Scuola

In Italia dirigenti scolastici e docenti non valgono più nulla: decidono tutto i politici

C’è un Paese dove un sindaco impone le benedizioni del prete a scuola con tanto di ordinanza e un ministro della Repubblica manda ispezioni nelle scuole dove genitori, insegnanti e preside hanno scelto insieme di sospendere le lezioni non a Santa Lucia o il giorno di San Sebastiano, ma (accidenti a loro!) in una giornata di festa per i musulmani.

Ma non solo. C’è un Paese dove il ministro fa ritirare circolari firmate da una preside che si prende la briga in tempo di Ramadan di essere attenta e sensibile nei confronti di tutti i suoi studenti e non solo di quelli cristiano-cattolici, invitando (non obbligando) i suo docenti a non fissare “verifiche, interrogazioni, uscite o momenti importanti per la didattica” nel 27esimo giorno di Ramadan, poiché “è considerato il più importante” e a non effettuare interrogazioni e verifiche nel giorno della festa di fine Ramadan o il giorno successivo per “promuovere un ambiente inclusivo e rispettoso”.

In questo Paese, un dirigente scolastico, un consiglio d’istituto, un collegio docenti, non valgono più nulla. Le regole (Leggi della Repubblica, Decreti delegati in vigore da cinquant’anni) sono carta da formaggio. Decide tutto lui o loro. Usano la propaganda come in Russia per far credere alla gente che la loro parola sia verità e se poi qualcuno sgarra viene subito ripreso. Un esempio? Uno dei capi di questo Paese ha detto: “Credo che in nessun Paese islamico chiudano le scuole per la Santa Pasqua o per il Santo Natale. E’ un segnale di cedimento e arretramento chiudere per il Ramadan”. Peccato che in Oman, in Siria, in Algeria o in Giordania i cristiani non siano una presenza così “significativa” come i musulmani in Italia.

Che piaccia o meno, secondo un’indagine condotta dal Cesnur, il Centro Studi Nuove Religioni, coloro che professano la religione coranica in Italia sono 2.205.000, al secondo posto dietro al cristianesimo che conta 44.080.000 di fedeli. Tra gli stranieri residenti, però, non è il cattolicesimo la religione più diffusa ma l’Islam, con 1.719.000 fedeli, e a seguire i cristiani ortodossi con 1.349.000, poi il cattolicesimo con 830.000 fedeli. Ma i numeri, i dati, non piacciono a chi comanda questo Paese.
In questo Paese, la preside che fa una circolare “con l’idea di fornire un contributo per promuovere un ambiente inclusivo e rispettoso in cui tutti gli individui si sentano accolti e supportati” la deve ritirare se non piace a lui o a loro.

Non solo. In questo Paese, quella preside vien fatta passare per una stolta che prima dice una cosa e poi se la rimangia e lui gongola scrivendo: “Si informa che nella giornata di ieri la stessa dirigente scolastica ha comunicato formalmente al personale della scuola il ritiro della nota in quanto avrebbe potuto generare disagio e confusione nella comunità scolastica”. Ora mi e vi domando: ma qual è questo Paese? Esiste ancora la democrazia in questo Paese? C’è da aver paura a esprimersi con libertà? Un Paese così è laico o religioso? Che succederà quando nel 2030 nel mondo vi saranno 2,2 miliardi di musulmani, pari a più di un quarto della popolazione del pianeta?

Tra i Paesi europei dove la crescita sarà maggiore c’è l’Italia, dove nei prossimi 20 anni il numero dei fedeli islamici aumenterà del 102%, arrivando a 3 milioni 199 mila unità dal milione e 583 mila attuali. A prevederlo è un rapporto dal titolo “Il futuro della popolazione musulmana globale” del Forum on Religion & Public Life, progetto lanciato nel 2001 dal think tank di Washington ‘Pew Research Center’. Che faranno i capi di questo Paese di fronte al potere della demografia?