Il 31 marzo i cittadini turchi sono chiamati a eleggere i propri sindaci in quelle che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha definito le sue “ultime elezioni”. Per il capo di Stato turco, il risultato delle urne di fine marzo sarà decisivo per il futuro del suo partito, l’Akp, uscito vincitore dalle ultime elezioni nazionali ma alle prese con una crisi economica da cui il Paese fatica a uscire. All’interno del partito sono anche aperte da tempo le discussioni sulla successione al Sultano, che secondo le attuali previsioni costituzionali non può ripresentarsi nuovamente alle elezioni. La riforma approvata con un referendum nel 2017 prevede un massimo di due mandati e il presidente turco ha ormai raggiunto questo limite.
Ma le consultazioni municipali sono importanti anche per l’opposizione e in particolare per il partito di tradizione kemalista Chp che a giugno 2023 ha messo in discussione la rielezione a presidente di Erdogan. Il candidato Kemal Kilicdaroglu ha strappato al leader di Ankara la vittoria al primo turno, anche se non è stato poi in grado di arrivare alla presidenza della Turchia. A giocare contro l’opposizione è stato anche il controllo che Erdogan esercita su media, giustizia e sul Consiglio elettorale. Un controllo che il presidente sta sfruttando anche in occasione di questo nuovo turno elettorale.
Il voto del 31 marzo si estende a tutta la nazione, ma gli occhi sono puntati su Istanbul, Ankara e sulle città costiere dell’Egeo. Ankara è la capitale politica della Turchia, mentre Istanbul rappresenta il cuore economico del Paese ed entrambe le città sono in mano all’opposizione kemalista dal 2019. La prima è guidata da Mansur Yavaş, la seconda invece da Ekrem Imamoglu, diventato una delle figure politiche più note in Turchia.
La vittoria del Chp alle elezioni municipali di cinque anni fa è stata possibile anche grazie al sostegno dell’Hdp – il partito filo-curdo rinominatosi di recente Dem – ma questa volta non è stato raggiunto alcun accordo tra le parti politiche. I curdi hanno presentato il proprio candidato e anche l’alleanza tra i partiti di opposizione nata in occasione delle presidenziali e nota come il Tavolo dei Sei si è ormai sciolta. Solo il Buon paritto (Iyi Partisi) ha dato il suo appoggio a Imomoglu. Il Chp dunque deve vedersela quasi da solo e la pluralità di candidati rischia di creare una dispersione di voti poco utile per l’opposizione a Erdogan.
Anche per il partito kemalista – di impostazione laica e repubblicana – il voto di marzo avrà degli effetti sugli equilibri interni. In caso di sconfitta, l’ex segretario e candidato alle scorse presidenziali Kilicdaroglu sarebbe pronto a rivendicare la guida del partito, da cui è stato estromesso dopo la sconfitta di giugno dall’ala riformatrice del Chp. A quello stesso ruolo però aspira anche il sindaco di Istanbul. Se dovesse essere riconfermato, Imamoglu si farà quasi certamente avanti come nuovo segretario del Chp, diventando anche il candidato per le Presidenziali del 2028. Sullo sfondo però restano i processi giudiziari contro il sindaco uscente che potrebbero mettere fine alla sua carriera politica.
Al momento i sondaggi danno in vantaggio il partito kemalista a Istanbul, Ankara e nell’Egeo, mentre l’Akp può contare sulle sue roccaforti in Anatolia centrale e sul mar Nero, secondo una divisione dei consensi che ricorda quella già vista nelle elezioni nazionali. L’Akp però punta a riconquistare le due città più grandi del Paese e in particolare Istanbul, da dove ha preso il via il successo politico dello stesso Erdogan. A inficiare le possibilità di vittoria del partito del presidente sono anche altre due formazioni estremiste, il Refah (Nuovo partito della prosperità) e lo Zafer (Partito della vittoria): entrambi hanno presentato i propri candidati dopo aver sostenuto Erdogan alle presidenziali e potrebbero sottrarre voti al candidato di Istanbul, Murat Kurum.
