Gabriele Marchesi torna libero. Il 23enne antifascista, accusato con Ilaria Salis di lesioni aggravate “potenzialmente letali”, non sarà trasferito in carcere in Ungheria. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Milano, che ha rigettato la richiesta di consegna avanzata dalla magistratura ungherese in seguito ad un mandato di arresto europeo eseguito lo scorso novembre nel capoluogo lombardo. Alla base della decisione il “rischio reale di un trattamento inumano e degradante” nelle carceri ungheresi e “timori di reali rischi di violazione dei diritti fondamentali“. In aula Cuno Tarfusser, il sostituto procuratore generale che si è opposto alla richiesta di consegna (insieme all’avvocato di Marchesi, ha spiegato che la richiesta ungherese non rispetta il principio di proporzionalità: la pena prevista, infatti, è compresa “tra i due e i 24 anni di reclusione per lesioni potenzialmente mortali, quando ci sono cinque giorni di prognosi” per gli estremisti di destra aggrediti, ha sottolineato.

“Io sono stato un pm di confine in tempi in cui i rapporti tra autorità giudiziarie erano quasi inesistenti – ha spiegato Tarfusser davanti alla quinta Corte d’Appello – il turning point è stato il Consiglio Europeo del ’99 che ha creato lo spazio unico europeo per facilitate la cooperazione e fondato sul principio del reciproco riconoscimento dei provvedimenti giudiziari, dell’equo processo e di tutti gli altri principi, che sono alla base dei Mae (Mandato di arresto europeo, ndr). Sono molto lontano da fare accenni politici, ma non viviamo in una bolla di vetro e sappiamo cosa succede fuori da questa porta e bisogna tenerne conto. L’Ungheria è uno Stato che ha abbandonato questa idea che sta alla base dello spazio unico europeo e si è allontanata”. La stessa “Ue ha bloccato dei fondi per alcuni interventi giurisdizionali ungheresi e sono tutti fatti che dimostrano l’abbandono di questa strada”, ha aggiunto.

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