di Sara Gandini e Paolo Bartolini
Da tempo si conosce il preoccupante aumento della mortalità in giovane età negli Stati Uniti, in particolare per l’aumento delle “morti per disperazione” (a causa di droghe, alcol e suicidio), così come la ridotta aspettativa di vita in paesi come il Regno Unito. Persino rispetto al periodo pandemico si è osservato un eccesso di mortalità persistito anche nel 2023. Un’analisi pubblicata su The Lancet ha mostrato che rispetto alla mortalità da Covid 19 che colpiva le persone molto anziane, più colpiti ora sono gli adulti di mezza età (50-64 anni, 15% in eccesso), principalmente per malattie cardiovascolari.
L’analisi per età, luogo e causa indica diversi fattori che guidano la recente mortalità in eccesso, tra cui:
– il peggioramento della pressione sui servizi di assistenza sanitaria;
– la interruzione della prevenzione e della gestione delle malattie croniche.
Gli Stati Uniti stanno progressivamente arretrando non solo rispetto ai paesi ad alto reddito, ma anche rispetto ai paesi dell’Europa centrale e orientale. E ora vediamo che ci sono segnali che la mortalità anche nel Regno Unito stia peggiorando rispetto a quella nell’Europa occidentale.
Un recente studio ha documentato l’aumento della mortalità nei giovani adulti e di mezza età (25-64 anni) in altri paesi e ha mostrato che se i tassi di mortalità negli Stati Uniti sono peggiorati dal 1990, la situazione non è da meno nel Regno Unito per le persone di età compresa tra 45 e 54 anni e in Canada, Polonia e Svezia tra coloro di età compresa tra 25 e 44 anni. La disparità di mortalità dei paesi dell’Europa centrale e dell’est si è significativamente ridotta negli ultimi 20 anni.
Nell’ultimo decennio, il tasso di mortalità medio tra questi paesi è sceso al di sotto dei tassi dei paesi ad alto reddito per alcune cause, come le malattie metaboliche, i suicidi e gli incidenti stradali. Inoltre non vedono più un aumento della mortalità causata alle droghe, mentre i paesi ad alto reddito hanno sperimentato l’inverso: la mortalità correlata alle droghe sta gradualmente aumentando in diversi paesi.
Sembra sempre più chiaro che mantenere le persone in salute non è una priorità nel sistema sanitario degli Usa, così come in molti paesi europei ad alto reddito. La filosofia secondo cui ciò che è bene per le grandi aziende farmaceutiche è anche bene per le persone e che le forze di mercato risolveranno tutti i problemi è contraddetta dai fatti: gli Stati Uniti hanno il sistema sanitario meno efficace del mondo sviluppato.
Un rapporto del 2008 del Commonwealth Fund ha stimato che se gli Stati Uniti raggiungessero gli stessi indicatori di performance raggiunti in altri paesi industrializzati, potrebbero essere salvate almeno 100mila vite e risparmiati almeno 100 miliardi di dollari ogni anno, e ha attribuito gran parte del problema a una debole base di medici di medicina generale. Uno studio che ha confrontato 3075 contee statunitensi ha scoperto che ogni aumento del 20% dei medici di medicina generale è associato a una riduzione del 6% della mortalità totale.
Lo spreco negli Stati Uniti è gigantesco. In rapporto alla dimensione della popolazione, gli Stati Uniti hanno speso 2,7 volte di più per i farmaci rispetto ai paesi europei nel 2000, eppure – o forse proprio a causa di questo – il risultato è decisamente peggiore.
Anche il Regno Unito ha cominciato a somigliare sempre di più agli Stati Uniti, poiché si è spostato verso una maggiore privatizzazione dell’assistenza sanitaria. La sua aspettativa di vita in salute è inferiore a quella della maggior parte degli altri paesi europei, e la sua prevalenza di malattie croniche e disabilità si colloca tra quella negli Stati Uniti e il resto dell’Europa.
Questi dati registrano una tendenza di medio-lungo periodo, per la quale assistiamo a un indebolimento dei sistemi sanitari e delle azioni di cura rivolte al benessere delle popolazioni. Dove i criteri del profitto sono penetrati in profondità nel tessuto socioculturale, la salute perde terreno.
Durante la pandemia in Italia abbiamo avuto un record di mortalità perché eravamo già in precedenza in una crisi strutturale, e ora siamo gli ultimi tra i Paesi del G7 e tra gli ultimi Paesi dell’Ocse per finanziamento sanitario pro capite: meno di 3.000 euro l’anno a fronte dei 7.300 euro della Germania e dei 6.115 della Francia (fonte Kff Health System Tracker). Inoltre, se da una parte la pandemia ha contribuito ad aumentare la povertà assoluta (9.7% di italiani nel 2022 in crescita dal 9.1% in un anno), per il 2024 l’Italia decide di spendere in armi ben 29 miliardi, mentre basterebbe un finanziamento di 5 miliardi l’anno per 5 anni per riportare il nostro Ssn alle performance pre pandemia.
Sembra evidente che noi europei, stritolati da propaganda ed economia di guerra, dobbiamo urgentemente chiederci quale modello di sanità vogliamo seguire e come ripensare alla radice la nostra subalternità ideologica agli input d’oltreoceano.