Figura storica dell’Akp ma poco carismatica, Kurum ha guidato a lungo gli uffici di Ankara e Istanbul dell’azienda costruttrice di Stato Toki, usata da Erdogan per guadagnare consensi e stringere alleanze con il settore dell’edilizia, fondamentale per il suo successo politico decennale. Il candidato dell’Akp ha quindi gestito i programmi di rinnovamento edilizio di entrambe le città, sostituendo i vecchi edifici con case costruite secondo i parametri antisismici stabiliti dopo il terremoto che nel 1999 colpì proprio Istanbul. Dal 2018 a metà 2023 Kurum è stato poi ministro dell’Ambiente. Il suo profilo si adegua perfettamente a una delle tematiche al centro di questa nuova tornata elettorale: la riqualificazione edilizia. Dopo il terremoto che a febbraio del 2023 ha distrutto il sud della Turchia, diverse municipalità hanno lanciato l’allarme sul rischio sismico e l’inadeguatezza degli immobili. Tra queste rientra anche Istanbul.
A influenzare l’intenzione di voto dei cittadini è anche la crisi economica: l’inflazione ha quasi raggiunto il 70%, il valore della lira continua a svalutarsi e il potere di acquisto delle famiglie è in diminuzione. Eppure negli ultimi mesi Erdogan ha imposto un cambio drastico delle politiche economiche, riuscendo a ripristinare in parte la fiducia degli investitori esteri, ma senza imporre misure impopolari come la riduzione della spesa pubblica. Come spiegato bene dall’economista Mustafa Sonmez su al-Monitor, è probabile che Erdogan stia rimandando l’applicazione di alcune riforme a dopo le elezioni per non perdere voti.
Intanto il presidente continua a usare il suo controllo sui media per limitare l’esposizione dell’opposizione, mentre si moltiplicano gli arresti dei giornalisti e dei curdi, come si è visto in occasione del capodanno curdo celebrato il 21 marzo. Il voto di questi ultimi, nonostante la mancata alleanza con il Chp, potrebbe essere decisivo per i risultati elettorali, ma non è detto che l’esito del voto nella regione a maggioranza curda sarà effettivamente rispettato. Centinaia di sindaci eletti nel 2019 sono stati rimossi con l’accusa di terrorismo, largamente strumentalizzata dal governo contro i propri oppositori, e il copione potrebbe ripersi anche questa volta.
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Elezioni amministrative in Turchia, l’ultimo test elettorale di Erdogan: con le opposizioni divise vuole riprendersi Istanbul e Ankara
Il 31 marzo i cittadini turchi sono chiamati a eleggere i propri sindaci in quelle che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha definito le sue “ultime elezioni”. Per il capo di Stato turco, il risultato delle urne di fine marzo sarà decisivo per il futuro del suo partito, l’Akp, uscito vincitore dalle ultime elezioni nazionali ma alle prese con una crisi economica da cui il Paese fatica a uscire. All’interno del partito sono anche aperte da tempo le discussioni sulla successione al Sultano, che secondo le attuali previsioni costituzionali non può ripresentarsi nuovamente alle elezioni. La riforma approvata con un referendum nel 2017 prevede un massimo di due mandati e il presidente turco ha ormai raggiunto questo limite.
Ma le consultazioni municipali sono importanti anche per l’opposizione e in particolare per il partito di tradizione kemalista Chp che a giugno 2023 ha messo in discussione la rielezione a presidente di Erdogan. Il candidato Kemal Kilicdaroglu ha strappato al leader di Ankara la vittoria al primo turno, anche se non è stato poi in grado di arrivare alla presidenza della Turchia. A giocare contro l’opposizione è stato anche il controllo che Erdogan esercita su media, giustizia e sul Consiglio elettorale. Un controllo che il presidente sta sfruttando anche in occasione di questo nuovo turno elettorale.
Il voto del 31 marzo si estende a tutta la nazione, ma gli occhi sono puntati su Istanbul, Ankara e sulle città costiere dell’Egeo. Ankara è la capitale politica della Turchia, mentre Istanbul rappresenta il cuore economico del Paese ed entrambe le città sono in mano all’opposizione kemalista dal 2019. La prima è guidata da Mansur Yavaş, la seconda invece da Ekrem Imamoglu, diventato una delle figure politiche più note in Turchia.
