Prosegue il declino demografico italiano. Secondo gli ultimi dati di Istat, nel 2023 ci sono stati 379mila nuovi nati, un numero molto inferiore a quello dei decessi: 661mila. In parte, siamo di fronte a un effetto naturale dell’invecchiamento della popolazione, ma il numero di figli per donna è anche quello al minimo storico, intorno a 1,2. Molto più basso di quello di circa 2,1 che sarebbe necessario per mantenere la popolazione stabile. Solo l’immigrazione compensa lo sbilanciamento fra nascite e morti, evitando che l’Italia si svuoti.

Cosa sta succedendo? È un complotto dei malvagi rettiliani? Un mostruoso piano di sterminio delle potenze occulte? Troppo tempo perso sui social o a guardare TikTok? O, semplicemente, fattori naturali ed economici inevitabili? Di certo, stiamo vedendo gli effetti della cosiddetta “transizione demografica”, una drastica riduzione del numero delle nascite che avviene in parallelo alla trasformazione della società da agricola a industriale. È già avvenuto in Occidente, in Cina e in Giappone, sta avvenendo in India e in altri paesi asiatici e sudamericani. Solo nell’Africa subsahariana stiamo ancora vedendo una rapida crescita della popolazione, ma anche in quelle aree vedremo arrivare la transizione nei prossimi anni.

Si ritiene che la transizione demografica sia il risultato di fattori economici e sociologici. Mentre in una società agricola i figli sono braccia per lavorare i campi, e quindi una ricchezza, in una industriale sono un costo perché richiedono un’educazione. Nessuna sorpresa, quindi, che le famiglie dei paesi industrializzati tendano a limitare le nascite. Ma ci sono anche ipotesi correlate all’inquinamento che potrebbe ridurre la fertilità delle coppie. Si sa, per esempio, che il numero degli spermatozoi maschili sta declinando negli ultimi decenni, e che, secondo gli ultimi dati disponibili, il declino sta accelerando. La cosa è preoccupante ed è un’indicazione che c’è qualcosa che non va nell’ambiente in cui viviamo.

Estrapolando queste tendenze verso il futuro, ci possiamo aspettare che la crescita globale della popolazione umana finirà per arrestarsi, per poi iniziare il declino. Il primo studio che esaminava questa tendenza a livello quantitativo è stato “I Limiti dello Sviluppo” del 1972, il famoso rapporto sul futuro dell’umanità commissionato dal Club di Roma. Proponeva che l’effetto combinato dell’inquinamento e dell’esaurimento delle risorse avrebbe fermato la crescita della popolazione umana verso il 2050-2060, dopo aver raggiunto valori di oltre 10 miliardi di persone. Studi più recenti con modelli simili mostrano come il declino potrebbe cominciare molto prima, forse entro il 2040, senza andare oltre i nove miliardi di persone. Comunque vada, la crescita della popolazione mondiale non può continuare per sempre.

Il caso dell’Italia non è diverso da quello di altri paesi europei. Si può discutere se l’Italia sia o no un paese sovrappopolato, ma non è il caso di lamentarsi se abbiamo smesso di crescere; era comunque inevitabile. Ma con l’arrivo di tanti immigrati non sarà che, come alcuni dicono, gli Italiani sono destinati a sparire ed essere sostituiti dagli africani? Quasi certamente no, perché la transizione demografica è globale e ridurrà il surplus migratorio dei paesi oggi ancora in crescita. Siamo tutti nella stessa barca o, meglio detto, sullo stesso pianeta.

Come sempre, il futuro non si può prevedere con esattezza, ma quello che sappiamo è che le popolazioni biologiche non crescono esponenzialmente; tendono a oscillare e a stabilizzarsi per adattarsi alle risorse disponibili. Ci possiamo aspettare che qualcosa del genere arriverà anche per la popolazione umana: finirà per stabilizzarsi probabilmente su numeri inferiori agli oltre otto miliardi attuali. Sperabilmente, ci arriveremo in modo graduale, senza grossi traumi. Ma questo non è per niente ovvio con i vari guai che ci stanno arrivando addosso, fra esaurimento delle risorse, inquinamento e riscaldamento globale. Nel frattempo, i nostri leader non sembrano interessati ad altro che imbarcarsi in nuove guerre. Speriamo bene.

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