I sette studenti che hanno organizzato l’occupazione dell’Istituto Severi Correnti di Milano rischiano una sospensione grave e la bocciatura. Una decisione che verrà presa in occasione del Consiglio d’Istituto che si terrà il 4 aprile, ma che già sta scatenando polemiche e causando timori tra i genitori. L’inverno caldo del mondo della scuola è stato inaugurato proprio dall’occupazione dell’istituto a fine gennaio scorso: uno stop alle lezioni che, secondo quanto calcolato dalla scuola, ha provocato 70mila euro di danni e costretto a una chiusura di 20 giorni per sistemare gli spazi comuni. La preside Gabriella Conte ha sporto denuncia contro ignoti e la Procura di Milano indaga per invasione di edificio e danneggiamento. Nel frattempo gli organi interni dell’istituto dovranno esprimersi sugli studenti ritenuti responsabili di “non aver vigilato”. In particolare, sotto accusa c’è lo svuotamento di alcuni estintori senza che poi si allertassero le autorità. Ai sette si contesta di “aver messo in pericolo l’incolumità e la sicurezza degli altri nell’ambiente scolastico”. Una ricostruzione che il papà di uno dei ragazzi, intervistato da ilfattoquotidiano.it, respinge: “Sono accuse generiche, tutte da dimostrare: come possono imputare ai ragazzi la pericolosità della polvere, pretendere ne fossero a conoscenza, ammesso e non concesso che sia effettivamente una sostanza non sicura?”.
Proprio nell’istituto milanese, a inizio febbraio, è andato a sorpresa il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, invocando la bocciatura per tutti coloro che occupano. Una stretta in linea con altre misure promesse dal ministero e biasimata dai sindacati scolastici: “È un’interferenza che snatura il processo educativo“, denuncia Jessica Merli, segretaria di Flc-Cgil Milano. “Ogni scuola è un microsistema con una propria storia, è un organismo complesso: non è possibile comprendere dall’esterno e a priori quali siano le misure d’intervento corrette”. La scuola, contattata da ilfattoquotidiano.it, non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
L’allarme di uno dei papà – “Non c’è dialogo, e come è stata gestita l’occupazione ne è la prova. Io ero critico, non gli credevo, ora è sotto gli occhi di tutti: le istituzioni non vogliono ascoltare i ragazzi, non permettono la creazione di un luogo di discussione e confronto”. Sono le parole del padre di uno dei ragazzi sotto accusa che, intervistato da ilfattoquotidiano.it, esprime la sua preoccupazione per il futuro scolastico del ragazzo. “Si appellano all’articolo 18 del regolamento scolastico, il quale prevede il massimo delle sanzioni per chiunque metta in pericolo l’incolumità degli altri studenti”, spiega, “ma lo Statuto degli studenti specifica che le responsabilità sono personali, non collettive, e vanno accertate, cosa che non è stata fatta”. L’istituto considera responsabili tutti gli organizzatori dell’occupazione, accusati di non aver dato l’allarme per la polvere antincendio presente a scuola, e di non aver prevenuto i danni che, secondo la testimonianza dei ragazzi, sarebbero stati causati dall’ingresso non autorizzato di esterni nella scuola. “I ragazzi sono costernati e angosciati. Si tratta di misure punitive e non educative, perfettamente coerenti con le parole di Valditara”, dice ancora il genitore. “Pretendono che siano gli studenti a dimostrare la propria estraneità ai fatti, anziché dimostrare il loro coinvolgimento, una vera e propria inversione della prova”, lamenta il padre del 17enne. E i genitori contestano di non aver potuto avere un confronto con la scuola: “Non è stato possibile confrontarsi con la preside, che si è letteralmente rifiutata di rispondere alle nostre domande e si è chiusa a braccia conserte di fronte a noi”.
Il papà del ragazzo parla anche dei danni e mette sotto accusa la gestione delle fasi successive all’occupazione. “Se siamo pronti a pagare? A noi non è stata comunicata nessuna richiesta in questo senso, e peraltro quando siamo andati a pulire e aiutare a scuola, ed eravamo diverse centinaia, non abbiano notato niente di così grave. Fuori era pulito, e dentro non ci hanno permesso di entrare”, spiega il papà. “Perché ci imputino il pagamento è necessario che mostrino i dettagli delle spese, 55mila euro sono stati impiegati per pagare imprese di pulizia specializzate, siamo sicuri che fosse necessario?”, si chiede. E racconta: “Proprio il giorno prima dell’occupazione la scuola era stata evacuata perché non funzionava l’impianto idraulico, non si può certo dire che l’edificio fosse in perfette condizioni”. “I ragazzi pensavano di fare qualcosa di bello e di utile, volevano creare spazi di discussione, luoghi di confronto su temi di cui magari non si parla durante le giornate scolastiche”.
Il sindacato: “Bullismo istituzionale” – Il motto dell’occupazione finita al centro delle polemiche recitava: “Prendiamo i nostri spazi”. Un’appropriazione critica dei luoghi scolastici, spiegavano gli studenti, con l’idea di poter creare un modo diverso di vivere la scuola, con laboratori autogestiti e spazi di discussione su temi politici, sociali o d’attualità. Come ad esempio la questione palestinese, la storia dell’anarchico Pinelli, il caso di Davide Cesare ‘Dax’. Quello spazio di confronto è però diventato motivo di scontro all’interno della scuola e non solo. “Il vero problema è l’interferenza del ministero, una pressione che snatura il processo educativo e le reazioni della scuola, che non dovrebbe reprimere ma educare”, denuncia a ilfattoquotidiano.it Jessica Merli, segretaria generale di Flc-Cgil Milano. Il punto, insomma, non è se sia giusto o meno sanzionare i responsabili: “È giusto ci siano stati i consigli e i colloqui con i ragazzi, la scuola ha le sue regole e la sua burocrazia, deve riprodurre il nostro stato di diritto, e i ragazzi devono prendersi le proprie responsabilità, ma il ministro non può e non deve interferire”. Secondo Merli “il ministero ha dimostrato ignoranza e superficialità: crede che la scuola, dopo la pandemia, abbia riaperto senza conseguenze. Non è così: i ragazzi stanno male, sono irrequieti, i tentativi di suicidio nelle scuole sono esplosi. La comunità scolastica lo sa e lo affronta ogni giorno, i ministri no”. E aggiunge: “Al Severi i docenti stanno facendo un grande lavoro per superare quanto accaduto e per far rientrare nel percorso didattico gli episodi di quest’inverno. La gestione della dirigente è una conseguenza della pressione politica che ha subito: è stata sospinta da più fronti verso la rigidità”. Merli è in contatto con i docenti del liceo e biasima “l’indebita ingerenza di Valditara. Proprio come accaduto nella scuola di Pioltello, dove però il preside ha resistito alle pressioni: si tratta di bullismo istituzionale“. E spiega: “Dopo la ‘Buona Scuola’ il preside è diventato un dirigente, ma resta in primo luogo un docente, e come tale deve ricordarsi di educare e comprendere, di risalire sempre alle ragioni di ciò che accade. La comunità scolastica sa che non è mai vandalismo, ma sempre un segnale di disagio: solo capendo le ragioni di ciò che accade si può capire come intervenire e rimediare”.