Ecco l’intervista esclusiva di FqMagazine a Pietro Orlandi, a poche settimane dalle composizione della commissione bicamerale di inchiesta parlamentare sulla scomparsa di sua sorella Emanuela avvenuta nel giugno del 1983, e su quella di Mirella Gregori, che risale al maggio di quello stesso anno. Entrambe le ragazze erano 15enni e sparirono dal centro di Roma. La storia di Emanuela, cittadina vaticana come risulta ancora oggi (e figlia di un messo papale) rappresenta uno dei “cold case” più fitti di Italia, intrecciato ai più grandi misteri della storia del nostro Paese.
Sa come procedono i lavori della commissione parlamentare appena iniziati?
“Ho molta fiducia in questa commissione. In tanti mi dicevano che era inutile, magari in passato: questa su Emanuela potrebbe cambiare le cose. Ho parlato con il presidente ed altri membri, c’è interesse ad andare avanti e arrivare alla verità nonostante il Vaticano si sia opposto a questa indagine parlamentare”.
Monsignor Sergio Pagano in un’intervista su La7 ha negato l’esistenza di un fascicolo su Emanuela. Poi però ha parlato di carte impolverate arrivate alla procura Vaticana…
“Alla presentazione di un libro, Monsignor Pagano ha detto le stesse cose, sono enormi falsità. Che lui dica che l’unico fascicolo che c’è è quello di Padre Georg per Ratzinger che contiene solo articoli di giornali è assurdo. La bugia più grande è quella sul mio avvocato Laura Sgrò che, in base a quanto dice, dopo la richiesta di accesso ai documenti su Emanuela sarebbe stata invitata in Segreteria di Stato in Vaticano per consultare questo fascicolo che contiene questi articoli, e che avrebbe anche detto “Ah, tutto qua?”. Questa è una falsità e chi ascolta e non conosce bene la storia percepisce che noi familiari abbiamo visto il fascicolo su Emanuela e che sappiamo che non contiene niente e che quindi in Vaticano non hanno nulla. Non è affatto così: l’avvocato non è mai stata convocata in Segreteria di Stato per vedere alcun fascicolo. Non ci è stato mai mostrato nulla eppure c’è, lo aveva detto lo stesso Padre Georg al mio avvocato e non parlava di ritagli di giornali. Lo aveva visto anche Paolo Gabriele, assistente del Papa, lo vide spillato sulla scrivania di Padre Georg e non erano articoli mi disse ma pagine e pagine su cui c’era scritto “Rapporto Emanuela Orlandi”. Una delle proposte fatte dal capo della gendarmeria Domenico Giani al procuratore Giancarlo Capaldo che indagò su Emanuela, nel 2012, era stata la consegna di questo fascicolo se lui avesse tolto il corpo del capo della Magliana Enrico de Pedis dalla Basilica di Sant’Apollinare allontanando il Vaticano da questo scandalo. Quando andai da Georg, nel 2011 parlammo di Emanuela e mi disse che avrebbe fatto fare delle ricerche a Giani su Emanuela: da lì è nato quel fascicolo. La cosa strana è che Diddi disse che queste ricerche lo portarono alla Ior, lui fece richiesta di accesso all’archivio dello Ior ma gli fu negato, ed era capo della gendarmeria. L’espressione detta da Pagano, “carte impolverate” è la stessa che fu utilizzata da Giani che a me disse che aveva trovato tantissime cose su Emanuela, c’era un intero faldone sulla sua scrivania, delle carte impolverate, dell’epoca, che stavano lì in Vaticano. Quel fascicolo esiste”.
Nel 2015 venne arrestato Monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, coinvolto in Vatileaks, scandalo da cui venne fuori anche un libro di Emiliano Fittipaldi su Emanuela. Crede che Balda sappia qualcosa?
“Io presumo Badda sappia qualcosa, ci ho parlato diverse volte, non credo si inventasse le cose ma mi ha sempre parlato del “segreto pontificio” facendo riferimento a “persone pericolose”. Mi ha fatto capire di sapere cosa c’è dietro la questione Emanuela e quale ambiente sia responsabile, sono convinto lui sappia dove sono i famosi allegati ovvero le 160 pagine a cui si fa riferimento nei cinque fogli trovati nella cassetta di sicurezza del Vaticano da Fittipaldi con tutte le specifiche. O li ha letti, o sa dove sono. So che Balda è stato ascoltato dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, so anche che prima di andarci ha ha detto a qualcuno “Ah, io tanto ho il segreto pontificio”. So che è stato un interrogatorio brevissimo in cui ha negato qualunque cosa, in base a quanto mi hanno detto è stato quasi preparato, non è servito a nulla”.
Nel libro “Addio, Emanuela”, Maria Giovanna Maglie pubblicò un certificato (dei Servizi spagnoli) di cremazione del corpo di sua sorella che pare facesse parte di una cassa. Crede sia la stessa che viene indicata come tumulata nella Basilica di Santa Maria Maggiore?
