C’è un giudice a Roma chiamato a decidere se il governo italiano debba smetterla di fornire armamenti a Israele e ricominciare a finanziare l’Unrwa perché il “sostegno diretto e indiretto” all’invasione della Striscia di Gaza ha “comportato gravi violazioni dei diritti umani”. Una “complicità” per la quale ora Salahaldin M. A. Abdalaty – un avvocato 49enne nato a Jabalya e adesso rifugiatosi in Egitto dopo aver perso la madre, un fratello, una sorella, una nipote di 2 anni e la cognata in un bombardamento notturno dell’Idf – si è rivolto al Tribunale di Roma, assistito dagli avvocati Stefano Bertone, Marco Bona, Gianluca Vitale ed Emanuele D’Amico, chiamando in causa la presidenza del Consiglio e i ministeri degli Esteri e della Difesa con un ricorso urgente per violazione dei diritti umani fondamentali.
Abdalaty, scrivono i quattro avvocati nel ricorso chiedendo misure cautelari in attesa della decisione di merito, “è stato costretto insieme ai suoi figli a mettersi in salvo” lasciando la Palestina per sfuggire ai bombardamenti e alle “condizioni di carestia” scatenatasi dopo l’avvio dell’invasione della Striscia, nonostante abbia obbedito a “svariati ordini militari di evacuazione” con una “lunga serie di spostamenti”, terminati con l’uscita da Gaza attraverso il valico di Rafah. Richiamando un precedente della magistratura olandese che lo scorso febbraio ha accolto la richiesta di tre associazioni ordinando al governo di sospendere le consegne di parti di ricambio degli F-35 all’Aeronautica israeliana perché esiste “l’obbligo degli Stati di verificare che altri non stiano commettendo atti di genocidio o di violazione del diritto internazionale umanitario”, Adbalaty avanza le sue richieste al governo richiamandosi a una serie di norme nazionali e internazionali.
La prima è di imporre il “divieto di vendita, trasferimento e consegna in qualunque forma, anche indiretta di armi, materiali di armamento, strumenti, software e know-how anche dual use, anche nella forma di accessori o parti di ricambio”, nonché di vietare la stipula di nuovi contratti per la vendita di armi e “rescindere quelli esistenti”. Non solo: i legali chiedono di “vietare l’uso dello spazio aereo e delle basi collocate in territorio italiano per ogni operazione in qualsiasi forma connessa con le operazioni delle forze armate israeliane” e “ristabilire con effetto immediato la partecipazione dell’Italia ai finanziamenti all’Unrwa” e “l’immediata sospensione di qualsivoglia sostegno diretto od indiretto alle operazioni militari dello Stato di Israele”. Tutte posizioni, sostengono ricordando la “nozione di ‘complicità’ offerta dal diritto internazionale”, che “hanno comportato gravi violazioni dei diritti umani”.
Le operazioni belliche nella Striscia di Gaza, si legge nel ricorso che Ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, “proseguono grazie anche al grado di partecipazione” dell’Italia che “non ha fermato le consegne di armamenti (…) malgrado il crescendo, al di là di ogni nozione di ‘proporzionalità’, del numero di civili morti, feriti o esposti al rischio”. E viene sottolineato, inoltre, come il governo non abbia neanche interrotto la “stipula di nuovi contratti” per “la fornitura di macchinari-strumenti destinati all’esercito israeliano”, in particolare il contratto per carrelli prodotti da Drs Sustainment Systems, controllata da Leonardo, per il trasporto dei bulldzoer usati dall’Idf per “opere di sbancamento e demolizione a Gaza”.
E la posizione italiana non è mutata neppure sui finanziamenti all’Unrwa, anche dopo che l”Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri Josep Borrell abbia detto che Israele “usa la fame come arma di guerra” e nonostante diversi Paesi – Svezia, Finlandia, Canada – e la stessa Commissione Ue abbiano ripreso a fornire i loro contributi. Si tratta, secondo il pool di avvocati di Abdalaty, di “condotte illecite” che hanno un “nesso di causalità” definito “lampante” con i danni e le sofferenze patiti dal 49enne palestinese. L’operazione israeliana, ricordano, ha “assunto l’inequivocabile qualità e caratteristica di operazione offensiva con finalità di deportazione della popolazione e dei beni palestinesi a Gaza” e nonostante questo l’Italia “contribuisce” con i suoi comportamenti al fatto che prosegua.