Quando entri nel parco Verde di Caivano, alla destra del cartello che prima segnava l’ingresso nel quartiere diventato simbolo mediatico di illegalità e degrado la prima cosa che ora si nota è il parchetto con le altalene recentemente restaurato. “Sì, da quando è arrivata Meloni hanno aggiustato – ci dice ironicamente una signora – però solo di là, da quest’altro lato non hanno fatto niente, da qua non dovevano passare i ministri”. Nella sua ironia c’è la fotografia di ciò che oggi sembra il comune a nord di Napoli, che il governo vuole esportare come simbolo di legalità ripristinata attraverso una presenza continua dello Stato. Dove si monitorano i genitori che non mandano i figli a scuola, però nelle classi ci piove dentro e come hanno raccontato alcuni abitanti manca spesso anche la carta. Un rione dove finalmente non si spaccia più, però la droga si vende nel quartiere a fianco.
I blitz dei mesi scorsi hanno portato allo smantellamento delle basi di spaccio che prima lavoravano indisturbate nel quartiere. “Avrebbero dovuto chiamarlo però decreto Parco Verde – ci dice Luigi Sirletti, portavoce degli abitanti – perché hanno tolto le piazze di spaccio qui, al Parco Verde, ma più avanti e in altri punti del comune si spaccia lo stesso, c’è sicuramente più presenza di forze dell’ordine e posti di blocco, ma la camorra si nutre di miseria e la povertà che c’era prima c’è tutt’ora. Da agosto a marzo qui è venuto tutto il governo, ha stanziato 52 milioni di cui 30 per riqualificare un centro sportivo – prosegue Sirletti – secondo me c’erano altre priorità, venissero a vedere come si vive in questi palazzoni di cemento e amianto con la muffa sulle pareti e le infiltrazioni ovunque. Adesso, per la fretta di dire di aver ripristinato la legalità in questo territorio a tutti i costi la situazione è pure peggiorata visto che vogliono sgomberare più di 250 famiglie. Ma parliamo di famiglie monoreddito, di disoccupati, di donne che hanno il marito in carcere e non hanno alcun sostentamento se non fare le pulizie nei palazzi a nero. Cioè qui vogliono far credere che ci siano solo criminali, ma non è così”.
Lo scorso febbraio la Procura della Repubblica ha notificato lo sfratto. “A me questa non sembra legalità ma disumanità”, dice don Maurizio Patriciello, il parroco della Chiesa di San Paolo Apostolo nel Parco Verde. Il sacerdote che ha il merito di aver attirato l’attenzione del governo su Caivano. Lui che nei ‘miracoli’ della politica non ci crede e che il territorio lo vive ogni giorno non si fa illusioni e pur plaudendo alle tante cose che sono state fatte in questi mesi è un po’ più cauto quando si parla di modelli da esportare. “Nessuno immaginava che dopo 35 anni di abbandono totale in pochi mesi con la bacchetta magica si risolveva tutto qui a Caivano, io non ci ho mai creduto, però sono stati assunti degli impegni che si stanno portando avanti, non si può dire che non si sia fatto nulla, sono stati messi 52 milioni per alcuni lavori come per il centro sportivo comunale Delphinia, progetti che piano piano si stanno realizzando, sono arrivati 20 carabinieri e 20 poliziotti, sono arrivati i vigili urbani e gli assistenti sociali che prima non c’erano, insomma qualcosa si stava muovendo e poi è arrivata questa tegola, la notizia degli sfratti, qui tutti vogliono ripristinare la legalità ma a che prezzo? Molte persone a partire dagli anni post terremoto hanno occupato dei tuguri abbandonati e li hanno sistemati, nel frattempo hanno anche chiesto di essere regolarizzati, hanno pagato per tanti anni al comune l’affitto, hanno avuto la residenza così da intestarsi contratti di luce e gas, ma non sono mai diventati assegnatari ufficiali – prosegue Patriciello – io la colpa di questa situazione la dò principalmente alle passate amministrazioni. Ora però succede che famiglie oneste, povere, ma oneste, vengano equiparate ai criminali, ma se si volevano colpire i camorristi secondo me si poteva agire in modo diverso”.
Nel ripristinare la legalità la Procura non ha tenuto conto delle inadempienze delle precedenti amministrazioni locali in tema di assegnazione alloggi e adesso quelle inadempienze le scontano i cittadini. “Il Prefetto è stato recentemente in parrocchia e ha spiegato che saranno fatte delle valutazioni ulteriori – prosegue don Maurizio – però è normale che la gente abbia paura di finire per strada perché non si sa poi quali parametri verranno utilizzati e come verranno fatte queste valutazioni. Io voglio sperare che alla fine non ci saranno gli sgomberi, perché sarebbe come vanificare quanto di buono fatto fin qui, anche se c’è ancora tanto da fare. La presenza dello Stato non può significare che ti tolgo la casa”.