Un vero e proprio ‘Erasmus delle PA’. Questo è il progetto Pace – Public Administration Cooperation Exchange – il programma di scambio fra amministrazioni pubbliche degli stati membri dell’Unione Europea che ha visto, nell’ambito della sessione italiana organizzata a Roma dal 4 al 7 marzo dal Dipartimento della Funzione Pubblica, esponenti delle pubbliche amministrazioni greche, francesi e portoghesi confrontarsi nella sede della Flp. Un’occasione preziosa per acquisire nuovi spunti e punti di vista da portare avanti nella costruzione di un sistema delle PA evoluto. Perché oggi rappresentare una pubblica amministrazione significa anche passare per la conoscenza, come quella delle altre esperienze europee.

E proprio da queste giornate di lavoro è emersa la fragilità del settore italiano e le sfide del futuro del nostro Paese. Basti guardare all’Europa e a come nelle altre pubbliche amministrazioni dei paesi membri esista una maggiore attenzione e un’importanza strategica dei servizi pubblici, un sistema di carriere e di progressioni che valorizza il personale delle PA. A rendere ancora più chiara questa disparità rispetto alle nostre amministrazioni pubbliche sono i numeri: 3 milioni e 200 mila i dipendenti pubblici italiani, di cui solo 2,8 milioni quelli stabilizzati. Un dato che, paragonato agli oltre 6 milioni di dipendenti pubblici della Francia, lascia emergere la drammatica carenza di personale che esiste in Italia e che potrebbe, invece, essere affrontata attraverso un piano straordinario di assunzioni. Assunzioni intese come investimento attraverso la strutturazione di un nuovo organico, più numeroso e competente, che assicurerebbe da un lato maggiore produttività e una PA più efficiente; dall’altro, genererebbe un naturale aumento dei consumi interni.

Una recente stima di Flp, infatti, mostra come un aumento di un terzo della forza lavoro nella pubblica amministrazione nei prossimi 3 anni comporterebbe per il nostro Paese un aumento del Pil del 10%.

88% è la media delle pubbliche amministrazioni locali che utilizzano ancora procedure e strumenti analogici. Un dato che porta a galla un secondo punto debole del nostro settore, ovvero una digitalizzazione che non vuole decollare. Al contrario, l’innovazione è materia di studio e oggetto di implementazione costante da parte delle amministrazioni europee. In paesi come Francia, Portogallo e Grecia post crisi, anche se con significative differenze tra loro, le nuove tecnologie rappresentano un potenziale motore di trazione trasversale che può garantire una crescita nell’ambito del proprio settore, in quello economico, così come anche nell’ambito del Pil.

50,7 anni è l’età media dei nostri dipendenti pubblici. Un dato che, secondo il rapporto della Corte dei Conti, porta l’Italia al primo posto per età media più alta dei dipendenti della PA, in un confronto con Francia, Uk, Germania e Spagna. Al problema dell’anzianità si aggiunge quello dei concorsi, sempre più disertati per diverse ragioni. Prime tra tutte, stipendi bassi e assenza di formazione, fortemente limitati da una contrattazione vincolata dalle scarse risorse economiche disponibili e da una costante invasione di campo della legge. È esplicativo il 6% dei neoassunti, la quota giovane, che abbandona dopo solo un anno la pubblica amministrazione.

Questo è dettato non solo dalla difficoltà di attrarre personale competente ma anche di trattenerlo. Non gioca a nostro favore il fatto che l’Italia si trovi attualmente al penultimo posto in materia di costo del personale sul totale della spesa della pubblica amministrazione e in rapporto al Pil in un confronto con Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna. Infine, non ultima, la formazione, che, sia in termini di tempo che di investimento, non ricopre attualmente un ruolo significativo nel percorso di crescita dei giovani nelle PA.

Ebbene, tanti i punti di riflessione stimolati dal progetto Pace, a partire da come la PA italiana dovrebbe guardare agli altri modelli europei nell’ottica di uscire da un sistema feudale e aprirsi a modelli organizzativi che siano al passo con i tempi, viceversa si rischierebbe di essere il treno più lento nella corsa al cambiamento delle organizzazioni del lavoro. La grande sfida italiana risiede, quindi, tutta nel ripartire dalla centralità del dipendente pubblico e del suo ruolo strategico per il Paese e nel debellare, una volta per tutte, lo stigma che gli è stato attribuito soprattutto negli ultimi anni.

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