Per sostenere le persone nello spettro autistico, serve investire sul Progetto di vita dei singoli. Che vuol dire costruire un percorso individuale diverso per ciascuno e sempre attento alle nuove esigenze. E soprattutto, mettere al centro la dignità. Oggi 2 aprile, Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, l’appello di genitori, associazioni e caregiver è perche si mettano al centro le persone. E perché vengano affrontate le criticità ancora presenti in Italia e non solo.
In Italia, secondo l’Osservatorio Nazionale Autismo, 1 bambino su 77, nella fascia d’età tra i 7 e i 9 anni, presenta un disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza maggiore nei maschi. Si stima che il numero di persone autistiche sia in crescita, pari a circa 600mila, e si avvii a superare l’1% della popolazione italiana. Tante le problematiche segnalate: i percorsi diagnostici con attese che raggiungono i 18 mesi e le conseguenti Terapie non facilmente accessibili, molto onerose e quasi totalmente a carico delle famiglie; l’annosa carenza di docenti di sostegno specializzati; la grande disomogeneità nel welfare fra Regioni. In generale, la transizione alla vita adulta è estremamente problematica per mancanza di Progetti di Vita (PdV) e di Budget di Salute. E poi c’è la fragilità della Legge 112/16, conosciuta come Legge sul Dopo di Noi, avversata per la resistenza del sistema-welfare da tempo ormai avviato verso forme di sanità privata a scapito dell’inclusione reale delle persone fragili.
L’importanza della dignità della persona nel Progetto di Vita – “La realizzazione efficace del Progetto di vita”, spiega Pierluigi Frassineti, vice presidente FIDA (Forum Italiano Diritti Autismo), “avviene solo con l’adozione di politiche di integrazione socio-sanitaria che mettano al centro la persona e non il servizio, adottando criteri e metodologie uniformi”. Ma che cos’è il PdV? “E’ l’incubatore dei diritti, bisogni, desideri e prospettive di vita della persona, nonché l’asse portante delle strategie di cura e assistenza long-life: è fondamentale il suo aggiornamento anno per anno per adeguarlo a nuove o diverse esigenze”. In sostanza, un Progetto che sia creativo, flessibile, lungimirante. “Integrazione socio-sanitaria e PdV – continua Frassinetti – sono il terreno su cui si misura la qualità delle Politiche Sociali messe in campo e da cui discende a cascata tutto il necessario adeguamento di un welfare che possa definirsi equo, efficiente e umano”. Secondo il vicepresidente di Fida purtroppo oggi il PdV, al contrario, è scarsamente preso in considerazione a livello locale sebbene, se presente, applicato in forme e contenuti largamente rivedibili. Fida evidenzia uno degli aspetti teorici e pratici più delicati, quello della dignità delle persone autistiche contro il loro declassamento a numero, entità senza storia. “L’aspetto etico della dignità deve essere al centro, declinato in ogni capitolo del PdV insieme alle buone prassi dell’Assistenza, Educazione e Terapia nell’età evolutiva, del Lavoro, delle Autonomie, della Riabilitazione, delle persone e dei contesti in cui vivono e lavorano e di un cambio di paradigma nel Welfare”. Proprio per approfondire questi temi, FIDA ha organizzato a Roma insieme all’associazione L’Ortica e la Fondazione Oltre il Blu il convegno: “La dignità della persona nel Progetto di Vita”. E quelle che seguono sono una serie di esperienze positive illustrate durante l’incontro.
“Partire dal talento individuale per costruire prospettive di vita soddisfacenti” – Troppo spesso le persone autistiche vengono descritte attraverso le loro difficoltà. “È necessario cambiare il punto di vista, a volte anche da parte dei genitori. Osservare chi abbiamo di fronte e puntare tutto su qualità e talenti, per generare un circolo virtuoso che migliori la stima di sé e produca benessere e serenità”. A dirlo è Alessandra Sottocornola, architetta e madre caregiver di Sofia. Nel 2017 fa nascere il progetto Girandola – Sofiawheel a Lecco, finalizzato alla creazione di una realtà lavorativa gratificante per la figlia e per altre persone con disabilità. La sua esperienza di genitore ha cercato di tendere in questa direzione: “La spiccata manualità fine di mia figlia è l’elemento generante del progetto. Lavori con la carta, ricamo, maglieria, intrecci con vari materiali, ci hanno portato in pochi anni alla possibilità di fare corsi e laboratori nelle scuole e nei Centri estivi e di partecipare a fiere e mercati, permettendo a Sofia di trasmettere il proprio sapere agli altri e di comunicare con loro attraverso il fare”.
