A quasi un anno dalla rovinosa alluvione che ha colpito la Romagna a maggio 2023, è necessario voltare pagina nella ricostruzione. Non è possibile ricostruire senza tenere conto di quanto è successo. Quindi ricostruire sì, ma meglio e non dappertutto.
È quanto ho chiesto alla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna con un’interrogazione urgente a risposta immediata in Aula che ho discusso a metà marzo: approvare una moratoria, della durata di almeno un anno, a nuove edificazioni nelle aree alluvionate ed esondabili dell’Emilia-Romagna, seguendo l’esempio di quanto fatto dalla Regione Liguria nel 2015 dopo l’alluvione che mise in ginocchio il territorio ligure. Passata l’emergenza degli allagamenti, non si può (ri)fare tutto come prima, aprendo la strada a vecchie e nuove urbanizzazioni incuranti del principio di precauzione, come se l’alluvione fosse solo una parentesi da archiviare in fretta.
La proposta di moratoria nasce dall’urgenza di rivedere e aggiornare la pianificazione e programmazione territoriale regionale, in particolare procedendo alla redazione e adozione del nuovo Piano Territoriale Regionale nell’ottica di associare il contrasto al consumo di suolo alla sicurezza idraulica e idrogeologica, nell’interesse della tutela delle popolazioni residenti e delle attività economiche.
Le devastazioni provocate dall’alluvione, le migliaia di frane, la perdita di fertilità dei campi, i danni a case, attività produttive ed edifici di proprietà pubblica hanno sfiorato i 9 miliardi di euro, più o meno ripartiti a metà: metà a carico di soggetti pubblici e metà a carico di soggetti privati. Ora bisogna tradurre in atti concreti e conseguenti l’impegno delle istituzioni ad operare per raccogliere la lezione che ci ha impartito l’alluvione ed evitare il ripetersi di danneggiamenti di quelle dimensioni.
Il riscaldamento globale è un dato di fatto: bisogna tenerne conto con un’urbanistica e una pianificazione territoriale in grado di alimentare la resilienza dei territori, con scelte di adattamento al cambiamento climatico e non di sfida irresponsabile.
È quanto chiede, con il rapporto finale consegnato alla Giunta, la Commissione tecnico-scientifica incaricata dalla Regione di indagare sugli eventi meteo estremi del maggio 2023. Nel rapporto, oltre alle prime indicazioni rispetto ad azioni di adattamento del territorio e miglioramento delle infrastrutture, viene sottolineata l’importanza di aggiornare la pianificazione territoriale e di non ricostruire e tornare a costruire come e dove si faceva prima.
Indicazioni che sono alla base anche dell’articolato documento di Legambiente, “Ricostruire meglio – Adattamento, sicurezza, innovazione, partecipazione”, in cui si sottolinea l’importanza di “costruire meglio e nei luoghi opportuni”. Legambiente ricorda che, per effetto del Decreto Alluvioni, nei comuni alluvionati il periodo transitorio della Legge regionale urbanistica, che doveva limitare il consumo di suolo, è stato prorogato sino al 3 maggio 2024, per cui in alcuni territori si continua esattamente come prima. Giova anche ricordare che, secondo i dati dell’ultimo rapporto Ispra, l’Emilia-Romagna è la quarta regione in Italia per consumo di suolo. Nel 2022 sono stati “consumati” oltre 635 ettari di terreno, un dato superiore dell’8% alla media degli ultimi 6 anni. Sono i documenti che ho citato nella mia interrogazione a supporto della mia richiesta di moratoria, suggerita anche da una mozione approvata dal Consiglio Federale Nazionale di Europa verde – Verdi e da un gruppo di urbanisti che ho incontrato a inizio marzo.
Purtroppo, dai territori sono arrivati invece segnali che vanno in direzione contraria al principio di precauzione, come a Castel Bolognese e Faenza dove sono state approvate nuove urbanizzazioni a rischio esondazioni.
In questo scenario, non posso nascondere la mia soddisfazione per l’annuncio fatto dal Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, dopo un paio di giorni dalla discussione della mia interrogazione, e davanti ad una platea di sindaci e rappresentanti delle parti sociali: la Regione non consentirà che siano realizzate nuove urbanizzazioni o ricostruzioni di edifici nei territori colpiti dall’alluvione o a rischio esondazioni. Una scelta netta, coraggiosa e giusta che accoglie la richiesta dei Verdi. Una decisione che richiede di essere supportata da una normativa che, come ha detto Bonaccini, non lasci i sindaci con il cerino in mano.
Bene, si volta pagina! E che questo avvenga su sollecitazione dei Verdi è una soddisfazione ulteriore.
Rispetto al ripianamento dei danni si naviga ancora a vista: i fondi governativi sono insufficienti e arrivano con il contagocce e la burocrazia è un incubo che ha portato tanti a rinunciare ai rimborsi. Come se non bastasse, i beni mobili (ad esempio arredamento, elettrodomestici) sono ancora esclusi dai rimborsi, non si capisce in base a quale motivazione. Intanto in Romagna vaste zone alluvionate sono ancora in difficoltà: si pensi solo alla cooperativa agricola alle porte di Ravenna che accettò di allagare i propri campi per evitare che l’acqua sommergesse Ravenna e che non ha ricevuto ancora un euro.
Non resta che continuare ad esigere che il governo e la task force guidata dal generale Figliuolo – purtroppo di base a Roma e non in Romagna – arrivino a soddisfare, e in tempi brevi, i bisogni delle comunità, rispettando le promesse fatte.