“Di fronte a ciò che quel padre vide all’ingresso di quella tenda, non poteva esserci alcuna esperienza pregressa, per quanto forte, a impedire che il grido di orrore uscisse dalla sua gola così potente, così dilaniante, che persino il vento, per un istante, cessò di soffiare, e la foresta parve farsi di pietra, colpita a morte, pure lei, da tutto quel disumano gridare.”
I quattro uomini (il sindaco che sogna di diventare la punta della piramide tra i politici della regione; un cardiochirurgo ambizioso che aspira al posto di primario; un commissario di provincia che vorrebbe diventare questore; un prete che vuole disperatamente ritrovare la fede), stringeranno sempre più il cerchio intorno all’orso, in una caccia implacabile e ricca di colpi di scena, fino a un epilogo affatto scontato, capace di lasciare molti interrogativi al lettore, di aprirgli la mente rispetto alle coordinate della vita e della sopravvivenza.
Il predatore, con il suo ritmo teso, e al contempo capace di rallentare con sequenze descrittive di ampio respiro, mette in luce la difficile relazione tra l’uomo e l’animale, la sete di potere (gustosamente e sconfortantemente bipede), e la fragilità dell’uomo davanti alle grandi prove che la natura gli mette davanti. È una storia di grande dignità selvatica e di bassezze pensanti, di doppiogiochisti e di omuncoli che dichiarano il proprio amore per il territorio in cui sono collocati, ma che fanno di tutto per distruggere le tracce di cultura naturale e sociale che lo caratterizzano, quel territorio.
Il predatore, è un ottimo romanzo, che emerge da un diffuso piattume letterario nazionale. Una lettura appassionante e intelligente.
“Lombard scuote la testa, deluso. Si aggrappa allo scaffale e, barcollando, si sfila le scarpe e punta. Poi si tira un po’ su i pantaloni e, gemendo e sospirando, si mette in ginocchio davanti alla scrivania, vi appoggia la fronte, e con la mano destra abbassa leggermente il colletto della camicia scoprendo la pelle davanti a Tomer, che trema come una foglia. Fuori il vento sferza le finestre sibillando. Fa vibrare i vetri. I primi raggi di sole proiettano strisce nel buio. Tomer arma il fucile. Lombard sospira.”
Grottesco, ironico, surreale, Il cannibale si insinua nelle precarietà del lavoro e tra le maglie cancerogene del profitto economico a tutti i costi. L’autore olandese è capace di far immergere il lettore in un’atmosfera tesa e straniante, di far riflettere sulla dicotomia personale-professionale e sulle ingiustizie, tollerate, del vivere contemporaneo.
“Lo avevo fatto perché la vita dei neri era dura, dove ero cresciuto io. La logica dell’infanzia non si era mai dimostrata sbagliata. Se un uomo portava catene d’oro, qualcuno lo avrebbe colpito in testa. Se aveva un aspetto benestante, le donne lo avrebbero trascinato a letto tirandolo per il pisello per poi colpirlo con una causa di paternità nove mesi dopo. Se era una donna ad avere soldi, l’uomo l’avrebbe picchiata sino a quando lei non ne poteva più.”