“Un mese fa sono andato a Santa Maria Maggiore insieme alla persona che me l’ha indicata, per verificare, visto che non lo ha fatto ancora nessuno. Ci hanno detto che da un anno non è più possibile avere accesso a quella zona perché Santa Maria Maggiore è stata commissariata e il commissario è un monsignore che sta a Santa Marta: solo lui ha accesso a quella zona. Mi hanno anche detto che da poco hanno messo tre porte chiuse a chiave prima di accedere a quella zona. Io ho provato a contattare questo commissario, gli ho scritto chiedendo un incontro riservato: ha letto il messaggio ma non mi ha risposto. Di questo ho parlato a Diddi un anno fa: hanno chiamato la persona che mi ha detto dei lavori da fare lì sotto che dice di essere andato lì? Io so che non è stato convocato né dalla Procura Vaticana né da quella italiana nonostante le due inchieste aperte. Se questa cassa è lì sotto sono andati a verificarlo? Avranno trovato qualcosa? Se non lo hanno fatto, può farlo la commissione parlamentare. Sembra che le cose scritte dalla giornalista Maglie siano vere, che i servizi stranieri abbiano fatto un lavoro sulle criticità del Vaticano ed una di queste era la storia di Emanuela. La Maglie ormai è morta ma la sua grande amica Francesca Chaquoi (membro della Cosea, coinvolta in Vatileaks, nda) può riferire su queste cose. Non penso si siano presi la briga di far cremare il suo corpo, se è vero che Emanuela sia morta a Londra come si lascia intendere nei cinque fogli. Non lo so, spetta a chi sta indagando scoprirlo. Dalle conversazioni Whatsapp emerge che anche il cardinale Abril possa sapere qualcosa”.
Crede che Papa Francesco conosca la verità su sua sorella Emanuela? Ha letto il suo libro?
“Io resto convinto che Papa Francesco sappia come sono andate le cose almeno in linea generale e che abbia dunque aperto questa inchiesta per fare luce. Mi chiedo però se qualcuno lo sta informando su come si sta comportando Diddi. Sta facendo contrario di ciò che gli ha detto. Diddi avrebbe dovuto convocare queste persone coinvolte, se avesse voluto la verità. Ho letto il libro di Francesco, è un messaggio positivo quando lui non solo esprime solidarietà verso noi familiari ma nomina due parole: inchiesta e verità di cui si evince la necessità. Deve però capire cosa sta facendo Diddi che lui stesso ha incaricato e prendere una posizione più forte se veramente vuole far emergere la verità”.
Lei ha avuto contatti con una persona vicina ai Nar che le ha confessato di aver preso parte alla segregazione di Emanuela a Londra, crede in quella pista?
“Credo molto in questa pista, ci sono troppi riferimenti precisi nei cinque fogli, rappresentano un messaggio verso qualcuno, non ha senso scrivere in quel modo, soprattutto il riferimento alle 160 pagine nelle mani di qualcuno. Il Vaticano si affrettò in un giorno a dire che erano falsi e ridicoli per un errore di forma. Questa persona vicina ai Nar, dopo avermi scritto ha eliminato tutti i suoi account, è sparita. Conosco il suo nome come ho detto e speravo la Procura mi convocasse per sapere chi fosse. Ho cercato di contattare suoi ex amici, tra cui Cristiano Fioravanti (fratello di Valerio detto Giusva, ex terrorista). Ho cercato Massimo Carminati ma pare non voglia parlare con me. Tra le cassette aperte del famoso furto del “Caveau” a Piazzale Clodio c’era anche quella del magistrato Domenico Sica che aveva indagato su Emanuela. Io non ho le stesse possibilità della procura per capire se quelle cose siano vere, secondo me sì. Il cardinale Ugo Poletti aveva scritto a un sottosegretario inglese, tale Frank Cooper, lasciando intendere che Emanuela dovesse abortire ma subito è stato detto che quella lettera era falsa perché all’epoca Poletti non era più vicario di Roma come era scritto sulla carta prestampata. Ma ho mostrato un’altra lettera del cardinale Ruini che ha scritto a Poletti dicendo di dargli la carta prestampata che aveva chiesto. Possibile che la Procura non indaghi? Non mi convochi per sapere chi è questa persona e se dice il vero? E se questi documenti facessero parte dei 160 allegati? Io sono convinto che c’è ancora un ricatto in atto, che ci sia qualcuno che ha in mano le prove di quanto è successo anche se non c’entra nulla, che è venuto in possesso delle prove. Forse mi stanno usando per lanciare messaggi, spetta ad altri verificarlo. Questa è la prima strada che dovrebbe intraprendere la commissione, inutile che indaghi sui fatti di 40 anni fa, dall’uomo dell’Avon in poi, sarebbe complicatissimo. Secondo me dovrebbe partire invece dagli ultimi elementi più importanti: la questione di Londra, l’incontro del procuratore Capaldo con i due emissari vaticani e la questione di Santa Maria Maggiore, legata alle conversazioni whatsapp”.
Dalla lettera di Poletti si deduce che a Emanuela fosse stato imposto di abortire, e ciò coincide con la visita (indicata nei cinque fogli) presso la ginecologa Lesley Regan. Ha mai provato a rintracciarla?
“Se ci vado io dalla Regan può rifiutarsi di ricevermi, questo è un lavoro investigativo che non posso fare io, spero la commissione la convochi, può anche andare a interrogarla sul posto. Lei è diventata una persona importante, responsabile di un dipartimento, all’epoca era alle prime armi”.
In questo momento ci sono tre inchieste aperte su Emanuela. Se non portassero a nulla cosa potrebbe significare?
“Se tre inchieste non faranno un solo passo verso la verità è inevitabile pensare che c’è la volontà di bloccarla da parte di qualcuno così forte da poterlo fare. Io penso qualcosa uscirà, per forza, sono positivo”.
Nel Vangelo è scritto che “Non c’è nulla di segreto che non sarà svelato”. Lei ci crede ancora, dopo oltre 40 anni?
“Io sì, è qualcun altro che dovrebbe crederci quanto me. Chi conosce questo segreto deve decidersi a rivelarlo rinunciando al segreto pontificio a cui tanti si appellano. Un passo che potrebbe fare Papa Francesco è annullarlo rispetto a chi ce l’ha e sa delle cose su Emanuela”.