La vittoria del Chp alle elezioni municipali di cinque anni fa è stata possibile anche grazie al sostegno dell’Hdp – il partito filo-curdo rinominatosi di recente Dem – ma questa volta non è stato raggiunto alcun accordo tra le parti politiche. I curdi hanno presentato il proprio candidato e anche l’alleanza tra i partiti di opposizione nata in occasione delle presidenziali e nota come il Tavolo dei Sei si è ormai sciolta. Solo il Buon paritto (Iyi Partisi) ha dato il suo appoggio a Imomoglu. Il Chp dunque deve vedersela quasi da solo e la pluralità di candidati rischia di creare una dispersione di voti poco utile per l’opposizione a Erdogan.
Anche per il partito kemalista – di impostazione laica e repubblicana – il voto di marzo avrà degli effetti sugli equilibri interni. In caso di sconfitta, l’ex segretario e candidato alle scorse presidenziali Kilicdaroglu sarebbe pronto a rivendicare la guida del partito, da cui è stato estromesso dopo la sconfitta di giugno dall’ala riformatrice del Chp. A quello stesso ruolo però aspira anche il sindaco di Istanbul. Se dovesse essere riconfermato, Imamoglu si farà quasi certamente avanti come nuovo segretario del Chp, diventando anche il candidato per le Presidenziali del 2028. Sullo sfondo però restano i processi giudiziari contro il sindaco uscente che potrebbero mettere fine alla sua carriera politica.
Al momento i sondaggi danno in vantaggio il partito kemalista a Istanbul, Ankara e nell’Egeo, mentre l’Akp può contare sulle sue roccaforti in Anatolia centrale e sul mar Nero, secondo una divisione dei consensi che ricorda quella già vista nelle elezioni nazionali. L’Akp però punta a riconquistare le due città più grandi del Paese e in particolare Istanbul, da dove ha preso il via il successo politico dello stesso Erdogan. A inficiare le possibilità di vittoria del partito del presidente sono anche altre due formazioni estremiste, il Refah (Nuovo partito della prosperità) e lo Zafer (Partito della vittoria): entrambi hanno presentato i propri candidati dopo aver sostenuto Erdogan alle presidenziali e potrebbero sottrarre voti al candidato di Istanbul, Murat Kurum.
Figura storica dell’Akp ma poco carismatica, Kurum ha guidato a lungo gli uffici di Ankara e Istanbul dell’azienda costruttrice di Stato Toki, usata da Erdogan per guadagnare consensi e stringere alleanze con il settore dell’edilizia, fondamentale per il suo successo politico decennale. Il candidato dell’Akp ha quindi gestito i programmi di rinnovamento edilizio di entrambe le città, sostituendo i vecchi edifici con case costruite secondo i parametri antisismici stabiliti dopo il terremoto che nel 1999 colpì proprio Istanbul. Dal 2018 a metà 2023 Kurum è stato poi ministro dell’Ambiente. Il suo profilo si adegua perfettamente a una delle tematiche al centro di questa nuova tornata elettorale: la riqualificazione edilizia. Dopo il terremoto che a febbraio del 2023 ha distrutto il sud della Turchia, diverse municipalità hanno lanciato l’allarme sul rischio sismico e l’inadeguatezza degli immobili. Tra queste rientra anche Istanbul.
A influenzare l’intenzione di voto dei cittadini è anche la crisi economica: l’inflazione ha quasi raggiunto il 70%, il valore della lira continua a svalutarsi e il potere di acquisto delle famiglie è in diminuzione. Eppure negli ultimi mesi Erdogan ha imposto un cambio drastico delle politiche economiche, riuscendo a ripristinare in parte la fiducia degli investitori esteri, ma senza imporre misure impopolari come la riduzione della spesa pubblica. Come spiegato bene dall’economista Mustafa Sonmez su al-Monitor, è probabile che Erdogan stia rimandando l’applicazione di alcune riforme a dopo le elezioni per non perdere voti.
Intanto il presidente continua a usare il suo controllo sui media per limitare l’esposizione dell’opposizione, mentre si moltiplicano gli arresti dei giornalisti e dei curdi, come si è visto in occasione del capodanno curdo celebrato il 21 marzo. Il voto di questi ultimi, nonostante la mancata alleanza con il Chp, potrebbe essere decisivo per i risultati elettorali, ma non è detto che l’esito del voto nella regione a maggioranza curda sarà effettivamente rispettato. Centinaia di sindaci eletti nel 2019 sono stati rimossi con l’accusa di terrorismo, largamente strumentalizzata dal governo contro i propri oppositori, e il copione potrebbe ripersi anche questa volta.
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
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"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
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Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.