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Raid israeliano sugli operatori umanitari a Gaza: chi erano le vittime e cosa fa l’ong Wck fondata dallo chef pluripremiato José Andrés

Dare cibo e acqua a tutti, il prima possibile. Nei territori devastati da guerre e bombardamenti, da terremoti, uragani, inondazioni o incendi. Così, in un video di presentazione, il celebre cuoco e ristoratore ispano-americano, José Ramón Andrés Puerta, spiega l’obiettivo della sua World central kitchen, organizzazione non governativa che si occupa di fornire pasti freschi in contesti di crisi e per la quale lavoravano i 7 volontari uccisi in un raid dell’esercito israeliano. Fondata dallo chef nel 2010 in occasione del devastante terremoto di Haiti, la Wck ha proseguito il proprio impegno negli anni successivi, portando aiuti in moltissimi paesi, come la Turchia, l’Ucraina, il Marocco e, negli ultime settimane, la Striscia di Gaza dove la mancanza di cibo e acqua potabile ha condotto la popolazione palestinese alla fame con gravissimi casi, anche letali, di malnutrizione tra i bambini. A metà marzo, insieme alla Open Arms, la Wck ha aperto il primo corridoio umanitario marittimo, portando con una nave attraccata a un molo temporaneo davanti alle coste di Gaza l’equivalente di 37 milioni di pasti.

“Queste sono persone, angeli, con cui ho prestato servizi in Ucraina, Gaza, Turchia, Marocco, Bahamas, Indonesia. Non sono senza volto, non sono senza nome” ha scritto Andrés in un post su Twitter per ricordare gli operatori vittime dell’attacco. Tre di loro sono internazionali. Dei loro corpi martoriati sono state diffuse le immagini sui social, insieme alle foto dei loro passaporti aperti. Il primo nome confermato è quello della 44enne di Melbourne Lalzawmi Frankcom, detta Zomi. Lavorava per l’ong di Andrés da 5 anni e solo una settimana fa era apparsa in un video social in cui mostrava sorridente la cucina montata Deir al-Balah e i pasti a base di riso speziato, verdure e carne stufata preparati dallo chef Oli. L’annuncio della sua morte è stato dato dallo stesso premier australiano, Anthony Albanese. “Aveva una gioia di vivere, un cuore per il servizio” racconta una sua ex collega, che la descrive come “una persona instancabilmente positiva che poteva farsi amici per tutta la vita anche nelle situazioni più difficili”. Il suo lavoro l’aveva portata in giro per il mondo, dalla California devastata dal fuoco alla Turchia e oltre: “Ha stretto un legame con ogni comunità in cui ha lavorato. Il suo senso di responsabilità verso le persone che serviamo e il suo impegno per fare il possibile è stato davvero speciale. E questo spirito l’aveva portata a Gaza”.

A morire nell’attacco anche il polacco Damian Sobòl, 35 anni. “Un giovane straordinario, amato da tutti, non ci sono parole per descrivere i sentimenti delle persone che lo conoscevano”, spiega il sindaco della cittadina Przemyśl, Wojciech Bakun. Anche lui appare in un video girato a Gaza e pubblicato su Instagram 4 settimane, in cui mostra un impianto per la depurazione dell’acqua montato per i civili di Rafah. Un’altra delle vittime è Saif Issam Abu-Taha, autista e interprete palestinese che lavorava con la World Central Kitchen, secondo quanto riferito alla Cnn da fonti mediche dell’ospedale Al Aqsa, dove sono stati portati i corpi dei sette cooperanti.

“Ho il cuore spezzato e sono addolorato per le loro famiglie e amici e per tutta la nostra famiglia Wck” ha detto lo chef. Nato in Spagna e con doppia cittadinanza dal 2013, Jose Andrés è proprietario di diversi locali negli Stati Uniti. È professore e fondatore del Global food institute alla George Washington University e negli anni ha ricevuto numerosi premi sia per la sua attività in cucina, sia per quella umanitaria. Per la sua capacità di mettere le sue conoscenze al servizio delle persone in difficoltà e in situazioni di emergenza nel 2019 è stato candidato al Nobel per la pace. Il progetto di World central kitchen nasce dopo un suo viaggio nell’Haiti devastata dal terremoto. Aveva cucinato insieme alle famiglie sfollate in un campo, toccando con mano il dramma della popolazione e tutte le difficoltà delle operazioni umanitarie. “Non si trattava solo di nutrire le persone bisognose: si trattava di ascoltare, imparare e cucinare fianco a fianco con le persone colpite dalla crisi” si legge sul sito dell’ong. “Questo è il vero significato del comfort food ed è il valore fondamentale che José, insieme a sua moglie Patricia, ha utilizzato al centro della fondazione di World Central Kitchen”