Jorge David Glas Espinel (54 anni), ex vicepresidente della Repubblica dell’Ecuador durante i mandati di Rafael Correa e Lenin Moreno, si trova già nel carcere di Guayaquil. Il suo arresto è stato realizzato in modo rocambolesco nella notte tra venerdì 5 e sabato 6 aprile e in fragrante violazione del diritto internazionale. Glas infatti, condannato per corruzione, si trovava dal 17 dicembre scorso dentro l’ambasciata messicana a Quito, protetto dal beneplacito del presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador (AMLO) che gli aveva concesso asilo politico.
Esto es invasión a territorio mexicano. Es grave.
Fuerzas Militares ecuatorianas irrumpieron en la Embajada de México en Quito @EmbaMexEcu y detuvieron al exvicepresidente Jorge Glas quien, con asilo político, estaba al interior. pic.twitter.com/37kxds52jt
— Juan Becerra Acosta (@juanbaaq) April 6, 2024
Il 35enne Daniel Noboa però, neo presidente dell’Ecuador insediatosi il 23 novembre scorso, aveva già avvertito le autorità messicane che non avrebbe permesso a Glas di lasciare il paese sudamericano e che proteggere un criminale avrebbe portato a conseguenza drastiche. Conseguenze che abbiamo visto nel fine settimana scorso, quando un forte operativo eseguito con blindati e forze di sicurezza incappucciate ha fatto irruzione nell’ambasciata messicana, neutralizzato la sicurezza interna e il corpo diplomatico e infine arrestato Jorge Glas. Per riaffermare ciò, poche ore dopo l’operazione di polizia, Noboa ha condiviso un comunicato dove giustifica i fatti e dove mostra i “muscoli” anche in prospettiva elettorale: l’Ecuador tornerà a votare per la presidenza della Repubblica il 9 febbraio 2025.
Immediata la reazione del Messico che ha rotto le relazioni diplomatiche con l’Ecuador e che sta rimpatriando il suo corpo diplomatico. Ordine arrivato nelle prime ore di sabato mattina dallo stesso AMLO, che attraverso i social ha reso pubblica la notizia e successivamente ringraziato la solidarietà ricevuta da organizzazioni della società civile e da altri paesi latinoamericani.
Da più parti si sta cercando in queste ora di smorzare la tensione che l’accaduto ha creato tra la comunità messicana e quella ecuadoriana, appellando al buon senso per evitare di trasformare questo scontro politico in uno scontro tra due popoli con atti di violenza e xenofobia. In Messico, dove siamo a pochi giorni dall’inizio ufficiale della campagna elettorale per le elezioni presidenziali che si terranno il 2 giugno, il paese si è stretto intorno al suo presidente senza se e senza ma (cosa molto strana a quelle latitudini) e l’Organizzazione degli Stati Americani (Oea) ha proposto la celebrazione di una sessione straordinaria per trattare il tema. L’assalto all’ambasciata messicana a Quito verrà denunciato alla Corte internazionale di giustizia dell’Onu, secondo quando affermato in queste prime ore dall’ufficio della presidenza del Messico e anche il Nicaragua, per solidarietà, ha rotto le relazioni diplomatiche con l’Ecuador di Noboa.
“Di fronte all’azione insolita e riprovevole portata avanti questa mattina a Quito dalle forze che dovrebbero tutelare l’ordine e la sicurezza dei cittadini ecuadoriani e la loro vita, il nostro rifiuto vigoroso, enfatico e irrevocabile, che trasformiamo nella nostra decisione sovrana di rompere tutte le relazioni diplomatiche con il governo ecuadoriano” le parole arrivate dalla presidenza Ortega, che però già dal 1 settembre 2020 aveva chiuso l’Ambasciata a Quito, mantenendo solo un canale di comunicazione formale con l’Ecuador.
Dal canto sua la ministra degli Esteri ecuadoriana, Gabriela Sommerfeld, ha spiegato in un comunicato stampa che queste azioni derivano dall’impossibilità di un dialogo con il Messico e che le autorità ecuadoriane erano a conoscenza dell’imminente rischio di fuga di un cittadino richiesto dalla giustizia per appropriazione indebita e con altre due condanne da scontare. Sommerfeld ha denunciato che “nessun criminale può considerarsi perseguitato politicamente”, dichiarando che il Messico ha violato il principio di non ingerenza negli affari interni degli altri Stati.
I presidenti di Cile, Argentina e Colombia hanno ripudiato la decisione del loro pari ecuadoriano Daniel Noboa, condanna alla quale si è sommata anche l’amministrazione di Joe Biden che ha denunciato la violazione della convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961, che sancisce che il territorio nel quale si trova l’ambasciata è territorio nazionale. Secondo questo principio infatti, le forze di polizia ecuadoriane avrebbe attaccato il territorio messicano per “estrarre” con la forza Jorge Glas: il primo caso di questa indole sofferto dal Messico nella sua storia.
Glas dal canto suo aveva denunciato di essere un perseguitato politico, così come l’ex presidente Rafael Correa che si trova ora rifugiato in Belgio, e di essere vittima di quello che viene definito Lawfare, ovvero l’utilizzo in modo arbitrario dell’apparato giudiziario contro avversari politici. Una modalità sempre più diffusa nella regione, denunciata per esempio da Cristina Fernández de Kirchner in Argentina o da Bernardo Arevalo in Guatemala e che nel caso specifico dell’Ecuador si unisce ad una situazione di forte instabilità socio-politica dovuto alla violenza dilagante radicata nell’esplosione del narcotraffico degli ultimi anni. In questo senso basti ricordare il caso dell’omicidio del candidato presidenziale Fernando Villavicencio (9 agosto 2023), i massacri nelle carceri degli ultimi 3 anni, la corruzione dall’apparato pubblico resa manifesta con il caso “Metastasi”, l’assalto alla rete televisiva a Guayaquil (9 gennaio 2024) e il caso di Brigitte García, la sindaca più giovane dell’Ecuador uccisa a soli 27 anni da sicari a San Vicente (Manabí) il 23 marzo scorso insieme ad uno dei suoi assessori.