“Dopo la scuola il vuoto, come organizzare efficacemente la giornata” – Altra iniziativa positiva è quella dell’associazione “L’emozione non ha voce” di Roma, fondata nel 2012 da Corrado Sessa, Fausto Linari e altri papà con la finalità di offrire attività ludico sportive e non solo. Dal 2017 la loro sede si sposta all’interno del maneggio prospicente a Villa Glori e nasce il progetto A.I.A. acronimo di Autistici in Azione. “Rispondiamo alla crescente necessità di offrire un percorso occupazionale, dato che alla fine del ciclo scolastico le famiglie non trovano riposte adeguate”, racconta Alessandra Cortini, mamma caregiver con figlio autistico, presenza attiva in molte associazioni locali. “A.I.A. offre in autofinanziamento– spiega Cortini – una settimana di attività scandite da un calendario ricco di proposte in base alle attitudini specifiche di ogni persona, che vanno dalla riabilitazione equestre, alla vendita dei prodotti dell’orto coltivato dai ragazzi, falegnameria”. Favoriscono la possibilità di trascorrere le giornate acquisendo abilità da riproporre poi nel quartiere dove i ragazzi girano per vendere i propri prodotti. “Realizziamo eventi per coinvolgere gli abitanti della zona il cui scopo è fare cultura sull’autismo, creare una rete di solidarietà e supporto reciproco”. Nell’ultimo anno i giovani sono stati impegnati come improvvisati modelli in sfilate e come camerieri in aperi-pranzo, “tutte iniziative che hanno riscosso un certo successo di pubblico”.
“L’inclusione lavorativa come progetto culturale inclusivo” – Un innovativo concept di imprenditoria sociale in cui coniugare, nello stesso luogo ma in orari diversi, un progetto culturale come un Museo di racconti sulla disabilità e un progetto gastronomico e commerciale come un Bistrot dove lavorano, a vario titolo, anche 12 persone autistiche e con disabilità intellettiva. Si chiama Come un Albero Museo Bistrot, si trova a Roma ed è stato realizzato grazie a una donazione testamentaria. “La mission del Museo, aperto la mattina e allestito come una casa, è di far riflettere i visitatori sui temi dell’inclusione e delle sue contraddizioni, attraverso storie di vita, nascoste nei vari ambienti domestici, ognuno dedicato a un tema specifico”, spiega Stefano Onnis, presidente della Onlus Come un Albero. Poi a pranzo il locale si trasforma in Bistrot, coinvolgendo persone con disabilità intellettive o autistiche nel servizio di sala e in cucina. I percorsi di inserimento lavorativo avvengono, previo un periodo formativo, senza il supporto di un’équipe socio-sanitaria, ma semplicemente con la supervisione costante dei colleghi con cui il lavoro viene condiviso. “I risultati sono evidenti con una migliore qualità di vita dei protagonisti”, dice Onnis.
Budget di Salute: progettazione sperimentale del Centro polivalente per l’autismo Proxima – Un recente esempio virtuoso che unisce il pubblico e Terzo settore. Tutelare la dignità della persona con disabilità attraverso il suo progetto personalizzato di vita. “Questo è l’obiettivo che Regione Lazio si è dato con l’attivazione dei nuovi Centri polivalenti per l’autismo”, dice Maurizio Ferraro, papà caregiver di una figlia autistica e presidente della Cooperativa Sociale Garibaldi di Roma. E’ referente di Proxima, Centro polivalente per l’inclusione sociale e lavorativa di giovani adulti autistici finanziato con un bando della Regione Lazio. “E’ giusto raccontare le buone prassi quando ci sono”, evidenzia, “attivando i Centri polivalenti la Regione interviene, da una parte promuovendo un cambio radicale, sistemico sulla attuale organizzazione dei servizi, ed in particolare quelli a tutela delle persone disabili, dall’altra suggerisce ed impegna le famiglie ad un ruolo di maggiore protagonismo ed azione nei confronti dei servizi stessi”. Progetto di Vita e Budget di Salute sono le parole d’ordine che più spesso vengono evocate come perni dell’innovativa elaborazione sistemica del nuovo welfare, mentre il vecchio welfare persevera nella superata logica dei servizi frammentati e standardizzati. L’importanza di un cambio di prospettiva è evidente. “I Centri polivalenti rappresentano il primo tentativo che l’istituzione regionale ha prodotto affidando al Terzo settore un ruolo da protagonista nella direzione dell’amministrazione condivisa dove famiglie, enti selezionati con bandi, pubblica amministrazione, attraverso PdV e Budget di Salute, concretamente agiscono nella giusta direzione, quella del tutelare la dignità della persona”, conclude.