io ero disoccupato, con due figli di cui uno diversamente abile, sono entrato in questo alloggio e l’ho sistemato. Dopo sono andato al comune per regolarizzare la mia posizione e da quel momento ho pagato il ‘pigione’ (l’affitto, ndr). Ho fatto per anni richiesta di assegnazione ufficiale al comune, ma su quel fronte non ho mai avuto risposta”. E ancora: “Ora mi dicono che sono abusivo, ma io ho sempre pagato e non mi sento abusivo. Dopo 25 anni arrivano e fanno questo atto di forza, dicendomi ‘io sono lo Stato e te ne devi andare’”. Pasquale mostra 20 anni di bollettini di affitto pagati e minuziosamente conservati, aggiunge che nella sua stessa situazione ci sono tante altre famiglie. Le stesse che hanno popolato una delle fiaccolate di protesta che in queste settimane hanno organizzato i residenti per scongiurare gli sgomberi. “Sono 40 anni che ci sono gli occupanti e ora se ne sono accorti? – dice una signora – pensa che io sono assegnataria e ho ricevuto lo stesso lo sfratto, a questi non risulta niente ma noi abbiamo sempre pagato”.
Un vero e proprio caos che si può comprendere solo riportando le lancette degli orologi agli anni del post terremoto. I sopravvissuti al sisma sono stati stipati in questi mostri di cemento sparsi nella provincia partenopea. Dovevano restarci pochi anni e invece qui hanno vissuto una vita intera. Le case spesso passavano direttamente ai figli. Ovviamente nessuno si curava di registrare il ‘passaggio’ perché legalmente una casa va riassegnata secondo graduatoria e non tramandata ai parenti nel disinteresse delle amministrazioni passate. Qualcuno la casa la vendeva, altri l’hanno lasciata vuota ed è stata occupata poi da disperati senza alternativa. Perché Caivano è uno di quei luoghi in cui non si viene a vivere per scelta ma per necessità. Dove tutt’oggi, al netto delle promesse di cambiamento, se vuoi lasciare per un attimo la desolazione che hai intorno e farti un giro a Napoli e non hai la macchina è meglio che rinunci, perché per percorrere quei 26 km che ti separano dal capoluogo ci impieghi dalle due alle tre ore. Perché gli autobus sono un miraggio e se prendi il treno ti tocca scendere nel vicino comune di Frattamaggiore e poi fartela a piedi, tagliando per i comuni di Crispano e Cardito, attraversando terreni e stradoni poco illuminati. Forse è anche per questo motivo che il centro sportivo Delphinia – sul cui recupero il governo ha stanziato 30 milioni di euro – entusiasma in realtà poco i cittadini, che magari avrebbero altre priorità, come vedersi bonificare le case dall’amianto, quelle stesse case che ora rischiano pure di dover lasciare.
La cronistoria del parco arriva agli anni ’90, quando la gestione di tante case popolari era diventata un’esclusiva della criminalità, lasciata agire indisturbata. Negli anni 2000 si è tentato di ‘sistemare’ la situazione delle occupazioni abusive. Era nata pure una società, la IGICA, che tra i vari compiti aveva la riscossione degli affitti. Fu concessa la residenza a molte famiglie che si misero in regola con i pagamenti, ma formalmente il comune non ha mai assegnato le case a chi ci viveva dentro, riscuoteva solo il canone d’affitto. Residenti, ma ufficialmente abusivi. Dopo pochi anni la società IGICA è fallita e con essa il tentativo di ‘sistemare’ la questione occupazioni. Che invece è tornata di attualità 20 anni dopo. “Ma in queste case oggi ci sono anche famiglie con i figli piccoli – dice al fatto.it don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano – famiglie indigenti che non avrebbero alternativa. È vero, occupano abusivamente la casa e molti di loro non hanno nemmeno i soldi per pagare i 74 euro di affitto, ma non possono essere trattati come criminali, diverso invece è il discorso per le famiglie disoneste, che pure ci sono – prosegue il parroco – però se si voleva colpire la camorra e le famiglie legate ai clan secondo me non era questo il metodo, si poteva agire in modo diverso e non considerare tutte queste storie uguali tra loro”. A tutti i cittadini era stato intimato di lasciare casa entro il 9 marzo ma ad oggi non è stato eseguito alcuno sgombero.
Al momento si stanno facendo ulteriori valutazioni sulle diverse condizioni degli abitanti. Dopo le proteste si è ritenuto di studiare caso per caso. Lo ha assicurato anche il Prefetto di Napoli che nelle scorse settimane ha incontrato i cittadini. Rassicurazioni che però non hanno fatto tirare un vero sospiro di sollievo tra gli abitanti. “Hanno detto che valuteranno caso per caso – spiega il portavoce dei cittadini del Parco Verde Luigi Sirletti – ma non sappiamo cosa significhi e che parametri saranno utilizzati”. Non tutti hanno conservato più di 20 anni di bollettini pagati, qualcuno non ha pagato tutti i mesi e di certo c’è pure chi non ha mai pagato. Ad eccezione di casi limite come nuclei con figli disabili, con ogni probabilità chi potrà dimostrare, nei 30 giorni concessi dalla Procura, di essere in regola con quanto dovuto sarà regolarizzato, a tutti gli altri, anche chi non ha mai pagato magari per indigenza verrà detto di lasciare la casa in cui vive da più di 20 anni, perché questa ‘è la legalità e nessuno ci può fare niente’.