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Anche il ministro estremista Ben-Gvir adesso minaccia Netanyahu: “Se non autorizza un’operazione a Rafah non sarà più il premier”

Dopo il ritiro delle truppe di terra dal Sud e l’annuncio dell’evacuazione di Rafah, oggi i media egiziani avevano parlato di “progressi” nei negoziati tra Hamas e Israele. Ma le parti in causa smentiscono. “Non ci sono progressi nei negoziati al Cairo”: nessun accordo sul cessate il fuoco e conseguente rilascio degli ostaggi. Citate dalla tv libanese al Mayadeen, vicina a Hezbollah, le fonti hanno lamentato “l’ostinazione” di Israele, affermando che “al momento non ci sono progressi”. E poco prima fonti israeliane avevano ridimensionato la possibilità di un accordo imminente. “Ancora non vediamo un’intesa all’orizzonte – hanno detto – La distanza tra le parti è ancora grande e ad ora non c’è stato nulla di rilevante”. Con 50mila persone che hanno manifestato fuori dal palazzo della Knesset per gli ostaggi ancora a Gaza e mentre gli alleati lo pressano per un cessate il fuoco immediato richiesto anche dall’Onu, Benjamin Netanyahu deve anche fare i conti coi problemi in campo interno legati proprio al passo indietro a sud di Gaza. Mentre gli alleati fanno pressione per un cessate il fuoco immediato, arrivano le minacce del ministro per la Sicurezza Nazionale, l’estremista Itamar Ben-Gvir: “Senza un’operazione a Rafah faremo cadere il governo“.

Il ritiro delle truppe di terra, secondo fonti dell’Idf, domenica ha segnato l’avvio della Terza Fase dell’operazione di terra cominciata il 27 ottobre. Ovvero, quella “dei raid mirati e limitati, come nel caso dell’ospedale Shifa a Gaza City”. Sul posto – dopo la partenza della ultima divisione, la 98esima – è rimasta solo la Brigata Nahal con il compito di controllare e mettere in sicurezza il cosiddetto Corridoio Netzarim che separa la Striscia orizzontalmente dal kibbutz Beeri alla fascia costiera di Gaza, dividendo in due parti il territorio dell’enclave palestinese.

Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha spiegato che la decisione di ritirare le truppe di terra combattenti da Khan Younis è stata presa “nel momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare in città”. Parole che però sono state smentite dai fatti: un razzo è stato lanciato da Khan Younis verso Israele ed è caduto in una zona non abitata, hanno riferito proprio le Idf. Il razzo era diretto verso la comunità di Rèim, ma non ha causato né feriti, né danni materiali. “Le nostre forze hanno lasciato l’area – ha comunque Gallant – per prepararsi alle loro future missioni, inclusa la missione a Rafah”. Sul campo resta infatti l’annunciata operazione militare nell’ultima città di Gaza prima dell’Egitto per colpire i restanti battaglioni di Hamas. Il ritiro – hanno insistito le fonti dell’esercito – non esclude neanche che l’Idf “se necessario non possa tornare a Khan Yunis”. Intanto domenica almeno 50mila persone hanno manifestato fuori dal palazzo della Knesset per i sei mesi di prigionia dei 133 ostaggi ancora a Gaza.