L'INTERVISTA - La penuria di uomini da mandare al fronte riapre il dibattito sul rischio di un pericoloso allargamento del conflitto che potrebbe coinvolgere anche l'Europa e la Nato. Da provocazione a rischio concreto: il direttore del Centro Studi Internazionali (Cesi), Marco Di Liddo, rilegge le dichiarazioni del presidente francese che fino a pochi giorni fa apparivano solo una provocazione
“La linea del fronte ucraino rischia un tracollo”, non solo per la mancanza di forniture tempestive, ma anche per lo scarso ricambio delle truppe impegnate da oltre due anni nella guerra contro la Russia. L’allarme lanciato da ufficiali dell’esercito di Kiev sentiti da Politico solleva di nuovo il problema delle forniture occidentali a Kiev, al quale la Nato tenterà di dare una risposta in queste ore con un nuovo pacchetto da 100 miliardi. Ma anche quello della penuria di uomini da mandare al fronte, tema che rischia di provocare un pericoloso allargamento del conflitto che potrebbe coinvolgere anche l’Europa e la Nato. Partendo da questo, come spiega a Ilfattoquotidiano.it il direttore del Centro Studi Internazionali (Cesi), Marco Di Liddo, vanno rilette le dichiarazioni belliciste del presidente francese, Emmanuel Macron, e di alcuni leader europei che non hanno escluso la possibilità di invio di truppe europee sul campo di battaglia ucraino. Se l’intenzione è davvero quella di tenere in piedi la resistenza militare Ucraina a qualsiasi costo, allora queste dichiarazioni non possono essere considerate una boutade politica: “Si tratta di una possibilità estrema, ma che in questo contesto non può essere esclusa”.
Mentre la Russia, stando alle dichiarazioni di Kiev, si prepara a mobilitare altri 300mila uomini da spedire al fronte, Zelensky è costretto ad abbassare l’età per il reclutamento da 27 a 25 anni. È il ricambio di truppe, al momento, il principale problema dell’Ucraina?
È chiaro da mesi che la sopravvivenza militare dell’Ucraina è legata alle forniture di munizioni. In questo momento, più che degli F-16, comunque molto validi, Kiev ha bisogno di munizionamento d’artiglieria e di difesa anti-aerea perché l’iniziativa del conflitto è in mano a Mosca. Allo stesso modo, come detto, deve essere presa in considerazione la sproporzione di uomini che è risolvibile solo con una nuova ondata di reclutamenti. L’ex capo delle forze armate ucraine, Valerij Zaluzhny, lo chiede da tempo, Zelensky invece si guarda bene dal procedere senza indugi perché si tratta di un provvedimento estremamente impopolare. E anche in questo contesto i calcoli politici hanno un loro peso.
Di che numeri stiamo parlando?
I numeri in realtà hanno un valore relativo. Sì, la Russia ha un numero di potenziali soldati a disposizione ben maggiore, ma il loro valore dipende da infiniti fattori, compreso l’obiettivo che ci si prefigge. Ad esempio, se devi difenderti da un’offensiva avrai bisogno di un certo numero di uomini con un certo tipo di addestramento, se invece devi attaccare avrai bisogno di altro. E su questo influisce anche la tipologia e la quantità di armamenti: un soldato, senza adeguato equipaggiamento, vale molto meno. Se proprio vogliamo andare sui numeri, Zaluzhny, a suo tempo, in base a calcoli basati su diverse variabili individuò nei 500mila arruolabili un bacino sufficiente a frenare l’avanzata russa e dare inizio a una controffensiva.
Alla luce di questo, lei ritiene che le dichiarazioni di Macron sull’ipotesi di impiegare truppe europee sul campo in Ucraina siano una semplice boutade o una possibilità concreta?
Ammetto che inizialmente, nelle prime ore, ho pensato si trattasse di una provocazione puramente politica. Ma alcune risposte e il silenzio di alcuni alleati, penso in special modo a Gran Bretagna e Polonia, mi hanno fatto cambiare idea. Non dobbiamo sottovalutare questo rischio: se la situazione dovesse mettersi troppo male per l’Ucraina – penso a un’avanzata fino alle porte di Kiev o di Odessa – oggi non si può escludere, come extrema ratio, una forma più diretta di supporto sul campo da parte di alcuni Paesi occidentali come Francia, Gran Bretagna e Polonia.