“Togliere questa possibilità, è più che un controsenso, è un danno sociale“. Sul caso degli enti del terzo settore che gestiscono Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e strutture residenziali per disabili (Rsd) che il ministero dell’Economia si appresta a tagliare fuori dai benefici del Superbonus, l’avvocato Luca Degani presidente dell’associazione di categoria Uneba Lombardia non usa mezzi termini. Innanzitutto perché dei 65mila posti di Rsa in Lombardia, oltre due terzi fanno capo a fondazioni onlus o a cooperative sociali onlus. E nella maggior parte dei casi vengono bloccati lavori di efficientamento energetico e di migliorie infrastrutturali antisismiche che sono richieste dalle Ats ai fini dell’accreditamento delle strutture stesse. Per queste ultime, per questioni di bilancio, l’accesso alle agevolazioni del Superbonus sarebbe fattibile solo con la cessione del credito fiscale che il decreto in arrivo, secondo quanto trapelato in queste ore, va a eliminare da un giorno all’altro. I lavori però, oltre a mettere in regola le strutture con le Regioni, avrebbero portato a risparmi energetici significativi, liberando risorse a favore dell’assistenza. Che era uno degli scopi della normativa che un anno fa ha introdotto la possibilità anche per le Rsa e le Rsd di beneficiare del superbonus fino alla fine del 2025, dando accesso all’agevolazione solo ed esclusivamente alle strutture controllate da enti con consigli di amministrazione in carica a pieno titolo gratuito e solo per lavori su beni immobili destinati a attività sociosanitarie e socioassistenziali per svantaggiati.

“In pratica siamo ingaggiati dal punto di vista delle responsabilità, ma dobbiamo rinunciare a qualsiasi compenso per quattro anni”, tuona Bianca Baruelli presidente della Fondazione Benefattori Cremaschi, 400 posti letto tra Rsa, hospice, alloggi protetti e riabilitazione che aveva in programma lavori su 4 immobili per oltre 50 milioni di euro. “Per noi era una misura importantissima: poterne fruire vuol dire mettere le mani su 4 immobili strategici per l’erogazione dei nostri servizi che alla fine sono dei servizi pubblici, per la collettività, per persone fragili e malati cronici”, spiega ricordando che il suo ente è contrattualizzato con la Regione Lombardia per l’erogazione di prestazioni da circa 20 milioni di euro l’anno. “I lavori ci permetterebbero di riqualificarci sia dal punto di vista antisismico, che tra le altre cose era uno dei punti sui quali Regione sta spingendo tantissimo, perché le strutture spesso sono vetuste, sia da quello dell’efficientamento energetico, considerato che le nostre strutture sono massimamente energivore: devono essere fresche d’estate e calde d’inverno, non si può derogare da quelle che sono le temperature stabilite dalla regione”, chiarisce sottolineando che l’ente nel 2022 tra rincari post bellici e altro, ha speso 2 milioni di euro in luce e gas, il doppio della media annua già sostenuta. “Abbiamo cercato di presentare tutte le autorizzazione richieste per poter procedere”, dice ancora sperando che il decreto salvaguardi almeno chi è già in regola con la burocrazia. “Se non consideriamo prioritaria la salute del cittadino, non so più cosa pensare e noi in questi anni abbiamo fatto tanta fatica, speravamo davvero che questa volta fosse il nostro turno”, aggiunge ricordando che per questi progetti sono già stati spesi con abbondanza tempo e denaro. “Oggi si rendono conto che forse hanno sbagliato? Avrebbero dovuto non regalare soldi a chicchessia e pensare prima a scuole, ospedali e strutture sociosanitarie. Le priorità sono priorità”, conclude

“Dopo anni di sofferenza economica a partire dal covid e poi dall’aumento dei costi energetici e non per la guerra Ucraina si poteva finalmente investire sul miglioramento qualitativo di questi servizi”, chiosa Degani citando, soltanto tra due enti del Cremonese e uno di Melegnano, progetti di riqualificazione per un centinaio di milioni di euro a beneficio di “1000-1500 persone anziane, disabili e in situazione di malattia psichiatrica. Tutto questo voleva dire infrastrutturare un nuovo modello di qualità di residenzialità no profit, ora lo facciamo saltare. Ma perché?”, conclude. Allineandosi in pratica al Forum del terzo settore, il cui portavoce giovedì, auspicando un ripensamento, ha parlato di “un duro e inaspettato colpo per tutte quelle realtà che svolgono attività sociali senza scopo di lucro, che necessitano di riqualificare ed efficientare dal punto di vista energetico gli spazi in cui operano” e del fatto che “eliminare per il terzo settore la possibilità di beneficiare del Superbonus, vuol dire non riconoscere il valore del suo apporto alla comunità, in termini sociali ed economici, ed è quindi un negativo quanto non comprensibile passo indietro”.

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