Dopo diversi cortometraggi, il regista italoamericano Loris Lai giunge alla sua opera prima con I bambini di Gaza, produzione italo-belga ispirata al romanzo Sulle onde della libertà di Nicoletta Bortolotti, edito da Mondadori. In acqua i confini non ci sono, ma a terra si. Così due ragazzini, uno palestinese e uno israeliano, grazie alla passione per il surf condivideranno non solo le onde e lo studio del vento, ma un’amicizia impensabile visto l’odio che percorre i loro popoli. La storia di questo film è oggi più attuale che mai, ma se dagli anni novanta la Guerra Fredda tra Usa e Urss si spense, l’intricata faccenda tra Palestina e Israele non ha mai perso la sua temperatura alta. Siamo a Gaza City nel 2003, Seconda Intifada, le esplosioni in strada sono i rintocchi dell’orologio della storia. “Un giorno dovremo affrontare due possibilità diverse di futuro. Quella in cui loro non esisteranno più o quella in cui non esisteremo più noi”. “Non può esserci un terzo futuro nel quale finirà tutto bene?” È la domanda di speranza del piccolo Alon a suo padre. Vivono al sicuro ai bordi della Striscia, ma il ragazzo israeliano va a surfare di nascosto dai suoi. Mamhud invece dovrà vedersela con problemi ben più pericolosi.
Il lavoro di Lai, con una piccola epica sui minori in terre dilaniate dalla guerra e lo sguardo legato al loro punto di vista, tratta temi caldissimi come l’arruolamento dei bambini e l’odio atavico tra due popoli contrapponendo i lati oscuri dell’Intifada alla libertà rappresentata da mare e surf con una poetica tragicamente cool. La protezione di una madre può valere come ri(s)catto per Mamhud. Nei suoi incubi ci sono bambini come lui, quelli morti e quelli destinati a imbracciare fucili. Il suo coraggio innocente ci mostra che la guerra, qualsiasi guerra, è un errore perché azzera il valore della vita. È al cinema dal 28 marzo I bambini di Gaza, e anche Papa Francesco, dopo averlo guardato ha voluto commentarlo: “Questo film con le voci piene di speranza dei bambini palestinesi e israeliani sarà un grande contributo alla formazione nella fraternità, l’amicizia sociale e la pace.”
Uscirà invece il 4 aprile al cinema Tatami, il primo lungometraggio co-diretto da una regista iraniana, Zar Amir (che interpreta anche l’allenatrice di judo nonché Premio per la Miglior Interpretazione a Cannes 2022 per Holy Spider) e un regista israeliano, Guy Nattiv (Premio Oscar per Skin, Miglior cortometraggio nel 2019). “Riteniamo che l’arte sia la voce del discernimento che si fa strada in mezzo al chiasso. Quella che abbiamo deciso di raccontare in questo film è la storia di troppi artisti ed atleti costretti a rinunciare ai propri sogni e, in alcuni casi, obbligati a lasciare i propri paesi e i propri cari a causa del conflitto tra sistemi e governi. In definitiva, speriamo di aver fatto un film che mostri al mondo che l’umanità e la fratellanza vincono sempre”. Hanno scritto i registi nelle note. La storia vede protagoniste una campionessa iraniana di judo e la sua allenatrice durante i mondiali. Ma dall’Iran arriva il diktat di ritirarsi per non incontrare la judoka israeliana.
Tatami diventa un thriller teso quanto il famoso piano sequenza di Omicidio in diretta di Brian De Palma. I registi però ci stringono nel severo bianco e nero in 4:3 catodici dove raccolgono frammenti di tante storie vere di atleti osteggiati, minacciati o esuli che hanno lottato per la libertà attraverso lo sport e l’arte. Rivelazione veneziana del 2023, ci mostra anche lo sguardo della comunità internazionale rappresentato dalla Federazione Judo in un pastiche di grande intrattenimento politicamente impegnato nel suo mix di tante verità per una messa in scena fittizia. Altissimo pregio tecnico e artistico da tutti i compartimenti di quest’opera davvero originale e significativa in forma e sostanza, tutt’altro che banale quando si parla di libertà attraverso lo sport.