Il 2024 è un anno strano per la verità. Eventi che erano così chiari il 7 ottobre 2023 sono diventati ricordi sbiaditi o pasto per gli amanti delle fake news. Mi pare sia utile sottolineare i fatti. Nell’attacco di Hamas il tentativo dichiarato era di far fuori ogni persona incontrata nei kibbutz, nelle cittadine e anche nelle città israeliane del sud del paese. In un mondo in cui non esisteva un esercito israeliano, il massacro sarebbe arrivato in ogni città israeliana. Questo dev’essere ricordato – mi pare che in queste ultime settimane si dimentichino cose ovvie per chi conosce bene questo conflitto e le sue lingue.
Hamas non rappresenta il popolo palestinese: è un’organizzazione integralista che usa tecniche naziste per massacrare degli infedeli, massacrare gente che ha aiutato i vicini palestinesi, sia nello stato di salute e di necessità sia dando lavoro agli abitanti di Gaza. Il massacro fa parte dello statuto di questa organizzazione e non è un atto di liberazione o di resistenza, ma un tentativo di Jihad i cui jihadisti si sono molto allenati per poter commettere crimini seriali contro l’umanità. È poco plausibile che essi abbiano improvvisato l’assassinio di vecchi, donne, bambini, le violenze contro le donne, l’oltraggio di cadaveri, la mutilazione degli organi sessuali come atto di mero entusiasmo omicida. A questo tipo di massacro ci si prepara e allena per mesi o anni.
Hamas ha vinto le elezioni anni fa, dopo il ritiro israeliano, e quando si vincono le elezioni si deve governare il territorio e i cittadini che ti hanno votato. Lavoro, sanità, infrastrutture, sviluppo, scuole, ospedali. In tutti questi campi di vita comunitaria, così bisognosa come quella palestinese, pare che Hamas non abbia fatto molto. Nella striscia di Gaza si sono riversati miliardi di dollari provenienti dal Qatar e dalla comunità internazionale; sarebbe interessante chiedere ai leader di Hamas come siano stati investiti questi miliardi. Pare che la maggior parte sia andata a finanziare la stessa organizzazione, i tunnel, le armi e i suoi piani di aggressione.
Per la fortuna di questa organizzazione – che nega ogni possibilità di accordo di pace – c’è l’attuale governo israeliano. È un dato di fatto che Netanyahu e i ministri di estrema destra non abbiano detto alcun sì a un piano del giorno dopo. Per questo governo e per Sinwar stesso, più si prolunga la guerra più il loro potere viene mantenuto. In questi mesi, in questi anni, Netanyahu e Sinwar hanno portato solo tragedie al loro popolo. Entrambi sostengono che la pace è impossibile e la guerra permanente è l’unico modo di vivere in Medioriente. La vita degli ostaggi oggi non preoccupa il premier israeliano. È bene ricordare che fu proprio lui a liberare mille terroristi di Hamas in cambio di un soldato e adesso, all’improvviso, in presenza di ostaggi per la maggior parte civili, donne e bambini, Netanyahu non riesce a trovare il compromesso.
I calcoli del leader israeliano sono banali: a questo fallimentare governo è ben chiaro che una volta finita la guerra, tornati gli ostaggi, indette le elezioni, il sogno della destra radicale messianica torna ad essere un incubo messo all’angolo della vita israeliana. Egli sa anche che il suo processo, questo suo infinito processo, volgerà anch’esso a termine e si arriverà al verdetto, e dopo il verdetto dell’elettorato israeliano arriverà anche quello della Corte israeliana di cui il premier ha grande paura.
Il clima attuale in Europa è di anti-israelianismo sfacciato, senza più ritegno. Canti come “from the river to the sea Palestine will be free” vengono inneggiati da studenti italiani senza capire che basta una semplice analisi del contenuto politico per capire che questo ritornello in realtà richiama a un genocidio e alla cancellazione dello stato di Israele. C’è qualcosa di irritante nel fatto che paesi dal passato nazista e fascista parlino con grande leggerezza di genocidio da parte israeliana. Il genocidio è un fenomeno storico e legale ben definito, che dice così: “è il tentativo pianificato di un governo di eliminare tutti i membri di un gruppo etnico o religioso (termine coniato dal giurista ebreo-americano Raphael Lemkin nel dicembre 1948).
Quello che Israele fa a Gaza dopo l’attacco di Hamas è sbagliato, crudele, miope e senza alcun orizzonte politico, ma certo non è genocidio, ed è strano che ex paesi coloniali fascisti o nazisti non ricordino bene cosa tale parola voglia dire. Un dato che mi ha parecchio intristito in queste ultime settimane è stato riportato, sulle pagine di Haaretz, dall’ottima giornalista Amira Hass, riguardante l’appoggio che il massacro del 7 ottobre ha nella società palestinese. L’82 per cento degli abitanti palestinesi della West Bank e il 57 degli abitanti della Striscia appoggiano l’attacco di Hamas del 7 ottobre.
Tante delle persone interrogate per il sondaggio hanno negato che Hamas abbia commesso le atrocità ben documentate e conosciute da fonti sia arabe che occidentali. Questo dato è un fatto e ha chiare conseguenze politiche: chi vede in Hamas il suo rappresentante politico, deve sapere che il comportamento aggressivo di questo rappresentante può avere gravi conseguenze da parte del vicino israeliano.
Netanyahu e il suo governo sono – anche loro – contrari a ogni soluzione che metta fine al conflitto. Alcuni di loro, come il ministro del Tesoro e il ministro della Sicurezza nazionale, edificherebbero delle colonie dentro Gaza. In poche parole, spero che aprile non sarà il più crudele dei mesi, come dice T.S.Eliot nella sua magnifica poesia.