Se una rondine non fa primavera, qualche fenomeno non fa una tendenza. Eppure quello che sto per raccontare potrebbe essere l’incipit di un nuovo trend, dovuto all’uso (manco a dirlo) distorto dell’intelligenza artificiale. Quanto sia inquietante, decidetelo voi.
Parto da una mia amica, chiamiamola Gioia. Come (quasi) tutte le donne, usa delle app per aggiustare i suoi selfie che, con l’avanzare degli anni, diventano sempre più impietosi. In particolare, lei usa Perfect (il nome, un programma), una cosa che a Lourdes le dà due piste. Una toccatina qua, uno zigomo là, un filtro che fa da botox ed ecco che “la migliore versione di te”, per dirla in slogan pubblicitari, è pronta. Ma c’è anche chi va oltre. E qui entriamo nel mondo dell’estetica virtuale. Esiste un’app, Crisalix, che grazie all’intelligenza artificiale simula un intervento di chirurgia plastica e ti fa vedere in 3D come saresti dopo. È molto semplice, carichi tre foto del volto e aspetti di vederle dopo “l’intervento intelligente”.
Fin qui, tutto lecito. Se rimanesse, appunto, fin qui. Il problema è che sempre più ragazze prendono la foto elaborata e vanno dal chirurgo. Il motivo è facilmente intuibile: vogliono diventare come quella foto. Ti sembra fantascienza? No, è semplicemente artificiale (intelligenza).
Per celare ogni dubbio ho interpellato una persona autorevole, il professore Pietro Gentile, docente di chirurgia plastica all’ Università Tor Vergata di Roma. “Da sempre le pazienti vengono con delle foto di donne famose, e poi influencer, alle quali vogliono assomigliare. Ultimamente, una ragazza mi ha portato delle foto rielaborate digitalmente da lei stessa. Sono rimasto stupito, ma le ho spiegato quello che spiegavo alle donne della generazione precedente: il risultato, dopo l’intervento, non sarà mai quello della foto. È il chirurgo ad adeguare e modificare la tecnica durante l’intervento, passo per passo, in funzione del difetto che resta ancora da correggere”.
Quindi, medici, potete stare ancora relativamente tranquilli sulla vostra autonomia. Me lo conferma Pietro Giacone, imprenditore digitale ed esperto di intelligenza artificiale: “L’AI considera le caratteristiche individuali dell’utente, come la struttura ossea o il tono della pelle, per garantire che le simulazioni siano il più realistiche possibile. Nonostante ciò, non può ancora garantire risultati al 100% accurati a causa delle variazioni individuali e della complessità dei tessuti umani”.
Se tendenza diventerà, è presto dirlo. Anche perché ad andare nella direzione opposta è un colosso: Meta. Dal 2019 ha cambiato policy: sono concessi i filtri che fanno leggere alterazioni del viso (migliorare gli occhi, le labbra, skintone) ma non quelli che promuovono la chirurgia estetica, compresi i punti di sutura sul viso. Zuckerberg, ragazzo lungimirante, ha capito che la chirurgia non è un gioco. E nemmeno un’app.