Lo scorso febbraio sono aumentati sia i disoccupati che gli occupati mentre sono diminuiti gli inattivi (chi non ha e non cerca lavoro). Una prima lettura dei dati preliminari dell’Istat suggerisce che un mercato del lavoro più dinamico abbia indotto chi aveva smesso di cercare un lavoro a riprendere i tentativi, rientrando quindi tra i disoccupati (chi non ha ma cerca un impiego). Nello specifico il tasso di disoccupazione sale al 7,5% (+0,2 punti), quello giovanile al 22,8% (+0,7 punti). Gli occupati sono il 61,9% della popolazione in età lavorativa, vicino al record del 62% registrato a dicembre 2023. Il tasso di inattività, viceversa, scende al 33%(-0,2 punti). L’unico settore che rimane in sofferenza è quello dei più giovani (15- 24 anni): gli occupati diminuiscono dell’1% su base annua e dello 0,4% mese su mese mentre crescono i disoccupati e, leggermente, gli inattivi.

Gli occupati sono ora in Italia 23milioni e 773 mila, ovvero 351mila in più dell’anno prima e 41mila in più di gennaio. Il dato è la sintesi di un incremento dell’occupazione maschile che sale al 70,9% (+ 0,8 su febbraio 2023) e uno più modesto di quella femminile a 52,8 (+ 0,7). Migliora anche la composizione dei contratti. Quelli a tempo indeterminato sono 603mila in più di un anno fa e 142mila in più rispetto a gennaio. I “posti fissi” sono quasi 16 milioni, valore più alto di sempre. I contratti a termine invece diminuiscono rispettivamente di 200mila e 76mila unità. In calo anche gli autonomi (- 26mila in un mese). Nell’intera zona euro, comunica Eurostat, il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 6,5%. I paesi con la quota più elevata di persone in cerca di lavoro sono la Spagna (11.5%, in lieve calo), Grecia (11%). In Francia la disoccupazione scende leggermente al 7,4%, in Germania è stabile al 3,2%.

Secondo il presidente del centro studi Adapt, Francesco Seghezzi, quelli diffusi oggi dall’Istat sono “dati positivi che, dopo i dubbi sollevati dalla battuta di arresto di gennaio, confermano un lento ma costante cambio di volto del mercato del lavoro italiano verso una maggior presenza di occupazione permanente”. In questo contesto, “un fattore critico di cui tenere conto riguarda l’evidente rischio di ulteriore polarizzazione del mercato del lavoro, evidenziato dalla presenza sempre rilevante di occupati a termine”, poiché – spiega Seghezzi – “coloro con competenze inferiori e minor appetibilità per le imprese rischiano di restare intrappolati in una spirale di contratti di lavoro di bassa qualità che si reiterano di continuo. Per questo è quanto mai urgente oggi rimettere al centro il tema della formazione e della riqualificazione dei lavoratori”.

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