Dalle sue parti, Lublino, città assai mistica, un capo spirituale importante come Jacob Isaac sosteneva l’importanza dell’opulenza e della materialità per nutrire l’anima. Silenzioso e umile, Wladylslaw Zmuda non sembrava aver preso granché di quelle teorie, non quando quarant’anni fa i suoi campionati si fermavano puntualmente nel mese di marzo, senza poter più mettere piede in campo. E dire che era stato un acquisto principesco del Verona di Celestino Guidotti, neopromosso in Serie A con Osvaldo Bagnoli. Wladyslaw, polacco figlio di un artigiano e di una mamma che mandava avanti la fattoria a Lublino, era uno dei migliori difensori in circolazione, grazie a quanto mostrato fino ad allora, l’estate del 1982, sui campi di pallone. Gran fisico, ma anche veloce ed elegante, Zmuda inizia a giocare nel Motor, la seconda squadra di Lublino, e vince nel 1971 quando ha poco meno di 17 anni il titolo polacco juniores: il più grande traguardo sportivo nella storia della città fino ad allora.
Un anno dopo passa al Gwardia Varsavia ed esordisce in massima divisione polacca e in più quasi a sorpresa si guadagna la chiamata della nazionale maggiore. Era un giovane promettente Wladyslaw, ma poco conosciuto anche in patria, perciò la decisone di Gorski di puntare su di lui nel Mondiale del 1974 in Germania è per certi versi considerata sorprendente. Sorprendente se gli tocca a 20 anni appena compiuti la maglia da titolare contro l’Argentina di Kempes: maglia da titolare che non lascerà più, portando la Polonia con i compagni Lato, Deyna e Szamarch al terzo posto, conquistato battendo il Brasile nella finalina. Zmuda sarà eletto miglior giovane del torneo. E se nei nostri anni un Mondiale passato a domare chimere come Kempes, Gigi Riva e Rivelino varrebbe per un centrale di vent’anni un’asta a colpi di milioni, all’epoca era impossibile per un giocatore polacco andar fuori dal paese, e dunque Wladyslaw torna e passa allo Slask Breslavia dove gioca fino al 1980, vincendo uno scudetto e una Coppa di Polonia, approfittando delle vetrine nelle Coppe Europee per dare filo da torcere alle big, al massimo. Ma in mezzo c’è ovviamente la nazionale polacca nel suo momento migliore: a Montreal arriva alla Medaglia d’Argento, perdendo in finale contro la Germania Est, in Argentina nel 1978 si arriva alla seconda fase a gironi, arrendendosi però a Brasile e Argentina. Nel 1980 arriva il nuovo trasferimento, questa volta al Widzew Lodz, dove vince il campionato per due volte assieme a Zibì Boniek.
C’è ancora una volta un Mondiale di mezzo nel 1982: in quello in Spagna Zmuda e la sua Polonia sorprendono ancora, vincendo il primo e il secondo girone, arrendendosi in semifinale all’Italia di Paolo Rossi e battendo poi la Francia di Platini, conquistando il terzo posto finale. I tempi sono cambiati: Zmuda può uscire dalla Polonia e va al Verona, mentre il compagno Boniek passa alla Juventus. Tuttavia l’esperienza scaligera è negativa: alla prima amichevole Zmuda si infortuna a un ginocchio, ha già 28 anni, e l’intervento che dovrebbe risolvere il problema non va come previsto. Si unisce la sfortuna: quando sarebbe pronto a rientrare pare che a minarne il ritorno in campo sia una ferita alla testa, rimediata saltellando negli spogliatoi e colpendo un armadietto. Rimedia in tutto 22 minuti in stagione, nella seconda ne giocherà pochi di più, ormai fuori dalle gerarchie di Bagnoli che porteranno gli scaligeri a vincere uno storico scudetto un anno dopo. Dopo un breve periodo ai Cosmos, e dopo un caso burocratico all’italiana, il difensore torna in Serie A, con la maglia della Cremonese: trova continuità in grigiorosso, ma non riesce a sistemare i problemi della squadra che retrocede in B. Wladyslaw resta alla corte di Mondonico per altri due anni, appendendo le scarpette al chiodo nel 1987 per dedicarsi al suo amore più grande, la nazionale polacca, come assistente o come allenatore delle formazioni giovanili.