Si chiama “Ai anxiety” ed è il sentimento negativo che terrorizza sempre di più i lavoratori (uno su tre solo negli Usa)
In futuro saranno i medici robot a svolgere gli interventi in sala operatoria, come sulle astronavi dei film di fantascienza. Alle reception degli hotel a guidare il check-in saranno solo umanoidi, come già sperimentato in Giappone. E dietro il bancone del bar, a servire cocktail, saranno baristi con sembianze umane solo fino alla vita. Inquietanti come il barman di “Shining”. I giornalisti che fine faranno? Spariranno dalla faccia della terra perché non serviranno più (non dite che vi dispiace). Il motivo? Ormai c’è l’Intelligenza artificiale. Quella copiona di Ai che fa ricerche, produce e assembla i contenuti.
Si chiama “Ai anxiety” ed è il sentimento negativo che terrorizza sempre di più i lavoratori (uno su tre solo negli Usa). Dalla paura di essere sostituiti, al timore che l’Ai venga utilizzata senza rispettare le normative vigenti, fino all’ansia generata dalle sue applicazioni nel quotidiano. Ecco le preoccupazioni che stanno colpendo la forza lavoro globale. Nel Regno Unito questa paura coinvolge il 32 per cento degli adulti, mentre in Germania è la Gen Z a temere maggiormente l’Artificial intelligence. E in Italia? Il 77 per cento dei professionisti vede nell’innovazione tecnologica un nemico.
Le prime conferme di questo fenomeno arrivano dal portale Scientific American che di recente ha lanciato un vero e proprio ‘alert’ denominato “Ai anxiety”, che focalizza l’attenzione soprattutto sull’universo lavorativo. Emerge un interessante approfondimento elaborato da Business Insider: un lavoratore su tre negli Usa è terrorizzato all’idea che l’intelligenza artificiale diventi parte integrante della quotidianità lavorativa.
I motivi? Innumerevoli: dalla paura che l’innovazione tecnologica possa sostituire l’umano al timore che i leader o datori di lavoro ne sfruttino le potenzialità senza rispettare le normative vigenti, fino alla preoccupazione di non essere formati a sufficienza per poterne applicare le potenzialità giorno dopo giorno. Questo è ciò che emerge da una serie di ricerche condotte da Espresso Communication per l’Ai Week.
Il trend non coinvolge, però, solo gli Stati Uniti ma anche l’Europa. Conferme in merito giungono da un recente approfondimento realizzato da The Independent: solo nel Regno Unito, infatti, l’Ai anxiety coinvolge il 32 per cento dei lavoratori. Mentre in Germania, stando a quanto riportato da Yahoo Finance, l’intelligenza artificiale è l’incubo della Gen Z. E in Italia? L’ultimo Osservatorio elaborato dal Politecnico di Milano non lascia spazio a dubbi: il 77 per cento dei lavoratori italiani è seriamente preoccupato per la diffusione e l’applicazione dell’innovazione tecnologica in azienda.
Esistono delle soluzioni a supporto di manager e leader d’impresa per invertire il trend e calmare le acque in azienda? La risposta arriva da esperti del Bel Paese come Giacinto Fiore e Pasquale Viscanti, fondatori della community “Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice” e organizzatori dell’Ai Week, evento di punta del settore in programma dall’8 al 12 aprile con due giornate (9-10 aprile) in presenza al Palacongressi di Rimini. L’obiettivo? Fare cultura sull’Ai e avvicinare le aziende alle sue incredibili potenzialità in ambito lavorativo. “Considerando la velocità con cui l’Ai si sta diffondendo in tutto il mondo e in tutte le principali industrie operative, è assolutamente normale che ci sia della preoccupazione o addirittura dell’ansia tra i cittadini e i professionisti di tutto il mondo”, spiegano i due esperti.
“Non è normale, però, lasciare tutto così come sta senza provare a cambiare le cose. In primis, è importante conoscere l’intelligenza artificiale e quindi promuovere delle sessioni di training o dei corsi di formazione in azienda. Non solo. Una delle figure lavorative più richieste nel corso dell’anno sarà quella di un “Ai expert”, che consigliamo d’inserire all’interno di ogni azienda”, avvisano. Il messaggio principale da diffondere? La tecnologia non è e non sarà mai un sostituto dell’uomo in quanto tale, bensì un supporter capace di perfezionare e velocizzare l’operatività quotidiana.
Come rasserenare l’ambiente? Puntando sulla formazione, sull’inserimento di un AI expert e sulla condivisione di regolamenti ad hoc da seguire alla lettera. Guido Scorza, componente del Collegio del Garante della Privacy, afferma: “L’Ai ci dischiuderà opportunità straordinarie e alla fine il saldo del suo impatto sulla società sarà positivo. Ma la condizione necessaria perché non generi ansia è che tutti siano posti nella condizione di usarla in maniera consapevole”. E aggiunge: “Quando le regole non arrivano in tempo la tecnologia diventa essa stessa regolamentazione e plasma la vita delle persone più delle leggi che escono da Parlamenti e Governi. È un rischio che va scongiurato. Dobbiamo governare l’Ai, non vietarne l’uso e, di conseguenza, non lasciarci governare dalla stessa intelligenza artificiale”.
A seguito di quanto espresso da Scorza, ecco, quindi, i cinque consigli degli esperti del settore per debellare l’Ai anxiety e tranquillizzare i dipendenti in azienda.
L’intelligenza artificiale non è stata progettata per essere un sostituto dell’uomo in carne e ossa ma un aiutante in grado di perfezionare l’operatività. Questo è il messaggio da diffondere nelle aziende secondo gli esperti. Nessun timore. Hal 900, il cervellone del capolavoro di Kubrick “2001: Odissea nello spazio” è solo il personaggio di un film. Però, se a un certo punto il super segretario tecnologico comincerà a cantare filastrocche in azienda, solo allora ci sarà da preoccuparsi.