Mancano poche settimane al 25 aprile. Sarà il 79esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazismo e dal fascismo. Cade in un periodo molto delicato a livello nazionale e internazionale. Ci sono divisioni che rischiano di offuscare l’ideale ereditato dai nostri nonni e dai nostri padri coinvolti nella II guerra mondiale e diventati oppositori, in varie forme, del nazifascismo.

I nostri vecchi ci hanno lasciato i loro “no” ai reticolati e alle guerre; i loro “no” alle dittature e ai soprusi, contro cui si ha diritto a resistere, come fecero i partigiani e soldati italiani che combatterono a fianco degli alleati dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Ci hanno lasciato pure il “sì” alla necessita di cercare la pace persino quando tutto sembra remare contro. È questo il messaggio che arriva anche dai 650mila internati militari italiani che tra 1943 e 1945 scelsero l’incognita della prigionia nei lager del Reich piuttosto che indossare le divise di Benito Mussolini e di Adolf Hitler. Decine e decine di migliaia, sembra 80.000 e forse di più, pagarono con la vita la loro sfida: furono assassinati, trucidati, uccisi dalla fame e dalle malattie.

Per onorare quella memoria e quella storia, a Milano è nata la nuova sezione dell’Associazione nazionale ex internati nei lager nazifascisti, l’Anei, che si era gradualmente spenta con gli ultimi reduci quasi vent’anni fa, nonostante l’infaticabile attivismo dell’ultimo presidente, Donato Esposito. Oggi i padri e i nonni di molti dei rifondatori e delle rifondatrici sono stati Imi, internati militari italiani. Così mi capita di essere diventato il presidente della sezione, dopo che il 27 gennaio scorso mio papà Pietro, ex Imi, ha ricevuto la medaglia d’onore. Il vicepresidente è Luciano Belli Paci (figlio di Liliana Segre): anche suo padre Alfredo è stato un internato militare. Il direttivo è formato da tre uomini e tre donne; è formata da donne la maggior parte del gruppo rifondatore.

Il 6 aprile 2024, dalle 10 alle 13, si svolgerà a Milano, nella sede del Circolo De Amicis (via De Amicis 17 – sala grande), la prima assemblea della nuova sezione. Interverranno il prefetto Claudio Sgaraglia; il coordinatore di “Milano è memoria” per il Comune di Milano, Luca Gibillini; i rappresentanti di varie associazioni antifasciste. Nel corso dell’assemblea il professor Andrea Bienati (docente di Storia e Didattica della Shoah, delle Deportazioni e dei Crimini contro l’Umanità) terrà la conferenza intitolata “La storia degli IMI: il difficile cammino di una Memoria ritrovata”; dopo interverrà Sveva Tedeschi, attrice, figlia dell’attore Gianrico Tedeschi (ex IMI), con una performance intitolata “Quando recitare nel lager era questione di vita o di morte”.

L’Anei, nata per volontà degli ex internati, è stata riconosciuta come ente morale con il Dpr 2 aprile 1948 n. 403. Per ragioni anagrafiche, i reduci ancora in vita sono pochissimi; però, come abbiamo visto, il testimone della storia e della memoria dal 2018 in poi è stato preso dai figli, dai nipoti, dai parenti e da tutti coloro che si riconoscono nella loro scelta. Lo statuto dell’Anei, rinnovato dal Consiglio nazionale nel congresso di Padova (2018), indica come scopo dell’Associazione quello di mantenere vivo nelle nuove generazioni il ricordo del sacrificio e della scelta degli Imi.

Qual è il senso della rifondazione a Milano, quasi 80 anni dopo la fine della II Guerra Mondiale? Il sacrificio degli Internati militari italiani è stato dimenticato per decenni. Eppure la loro scelta è stata un grande esempio di Resistenza morale e di obiezione di coscienza di massa. Quei prigionieri facevano parte per lo più di una generazione che aveva conosciuto solo il fascismo ed era stata completamente plasmata dal regime. Tuttavia, messi a tu per tu con la propria coscienza, centinaia di migliaia di militari decisero di non credere più, di non obbedire più, di non combattere più dalla parte di fascisti e nazisti. Un caso più unico che raro. Non solo merita di essere ricordato; merita anche di essere portato come esempio oggi, di fronte alla tante guerre che insanguinano il mondo.

Antonio Gramsci, morto dopo oltre 10 anni trascorsi nelle carceri fasciste, scriveva del pessimismo della ragione contrapposto all’ottimismo della volontà. Lo faceva per spiegare come al riscatto dell’uomo in una civiltà nemica dell’uomo stesso possa provvedere solo la forza di volontà, al di là di una realtà così sconfortante da farci spesso sentire condannati a pessimismo e rassegnazione. Ecco, anche noi vogliamo dare il nostro piccolo contributo per preservare l’ottimismo della volontà. Lo facciamo rilanciando l’Anei in una grande città come Milano, dove non poteva mancare la testimonianza del ruolo svolto dagli Imi.

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