Chi si occupa di clima, oggi, in Italia, studiosi come divulgatori, è messo davvero a dura prova. Lasciamo stare la politica, con il nostro governo che a parole si dice a favore della lotta alla crisi climatica, ma nei fatti concretamente fa tutto il contrario che si dovrebbe fare, votando no alle leggi europee favorevoli al ripristino della natura e sì alle leggi pro pesticidi e pro allentamento del Green Deal. E mentre in Italia nessuno dei ministri si occupa apertamente del tema, però si ripropongono condoni edilizi e si perseguitano gli attivisti ambientali. Un negazionismo di fatto, ai miei occhi.
Almeno l’informazione, uno pensa, dovrebbe fare meglio. E invece ci dimentichiamo troppo spesso che l’informazione in Italia è l’altra faccia della politica. Altrimenti non si capirebbe come mai da mesi, diciamo dall’ultima Cop, nei giornali non si parla quasi più di crisi climatica. Certo, ci sono le guerre, ma che vuol dire? Una guerra non dovrebbe escludere l’altra e quella climatica è una guerra i cui effetti non sono reversibili, anche se nessuno se ne rende conto veramente.
Gli eventi legati alla crisi climatica però, intanto, non cessano. E così ora ci investirà un’ondata di calore dai valori veramente inquietanti, visto che ci saranno scostamenti per giorni di 8-10 gradi sopra le medie stagionali. Un’ondata di calore che riguarda parte dell’Europa e poi l’Italia. Ebbene, come arriva da noi la notizia? Sempre con una intervista al fondatore del Meteo.it, Antonio Sanò, sia sul sito, sia sui siti con i quali ilMeteo.it collabora, come Repubblica.
E infatti proprio su quest’ultima ieri compariva questo articolo dal titolo francamente surreale: “Ecco Narciso, il caldo che piace”. E dentro, sempre nelle parole di Sanò, che scienziato non è, tra l’altro, l’ondata di calore è definita appunto l’“anticiclone Narciso, il caldo che piace e che ci piace”. Insomma, l’intervistato vuol dire che i 30 gradi o quasi – che pure non faranno piacere agli studiosi di cambiamento climatico, scrive la giornalista in una nota che aumenta l’effetto paradossale – che ci saranno nella penisola non saranno caldo infernale e, complice l’ora di luce in più, sarà praticamente un caldo da giugno, tanto da coniare, sempre Sanò, il neologismo “april-giugno”.
Insomma: siamo nel 2024 e di fronte ad anomalie termiche preoccupanti l’unico articolo che leggiamo è quello che ci parla del “caldo che ci piace”. In un giornale che, tra l’altro, scrive di clima anche seriamente, che ha un inserto mensile dedicato alla crisi climatica. E dunque ci si chiede perché debba invece presentarsi con questo biglietto da visita francamente imbarazzante (la ragione c’è, sono i clic che l’articolo genera, ma se quell’articolo è drasticamente lontano da ciò che tu scrivi si crea veramente un effetto contraddittorio e io penso deleterio).
Ma non è che gli altri giornali facciano meglio. Come dicevo, da mesi nessuno o quasi parla di crisi climatica. C’è la voce sola e inascoltata di Mario Tozzi sulla Stampa, di Luca Mercalli sul nostro giornale, mentre altrove il clima continua ad essere meteo e basta, con articoli, ad esempio pochi giorni fa, sul curioso fatto che al nord si sciasse e al sud si facesse il bagno.
Nel frattempo, chi si occupa di clima seriamente continua a lavorare, fare incontri, eventi, libri. Ma purtroppo viene considerato come una sorta di riserva indiana, basti vedere il posto che (non) viene dato al tema climatico in tutti i talk show italiani serali.
Ma se la politica e l’informazione non si occupano di clima, i cittadini cosa devono fare? I meno formati penseranno che il problema non esiste, prenderanno il costume e faranno il bagno ad aprile, magari insieme a quei bambini il cui futuro è assolutamente incerto. Perché se oggi abbiamo fenomeni così violenti, come anomalie termiche e alluvioni, cosa accadrà tra venti, trenta o quarant’anni, con le emissioni che non si fermano?
Certo, sicuramente avremo molti articoli per il caldo torrido di quest’estate, con relativi consigli, e poiché probabilmente il caldo si protrarrà fino a novembre, come l’anno scorso, avremo un altro articolo del solito sito su, che so, “Narciso 2”, il caldo che ci piace in autunno e, magari, il neologismo agost-novembre.
Come rompere questo muro di conformismo e ignoranza non è chiaro. Ormai di eventi estremi ne abbiamo a sufficienza, ma non bastano a portare il clima in cima alle agende dei direttori dei giornali. Perché il caldo forse piace, ma la crisi climatica non piace. Forse perché i giornali non la sanno raccontare, non sono capaci di renderla interessante come invece è, specie quando si riesce ad inserirla all’interno di un contesto sociale, culturale, storico, concreto. Meglio affidare tutto al sito acchiappaclic, invece di fare lo sforzo di approfondire e aiutare chi legge. Ma questo è il compito dell’informazione, che altro se no?