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Talpa in procura a Roma, la praticante avvocata Marianera condannata a sei anni in primo grado per corruzione in atti giudiziari

Talpa in procura a Roma, la praticante avvocata Marianera condannata a sei anni in primo grado per corruzione in atti giudiziari
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È stata condannata a sei anni in primo grado con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. È questa la sentenza emessa dal tribunale di Roma per la praticante avvocato Camilla Marianera. Al termine della requisitoria nella scorsa udienza, il procuratore aggiunto Paolo Ielo aveva sollecitato una condanna a 6 anni e mezzo. Il compagno di Marianera, Jacopo De Vivo, arrestato con la ragazza a febbraio 2023, è già stato condannato per la stessa accusa di corruzione in atti giudiziari a 5 anni in rito abbreviato. I giudici dell’ottava sezione penale hanno inoltre disposto il passaggio dalla detenzione in carcere agli arresti domiciliari, accogliendo la richiesta di attenuazione della misura cautelare. Marianera è accusata di avere offerto tangenti in cambio di notizie coperte da segreto istruttorio.

I giudici hanno inoltre disposto l’invio degli atti in procura in relazione alla testimonianza in aula del titolare di uno studio dentistico romano: secondo l’accusa avrebbe fornito un finto alibi. Con la sentenza è stata disposta una provvisionale di 15mila euro per le parti civili, la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Giustizia. Secondo l’atto d’accusa dei pm Giulia Guccione e Francesco Cascini, dal 2021 al dicembre 2022 Marianera e De Vivo “erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all’ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l’esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l’esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta”. Notizie che poi – secondo quanto ricostruito dalla procura – venivano “consegnate” anche a persone vicine al clan Casamonica.

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