Le autorità iraniane, come noto, rifiutano di rendere pubblici i dati sulle condanne a morte e sulle esecuzioni, molte delle quali avvengono in segreto.

Secondo i calcoli di Amnesty International, lo scorso anno in Iran sono state eseguite 853 condanne alla pena capitale. Per stabilire questo numero, l’organizzazione per i diritti umani ha collaborato strettamente col Centro Abdorrahman Boroumand e ha analizzato informazioni da fonti aperte, come organi di stampa statali e indipendenti e organizzazioni per i diritti umani. Ha anche esaminato i dati raccolti da Iran Human Rights e dal Kurdistan Human Rights Network.

Il numero delle esecuzioni registrato nel 2023 è il più alto dal 2015 e segna un aumento del 48 per cento rispetto al 2022 e del 172 per cento rispetto al 2021. L’impennata di esecuzioni sta proseguendo nel 2024, con almeno 95 condanne a morte eseguite alla data del 20 marzo. I Tribunali rivoluzionari hanno emesso 520 (ossia il 61 per cento) delle 853 condanne a morte eseguite nel 2023. Questi organi giudiziari hanno competenza su un’ampia serie di azioni, come i reati di droga, e su quelle attività che le autorità considerano “reati contro la sicurezza nazionale”. Sono privi d’indipendenza, sono influenzati dalle forze di sicurezza e dai servizi d’intelligence, usano regolarmente “confessioni” forzate estorte con la tortura ed emettono condanne al termine di procedimenti grossolanamente irregolari.

L’impennata delle esecuzioni nel 2023 è dovuta soprattutto allo sconcertante cambiamento nelle politiche antidroga seguito all’elezione di Ebrahim Raisi alla presidenza della repubblica e alla nomina di Gholamhossein Eje’i a capo del potere giudiziario, entrambe risalenti al 2021. Amnesty International ha analizzato documenti ufficiali di alte cariche del governo e della magistratura che criticavano le riforme adottate nel 2017 alla Legge contro i narcotici, che dal 2018 al 2020 avevano favorito una notevole diminuzione delle esecuzioni per reati di droga. In quei documenti, si chiedeva di aumentare l’uso della pena di morte per combattere il traffico di droga. Ne è derivata, dal 2021, una drammatica traiettoria ascendente: nel 2023 le esecuzioni per reati di droga sono state almeno 481, il 56 per cento del totale, con un aumento dell’89 per cento rispetto al 2022 e del 264 per cento rispetto al 2021, quando le esecuzioni per reati di droga erano state, rispettivamente 255 e 132.

Il 29 per cento delle esecuzioni per reati di droga, 138, ha riguardato prigionieri della minoranza beluci, che costituisce solo il cinque per cento della popolazione iraniana, rendendo evidente l’impatto discriminatorio delle politiche antidroga sulle comunità più marginalizzate e impoverite. Inoltre, per tutto il 2023, a seguito della rivolta “Donna Vita Libertà”, le autorità iraniane hanno intensificato l’uso della pena di morte allo scopo di stroncare il dissenso. Sei uomini sono stati messi a morte in relazione alla rivolta del 2022 e uno per le proteste del 2019. Altri sette prigionieri rischiano un’imminente esecuzione per gli stessi motivi.

Nel 2023 c’è stato anche uno scioccante aumento dell’uso della pena di morte nei confronti di rei minorenni: sono stati messi a morte un 17enne e altri quattro prigionieri condannati per reati commessi quando avevano meno di 18 anni. Hamidreza Azari è stato arrestato all’età di 16 anni e messo a morte meno di sette mesi dopo, al termine di un processo gravemente irregolare che era stato persino accelerato dalla pubblica accusa. Senza vergogna, le autorità iraniane hanno dichiarato ufficialmente che aveva 18 anni per evitare l’accusa di aver violato il diritto internazionale che vieta la pena di morte nei confronti di persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato.

Negli ultimi mesi le autorità hanno ingannevolmente promosso una nuova direttiva del capo del potere giudiziario che avrebbe, a loro dire, “ulteriormente ridotto” le condanne a morte nei confronti dei rei minorenni. L’analisi effettuata da Amnesty International ha rivelato, al contrario, che la direttiva non affronta gli storici difetti del diritto minorile e ribadisce la discrezionalità del giudice nel condannare a morte i rei minorenni sulla base della “valutazione della loro maturità”. Amnesty International ha ancora una volta sollecitato le autorità iraniane a modificare l’articolo 91 del codice penale islamico per abolire la pena di morte per i crimini commessi dai minorenni in qualunque circostanza.

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