Togli un posto a tavola, che c’è una candidata presidenziale in meno. Quello che è successo in Venezuela nel mese di marzo ha dell’incredibile, se non fossimo appunto nel Venezuela di Maduro & Co, che ci ha abituati a coup de théâtre senza precedenti.

Ma andiamo in ordine e per punti, per cercare di sbrogliare la matassa attraverso la quale il governo bolivariano sta cercando in tutti i modi di ingarbugliare le elezioni presidenziali previste per il prossimo 28 luglio 2024 e di garantire ancora una volta una facile vittoria per la rivoluzione bolivariana.

Le elezioni presidenziali in Venezuela sono un appuntamento al quale l’opposizione sta provando ad arrivare compatta per competere contro Nicolas Maduro e contro il Partido Socialista Unido de Venezuela – Psuv. In quest’ordine di idee, alla fine del 2023 si sono celebrate le primarie dentro l’universo dei partiti dell’opposizione e da queste è risultata vincitrice una politica molto nota alle cronache venezuelane: Maria Corina Machado. Si tratta di una donna che già all’epoca di Hugo Chávez aveva attirato l’attenzione dentro e fuori dal paese sudamericano per essere stata una delle poche ad opporsi pubblicamente e senza filtri alle politiche del “Comandante”.

Machado “beve” intellettualmente dall’ideologia dell’estrema destra, ma la sua coerenza nel corso degli anni e la sua totale dedicazione alla causa venezuelana (non è mai venuta a patti con il governo e non ha mai lasciato il paese, come hanno fatto altri noti leader dell’opposizione) le ha prodotto un enorme beneficio in termini di immagine. Ed è proprio questa immagine di integrità, la sua grinta e la capacità di riuscire a “vendersi” come una nuova alternativa dentro il mondo dell’opposizione venezuelana (negli anni passati la sua base di votanti era minima e il suo nome non era mai stato tra i presidenziabili) l’hanno lanciata all’appuntamento di luglio.

Questo enorme aumento di consenso è stato però notato anche dal governo di Maduro che ha pensato bene, a pochi giorni dalle primarie (anch’esse contestate dal governo), di inabilitare Machado per l’esercizio di incarichi pubblici attraverso la Contraloría General de la República (organo controllato dal Psuv) impedendone la candidatura ufficiale per il 28 luglio. A questo ovviamente sono seguite accuse e contro accuse, anche attraverso pressioni e denunce internazionali (Usa e Ue) per garantire delle elezioni trasparenti, legali e plurali.

A questo punto, Maria Corina Machado e il suo seguito, per non produrre una forzatura ancora più grande di quella già in atto e per non aumentare oltre la tensione, hanno pensato ad una soluzione brillante. Candidare una persona che goda di piena fiducia da parte di Machado e che possa personificare e veicolare questa volontà di cambiamento che è da anni la bandiera dell’opposizione: se poi ha lo stesso nome di Machado, meglio ancora. La prescelta è stata l’accademica Corina Yoris Villasana, filosofa e professoressa universitaria che è stata presentata ai votanti il 22 marzo, pochi giorni prima della data di chiusura ufficiale del periodo di iscrizione dei candidati presidenziali, cioè il 25 marzo. Sembrava insomma che si fosse trovata una soluzione da parte della Piattaforma Unitaria Democratica – Pud – e del partito alleato Nuevo Tiempo (partito di centrosinistra guidato da Manuel Rosales) per proporre una candidata unica che potesse affrontare il Psuv e convogliare tutto il voto “non-rivoluzionario”.

Però ecco il colpo di scena: nonostante vari tentativi effettuati dalla Pud, Machado ha denunciato che non è stato possibile iscrivere Corina Yoris Villasana perché non le hanno permesso l’accesso al sistema automatico ufficiale del registro del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Insomma, Maria Corina Machado non può competere alle presidenziali perché inabilitata arbitrariamente dal governo; Corina Yoris Villasana, la designata sostituta, non ha (casualmente) potuto iscriversi al registro elettorale ma nel frattempo, con un ulteriore colpo di scena, si scopre che Manuel Rosales è riuscito a iscriversi, pochi minuti prima che terminasse il limite temporale previsto.

Questo ovviamente ha fatto scoppiare il caos dentro l’opposizione (piano riuscito dunque da parte del Psuv) che ora deve capire come riorganizzarsi per poter provare a giocarsi delle elezioni che da quel vediamo non saranno né trasparenti, né legali, né eque. Dal canto suo Rosales (71 anni), attuale governatore della Stato Zulia, accusato da alcuni settori dell’opposizione di essere un “titere” (marionetta) di Maduro, ha dichiarato di essersi iscritto solo per non far perdere una possibilità all’opposizione, versione che non convince tutti i membri della Pud dove c’è chi parla senza filtri di tradimento.

La lista ufficiale delle 13 persone candidate per le elezioni presidenziali del 28 luglio approvata dal CNE è dunque la seguente: Nicolas Maduro (Gran Polo Patriótico), Manuel Rosales (Un Nuevo Tiempo), Enrique Márquez (Centrados), Edmundo González (MUD), Antonio Ecarri Angola (Alianza del Lápiz e Avanzada Progresista), Daniel Ceballos (Arepa e Voluntad Popular), Luis Eduardo Martínez (Acción Democrática – AD, Movimiento Republicano – MR e Bandera Roja – BR), Juan Carlos Alvarado (Copei), Claudio Fermín (Soluciones Fermín), Benjamín Rausseo (Partido Confederación Nacional Democrática -Conde), Javier Bertucci (El Cambio), José Brito (Primero Venezuela, Venezuela Unida e Unidad Visión Venezuela), Luis Ratti (Partido Derecha Democrática Popular).

Insomma, Maduro & Co sembrano condividere usi e costumi de loro amico e alleato Putin, che ha appena “vinto” le elezioni in Russia eliminando (anche fisicamente) ogni reale avversario e permettendo di competere solo a quei candidati “innocui” che permettono di difendere (di fronte a chi ancora vuole crederci) il funzionamento del sistema democratico nel paese.

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