Sono passati tre anni da “La geografia del buio” e in questi tre anni sono successe tante cose nella vita di Michele Bravi. L’incursione nel cinema, la prosa e la musica assieme a teatro, la partecipazione come giudice ad “Amici di Maria De Filippi” e un nuovo amore. In mezzo a tutto questo ci sono state tante letture, l’indagine sulla parola e sul conscio e l’inconscio. “Tu cosa vedi quando chiudi gli occhi” è il nuovo album, in uscita venerdì.
Il nuovo progetto discografico è stato scritto e prodotto dallo stesso Michele in viaggio per l’Europa tra Parigi, Londra, Amsterdam e Milano ed è diviso in tre capitoli musicali. “Lo sguardo” (viaggio nel tempo, mi sono innamorato di te, leggi dell’universo, per me sei importante) è cosa vorremmo vedere con gli altri. “L’immagine” (odio, mal d’amore, umorismo italiano, malumore francese feat C.Bruni) è cosa vediamo degli altri e infine “L’iride” (infanzia negli occhi, se ci guardassero da fuori, ti avessi conosciuto prima, sporchissima poesia, atlante degli amanti) è cosa cerchiamo di non far vedere agli altri. Due le collaborazioni: il duetto con Carla Bruni in “Malumore francese” e con Giuliano Sangiorgi, autore di “Ti avessi conosciuto prima”. La cover del disco è realizzata da Mauro Balletti, autore delle cover più iconiche di Mina. Antonio Marras con le sue creazioni sartoriali ha dato un nuovo look al cantautore.
Come mai ci hai messo tre anni?
Non sono famoso per la mia velocità e a dirla tutta ho avuto un blocco artistico.
E in che modo ti sei sbloccato?
Ho fatto un corso di dodici settimane che, in teoria, aveva come obbiettivo quello di connetterti al tuo artista interiore, entrare in contatto con sé stessi.
Ci sei riuscito?
Ho fatto cinque settimane e diverse attività come quella di spedirmi una lettera come fossi il datore di lavoro di me stesso che doveva convincermi a tornare in ufficio. Mi sono trasformato in sarto, così sono andato in giro con il metro e misuravo chi mi chiedeva una foto, mi sono inginocchiato pure sui ceci e ho scoperto che fa davvero male. Sono andato in giro con una scatola con dentro i messaggi tristi di alcune persone per poi farci un funerale al parco, alla sera. Mi sono sbloccato un po’.
Cosa ha fatto ripartire il processo creativo?
Un libro che avevo a casa e che non avevo mai letto: ‘Musicofilia – Racconti sulla musica e sul cervello’ del neurologo Oliver Sacks.
Qual è il messaggio che ti ha colpito?
La più grande considerazione che Sacks fa, analizzando la storia medica e personale dei suoi pazienti, è la necessità dell’individuo di un racconto interiore continuo come unico mezzo per conservare la propria identità. Non è un caso che il mondo immaginifico del sé sia il fil rouge di questo album.
Questo è un album intenso ma parli anche di leggerezza con “Umorismo italiano”. Come nasce questo pezzo?
Spesso sono associato all’idea che io possa essere triste o malinconico. In realtà convivo anche con l’umorismo. In cucina ho una lavagnetta dove ho scritto come volevo che risultasse questo disco. Mi hanno pure sconsigliato di raccontarlo perché troppo volgare.
Cosa hai scritto?
Volevo che fosse un disco un po’ poeta e un po’ pornostar. Io rido molto per la commedia all’italiana, l’umorismo più semplice, rido ancora quando qualcuno dice la parola ‘culo’. Insomma parlo proprio di questo.
“Mi sono innamorato di te”, grande citazione del capolavoro di Paoli, racconta del tuo nuovo amore?
Sì. A Natale ho deciso di regalare una canzone al mio compagno. Sono partito da quel titolo perché mi piaceva ribaltare il significato di quel testo e, a un certo punto, scrivo tra le tante cose in elenco: ‘un’altra volta è quando sbagli i congiuntivi e sei dannatamente buffo a rimanerci male e non mi cambia niente’. Stamattina quando sono uscito di casa mi ha detto ‘ecco ora sapranno tutti che sbaglio i congiuntivi’ (ride, ndr).
Poi l’incontro con Carla Bruni…
L’artista più generosa con cui io abbia collaborato. Si è innamorata subito della canzone. Non abbiamo voluto andare in studio di registrazione ma in una camera di uno degli hotel storici di Milano.
Coma mai questa scelta?
‘Malumore francese’ è nata in una stanza di albergo per questo ci piaceva riproporre le stesse vibrazioni particolari che hanno ispirato il brano. La cosa che mi è piaciuta di più, come autore, è che si è messa totalmente al servizio della canzone in maniera generosa. Voleva essere diretta affinché rendesse esattamente come l’avevo in mente.